La versione di “Matteo” viene digitata di primo mattino in un sms a un fedelissimo, dopo la lettura di quotidiani: “La verifica di Napolitano e Letta è fatta contro di noi”. L’Immacolata delle primarie si avvicina e il sindaco di Firenze avverte sempre più la pressione dei governisti a prescindere.
Decaduto Berlusconi e uscita Forza Italia dalla maggioranza delle larghe intese, adesso è lui l’avversario numero uno del Sistema del Napolitanistan. La nota del Colle che l’altro giorno, a sorpresa, segna un nuovo passaggio parlamentare per l’esecutivo di Enrico Letta era rivolta a nuora, Forza Italia, perché suocera intendesse, il futuro segretario del Pd. Renziani e azzurri, ormai, danno gli stessi giudizi trancianti sul governo dei continui rinvii. Con la differenza che, adesso, i primi sono ancora dentro e tra sette giorni vanteranno il capo del partito, i secondi sono fuori e sperano nelle urne di marzo 2014. E così il passaggio parlamentare chiesto dal Quirinale, di cui Re Giorgio e il premier discuteranno lunedì, si trasfigura in una tenaglia per stringere e costringere Renzi nella trappola ministeriale. Letta l’ha pure detto chiaramente: “Al capo dello Stato proporrò di fare il passaggio in aula dopo le primarie del Pd”. Poi la solita litania programmatica: “Nel 2014 faremo le riforme”. Risposta, questa, al monito-messaggio di Napolitano spedito al congresso del Psi sulle “riforme improcrastinabili”.
In realtà, proprio sulle riforme, il Napolitanistan sta facendo ammuina borbonica, cioè produrre movimento senza sostanza, per rallentare soprattutto sulla legge elettorale. La prova? Il probabile rinvio del verdetto della Corte costituzionale sul Porcellum, previsto per martedì 3 dicembre. Da giorni fonti politiche, ma anche voci di dentro della Consulta, annunciano che ci sarà solo un giudizio di ammissibilità o meno sul ricorso contro l’attuale legge elettorale. Sul merito si rinvierà, sempre che il ricorso venga giudicato ammissibile. Ieri, per esempio, sulla Stampa il presidente emerito della Consulta, Ugo De Siervo, ha scritto un lungo articolo a favore dell’inammissibilità. Se davvero andasse così, la palla sarebbe di nuovo solo nel campo della politica e dei suoi tempi biblici. Dice un renziano, a microfoni spenti: “Se la Consulta rinvia è un segnale chiaro della melina del Sistema”. Ed è per questo che la prossima settimana i renziani presenteranno un ddl di riforma elettorale, che prende a modello il sistema spagnolo. Il sindaco di Firenze vuole stanare Napolitano e Letta e Alfano punto per punto. Un controcanto ossessivo, sui fatti. Sarà difficile stargli dietro con l’arte degli annunci e del prendere tempo. Questo il tweet di Renzi su una legge anti-Porcellum: “Qualche giorno e la portiamo alla Camera”.
I renziani sono pronti a votare la fiducia al governo e a sottoscrivere il nuovo patto chiesto da Letta, ma al tempo stesso sono convinti che non mancheranno gli argomenti per incidere e tenere aperta la finestra elettorale nei primi tre mesi del 2014, il vero incubo del Napolitanistan. Questo il ragionamento fatto da Renzi con un gruppo di parlamentari: “Il patto dei 18 mesi di governo è svanito con le larghe intese, non siamo più vincolati. Poi dipende da loro, se continuano a non fare nulla oppure no”. Concetto che Dario Nardella, deputato renziano del Pd, declina così: “Tutti sono qui a chiedersi quando vogliono andare a votare i renziani, che data ha in mente Renzi per le prossime elezioni.
La data di scadenza è un falso problema, i renziani vogliono che il governo lavori, noi porremo al governo un’agenda politica, non una data”. Più semplice di così. Anche perché un governo ancora immobile sarebbe un handicap notevole per il primo test elettorale del Pd targato Firenze, le Europee. A quel punto, meglio togliere la spina alla prima occasione utile. “Tanto sinora – fa notare un altro renziano – gli incidenti non sono mancati. Sulla Cancellieri poteva benissimo cadere il governo e non lo abbiamo voluto”. Un altro casus belli che sarà sollevato dai fedelissimi del futuro segretario del Pd riguarda le presidenze di commissione in Parlamento. Quelle rimaste ai forzisti passati all’opposizione. Sono sei: quattro alla Camera (Sisto, Vito, Capezzone e Galan) e due al Senato (Palma e Matteoli). I renziani chiederanno che vengano rimesse in discussione. Ennesima mina sul cammino dell’esecutivo che si prepara al “passaggio parlamentare”, non propriamente alla verifica come specificato con pignoleria ieri sera dallo stesso Quirinale. Le larghe intese sono finite, il perimetro di gioco è cambiato ma è sempre Napolitano a dare le carte. In ogni ambito. Ieri due quotidiani, Il Giornale e Il Messaggero, hanno scritto che il capo dello Stato, giovedì scorso durante l’incontro con i capigruppo forzisti, avrebbe fatto rassicurare Berlusconi: “Ho fatto una ricognizione, non lo arresteranno”. Nel Napolitanistan succede anche questo.
da Il Fatto Quotidiano del 30 novembre 2013