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Ricercatori: il sacrificio dei cervelli sull’altare dell’austerità

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Gli achei volendo partire alla volta di Troia, per placare l’ira della dea Artemide, dovettero sacrificare Ifigenia, la figlia del loro re Agamennone come vittima propiziatoria. Oggi sembra che il mito di Ifigenia descriva la situazione delle nuove generazioni dei paesi dell’Europa meridionale sacrificate sull’altare dell’austerità per placare le turbolenze dei mercati finanziari. Purtroppo questo sacrificio sarà, molto probabilmente, vano poiché non serverà a rilanciare l’economia né nell’immediato né nel prossimo futuro.  Mentre i paesi più forti in Europa continuano a investire nei loro scienziati in molti altri paesi dell’Europa orientale e meridionale, i ricercatori stanno lottando per non essere schiacciati dai tagli economici con il risultato che i vincoli di bilancio legati all’austerità stanno compromettendo lo sviluppo delle ricerche innovative che potrebbero aiutare a guidarci fuori dalla crisi economica e, cosa ben più grave, stanno creando un vuoto generazionale che sarà difficile da recuperare.

La crisi economica è stata originata da fenomeni endemici legati alla spregiudicata ed eccessiva finanziarizzazione dell’economia e non da un eccessivo debito pubblico dovuto alla costruzione di un welfare state che “non ci possiamo più permettere” come si vuole far usualmente credere. I soli paesi dell’Europa comunitaria hanno pagato un costo di quattro trilioni di dollari per salvare le banche dalla propria ingordigia di credito facile, ma al sesto anno dall’esplosione delle crisi la disoccupazione, di pari passo con le disuguaglianze nella ricchezza, è arrivata a livelli altissimi. In particolare nei paesi dell’Europa meridionale la disoccupazione giovanile è intorno al 40% e i sistemi dell’istruzione e della ricerca sono sottoposti a un attacco che ne minaccia la stessa sopravvivenza.

Amaya Moro-Martín, un’astrofisica ritornata in Spagna con la prestigiosa ma temporanea borsa Ramò y Cayal prima di ritornare in America ha scritto una bellissima lettera al primo ministro, pubblicata da El Pais e dal Guardian che si conclude dicendo “Mariano [Rajoy, il primo ministro spagnolo, ndr], durante la sua amministrazione, la ricerca in questo Paese è sprofondato irrimediabilmente nel baratro della Fossa delle Marianne. E anche se i nostri colleghi scienziati hanno scoperto che c’è vita laggiù, devo dirvi che è batterica.” Anche in Grecia e Portogallo c’è stata pressione fortissima da parte dei governi per ridurre i costi a tutti i livelli, compresa la partecipazione a organizzazioni internazionali. In un confronto tra giovani scienziati dei paesi dell’Europa meridionale a cui ho recentemente partecipato ho notato grandi analogie tra la situazione italiana e quella spagnola, greca, portoghese dove la drastica riduzione negli investimenti causa una endemica  precarietà dei giovani ricercatori e un sempre più pressante “fuga dei cervelli”.

Questa politica suicida, per cui i debiti privati diventano debiti pubblici col sacrificio d’intere generazioni e delle condizioni per creare innovazione, continua ad alimentare un diffuso sentimento popolare anti-europeista che è intercettato solo dai partiti di destra (o qui). Bisogna riflettere “prima della pioggia” che arriverà presto e sarà intensa.

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