La sfiducia alla Cancellieri è la sfiducia al governo. Enrico Letta rilancia e in pratica difende con il proprio corpo il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, che continua a essere battuta da vento di burrasca a causa delle sue telefonate – da più parti definite inopportune – con la famiglia Ligresti nelle stesse ore in cui erano scattati gli arresti di Salvatore e delle figlie per l’inchiesta Fonsai. Al nuovo attacco di Matteo Renzi (“Il ministro si dimetta anche in mancanza di un avviso di garanzia”) il capo del governo si presta come uno scudo umano in difesa della Guardasigilli: “”La sfiducia al ministro Cancellieri sarebbe una sfiducia al governo – ha detto a Montecitorio – Questo è un passaggio politico a tutto tondo”. La mozione di sfiducia, aggiunge il capo del governo, “è frutto di una campagna aggressiva molto forte e slegata dal merito. Vi chiedo di considerarla per quello che è: un attacco politico al governo. E la risposta deve essere un atto politico: un rifiuto”. Il riferimento è ovviamente al Movimento Cinque Stelle. L’effetto è un dibattito strozzato in culla, senza un voto finale e con toni che da assalto alla baionetta diventano più simili a quelli di un club di golf. Anzi, di più. La riunione dura non più di un’ora senza neanche una discussione, ma con una sorta di ipnosi con la quale Letta è riuscito a paralizzare i parlamentari riducendoli all’inazione. Per esempio il capogruppo di Montecitorio Roberto Speranza all’inizio scandiva: “Questo è un passaggio molto delicato”. Alla fine dell’incontro la delicatezza era scomparsa: “La valutazione del premier ci vede uniti nel respingere l’attacco politico” certificava Speranza sicuro, chiudendo la riunione dopo non più di un’ora. Ma il segretario Guglielmo Epifani – che aveva voluto che Letta intervenisse in prima persona – la vede diversamente: “Nessuno ha imposto niente. Ha parlato Letta e c’è consenso su suo discorso”.

Di certo il primo ad allinearsi è stato Gianni Cuperlo: “Il ministro ha dichiarato di non aver violato alcuna norma. Ma la mia opinione e che per motivi di opportunità dovrebbe dimettersi prima del voto. Ma se il premier ci chiede un atto di responsabilità politica, dobbiamo essere tutti responsabili”. E il candidato dalemiano non risparmia un attacco frontale a Pippo Civati: Non è accettabile che si annunci una mozione di sfiducia a mezzo stampa senza che ci sia stata una discussione prima. Non si può scaricare il senso di responsabilità su una parte. Dobbiamo essere responsabili tutti e non ad intermittenza”. Ma se nel metodo le posizioni dei due candidati alla segreteria sono distanti, nel merito sono più vicine: “Il ministro ha dichiarato di non aver violato alcuna norma – dichiara infatti Cuperlo – La mia opinione è che per motivi di opportunità dovrebbe dimettersi prima del voto. Ma se il premier ci chiede un atto di responsabilità politica, dobbiamo essere tutti responsabili”. Inevitabile che poi si arrivi ai tiri incrociati sotto la lente di ingrandimento delle primarie del Pd: “Quello che non si può fare è scaricare sul partito le responsabilità o le irresponsabilità. E ci sono ministri di questo governo che dicono che il ministro non si deve dimettere ma sostengono un candidato che dice, fuori da qua che il ministro si deve dimettere e vogliono colpire il governo. Che gioco è?” dice Cuperlo con chiaro riferimento ai ministri renziani, Franceschini in testa.

Tra coloro che sostengono il sindaco di Firenze è Paolo Gentiloni a far notare una discussione diventata monca per l’intervento molto duro da parte di Letta: “Quando il premier viene qui e ci dice che c’è un voto politico sul governo, io ne prendo atto ma lo faccio con un certo rammarico perché non c’è il merito della discussione”. Gentiloni è l’unico a rilanciare: va bene tutto, ma Letta “dovrà riuscire nei prossimi giorni a far dimettere il ministro. Rimane secondo me l’obbiettivo politico di ottenere, dopo avere respinto l’attacco politico, un gesto di responsabilità del ministro”. I renziani poco prima dell’inizio dell’assemblea dei deputati del Pd avevano presentato un ordine del giorno – scritto dallo stesso Gentiloni e concordato con Renzi – per discutere sulla mozione di sfiducia.

Alla fine anche Civati dovrà ricacciarsi in gola ciò che ha detto ripetutamente negli ultimi giorni: “Non mi ritrovo nelle riflessioni che si fanno qui – dice – ma ne prendo atto con la responsabilità che ci viene chiesta. La mozione M5S non si può ovviamente votare e prendo atto dell’opinione della maggioranza”.

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