Di tornare a casa, Salvatore Baglieri non ne vuole sentire parlare. “Più torno in Italia, più voglio rimanere qui” dice convinto l’ingegnere informatico originario di Partinico, in Sicilia. Perché Salvatore il suo Eldorado l’ha trovato in Germania, a Düsseldorf, dove da un anno e mezzo è dipendente di un’azienda leader nel settore della telefonia mobile. “Dopo appena sei mesi di lavoro, mi hanno promosso a capo del team a cui ero stato assegnato, l’unico non tedesco che ricopre questa posizione. E nonostante io non parli la loro lingua, posso vivere e lavorare normalmente, perché qui tutti, e dico tutti, conoscono perfettamente l’inglese”.
Ventotto anni, una laurea in ingegneria informatica all’università di Bologna, Baglieri a lavorare nella sua terra, la Sicilia, ci aveva provato. “Nel 2005 – racconta – ad appena 21 anni, ho fatto una start up, ho creato un’azienda mia, con tutte le soddisfazioni che questo comporta. Ero io il capo, potevo prendere vacanza quando volevo, lavorare da casa, vivere con i miei genitori senza affitto e altre spese: non puoi immaginare l’emozione del primo dipendente”. Poi le cose si sono fatti difficili, tra debiti che si accumulavano e nottate passate davanti al pc, per rispettare le scadenze. “La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una notte passata a lavorare per consegnare un lavoro ad un cliente, che il giorno dopo mi disse: tranquillo, entro un mese pagherò. Ho segnato la data sul calendario: era il 17 aprile. Il 17 maggio ho iniziato a cercare lavoro all’estero, perché ovviamente nessuno mi aveva pagato: questo dimostra come il problema dell’Italia non siano solo i rappresentanti, ma il problema sono anche gli italiani”.
La ricerca del lavoro all’estero si dimostra più semplice di quanto Salvatore potesse immaginare: manda il curriculum a trecento aziende e gli arrivano decine di proposte. Due mesi dopo quel 17 maggio ha già firmato il suo primo contratto da cervello in fuga. Gli ingegneri informatici infatti in Germania hanno talmente mercato che esistono delle agenzie per proporre i professionisti alle aziende, ricavando dalle stesse società una commissione pari a due mesi di stipendio. “Il risultato è che siamo sommersi dalle proposte di lavoro, perché più contratti firmi più le agenzie guadagnano: in Italia un ingegnere è uno schiavo, qui è rispettato come tutti i professionisti che hanno studiato. Siamo un valore per lo Stato, non un peso”.
Ed è in Germania che Salvatore ha scoperto cosa vuol dire vivere dignitosamente col proprio lavoro. “In Italia siamo sempre senza un euro, siamo pagati sempre tutti malissimo. Con il risultato che ci priviamo di qualsiasi cosa. Qui invece ho uno stipendio dignitosissimo e parecchio tempo libero per praticare hobby tra cui sci, kart e tennis: ho scoperto di avere talenti sportivi che in Italia non avrei mai saputo di avere”.
Partito dalla Sicilia e arrivato in una città sconosciuta per dirigere un team di ingegneri proveniente dai quattro angoli del mondo, Salvatore in Germania si scontra anche con uno stile di vita diverso rispetto a quello del suo Paese. “In Italia non ci sono regole, ma solo suggerimenti. In Germania le regole, invece, sono estremamente importanti”. Gli esempi si sprecano. “Un collega italiano appena arrivato è andato alla stazione centrale per acquistare il biglietto mensile dei trasporti cittadini. L’addetta della biglietteria gli ha chiesto subito: lei viaggia prima delle 9? Il mio collega ovviamente non ha dato peso alla puntualizzazione: beh potrebbe capitare di viaggiare sia prima che dopo, ha detto. La replica dell’impiegata è stata netta: senta, la mia domanda ha solo due possibili risposte, si o no? Semplicemente il biglietto per chi viaggia prima delle nove di mattina è più economico degli altri”.
Sfumature importanti, regole da rispettare che garantiscono il funzionamento del sistema. Ma il cui rispetto, in Italia, è generalmente molto più blando. La fatica ad adattarsi, però, c’è. “Mi arriva l’avviso di pagamento del canone tv. Io non guardo la tv, non ce l’ho nemmeno perché non capisco il tedesco. In ufficio chiedo quindi ai colleghi se non ci fosse per caso un modo per non pagare. Mi rispondono esterrefatti: perché non dovresti pagare? È una regola. Solo a te possono venire in mente simili idee. Non immaginano che invece in Italia c’è sempre un modo per non pagare”. Regole a parte, però, Salvatore non vuole neanche pensare alla possibilità di tornare in patria. “Tutti i miei amici sono andati via, perché dovrei io tornare? Un’intera generazione andrà persa per sistemare la situazione attuale, e io onestamente non ho il coraggio di farne parte”.
Twitter: @pipitone87