Il Garante per la privacy dà il via libera definitivo al redditometro, ma prescrive all’Agenzia delle entrate “l’adozione di una serie di misure e accorgimenti per ridurre al minimo i rischi per la privacy delle persone e rendere lo strumento di accertamento più efficace”. L’approvazione del nuovo sistema, che promette di combattere l’evasione fiscale con l’uso di oltre cento fonti di spesa, è infatti condizionata ad alcune correzioni, in parte già fatte, delle quali l’Agenzia delle entrate dovrà tener conto prima dell’invio delle lettere di contestazione e di invito al contraddittorio.

Il redditometro non potrà indagare ogni aspetto della vita quotidiana, e neanche utilizzare le “spese medie Istat” per risalire a standard di consumo, ma potrà utilizzare “unicamente le spese certe” per risalire ai redditi dei contribuenti. Inoltre dovrà informare chiaramente, quando invita il contribuente ad un contraddittorio, su quali sono i dati che è obbligato a dare e quali può comunicare solo facoltativamente. Di certo il via libera della privacy contiene molte spine per l’Agenzia delle entrate. “Nel corso della complessa e approfondita verifica preliminare svolta dal garante sul sistema di accertamento sintetico del reddito dei contribuenti – spiega la nota ufficiale dell’authority – sono emersi, anche a seguito di accertamenti ispettivi, numerosi profili di criticità che rendevano il sistema non conforme alle norme sulla privacy”.

Uno dei nodi è il profilo del contribuente: in pratica veniva tracciato un profilo per attribuirgli, in base a spese medie Istat, un valore di “consumo” e quindi di reddito. L’Agenzia delle entrate aveva già detto che avrebbe utilizzato queste medie in modo “residuale”. Ma la pietra messa dalla privacy su questo punto è tombale. “Il reddito del contribuente potrà essere ricostruito utilizzando unicamente spese certe e spese che valorizzano elementi certi (possesso di beni o utilizzo di servizi e relativo mantenimento) senza utilizzare spese presunte basate unicamente sulla media Istat. Queste medie non potranno essere utilizzate nemmeno per determinare “spese frazionate e ricorrenti” (abbigliamento, alimentari, alberghi).

Decisa anche la norma sull’affitto figurativo, che non potrà essere utilizzato per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento. Le entrate hanno invece già modificato la lettera con la quale invitano al contraddittorio. Il Garante della privacy ha chiesto di specificare quali risposte sono “obbligatorie”, e quindi comportano sanzioni vanno applicate, e quali il contribuente può decidere di fornire solo volontariamente. Arriverà invece con la prossima dichiarazione dei redditi l’avvertenza per informare il cittadino che i dati indicati potranno essere utilizzati per il redditometro.

Il garante, nella relazione approvata, lascia infine trasparire qualche timore sulla “qualità e l’esattezza dei dati”. In particolare riguardo il rischio di “disallineamento” delle banche dati per ricostruire la tipologia del nucleo familiare che fa riferimento. Uno nodo – quello del confronto tra le diverse e molteplici banche dati – che certo richiederà attenzione anche da parte dei cittadini che riceveranno la lettera del Fisco.

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