È sintomatico che uno dei discorsi meno di pancia di Grillo sia stato sufficiente a far scattare nel Pd l’eterna reazione pavloviana della difesa acritica di Napolitano. La maniera più errata di riassumere un giorno intero di proposte (più che proteste) è limitarsi ai “Vuole uscire dall’Euro” e ai “Tramano per la cacciata di Re Giorgio”. Entrambi gli affondi, peraltro, sono tanto noti quanto leciti (soprattutto il secondo). Grillo parlava già di referendum sull’Euro (che non vuol dire uscire dall’Euro: significa permettere agli italiani di scegliere) durante la campagna elettorale in Sicilia e l’impeachment (ammettendo che era una provocazione politica) lo aveva già preannunciato nelle scorse settimane. Quando Grillo ha attaccato Napolitano, peraltro, tutta la piazza ha fischiato: segno ulteriore che Re Giorgio è intoccabile per Pd e buona parte dei media, ma non per la maggioranza di quei 9 milioni che votarono M5S a febbraio. E che verosimilmente lo voterebbero ancora. Se il V-Day 3 doveva anche servire per contarsi, la gremitissima Piazza della Vittoria dice che i sondaggi (M5S attorno al 25%) non paiono sbagliare. Un noto adagio elettorale rammenta che a piazza piena corrisponde spesso urna vuota, ma in Sicilia e nove mesi fa andò diversamente.
Un V-day il primo dicembre a Genova era un azzardo. Sabato c’era nevischio. Ieri il tempo è stato clemente: freddo pungente, ma niente pioggia. È rimasta la “V” iniziale anche nel terzo capitolo delle adunanze. Sta per “Vendetta” e per “Vaffa”. La protesta c’è ancora, e con essa la rivendicazione di un essere orgogliosamente diversi. Gli altri partiti sono “zombie a cui dare l’estrema unzione”, Napolitano è un patriarca che rimarrà “solo nel tradire l’Italia”. Grillo ha paragonato la vecchia politica a un’ameba insignificante che, pur di sopravvivere, si frantuma in mille microcellule pur di occupare ogni spazio. È tornato anche un refrain degli spettacoli di controinformazione 1993-2007: “La corruzione semantica” che il potere usa per abbindolare i cittadini. Ieri inceneritori, oggi “termovalorizzatori”. Ieri soldi ai partiti, oggi “rimborsi elettorali”.
L’attenzione meticolosa al significato reale delle parole è un altro tratto distintivo del Grillo post-televisivo. Per questo, più degli affondi a Napolitano e degli sberleffi marginali a “Capitan Findus” Letta, il momento più significativo è stato quando Grillo ha esortato i giovani a non scappare all’estero ma a “cospirare” per cambiare il paese. Lo slittamento semantico attuato da Grillo ha fatto sì che la agognata “rivoluzione culturale” – la più grande utopia e dunque la più grande debolezza dei 5 Stelle – coincidesse con una sorta di “cospirazione benefica”. Un ossimoro, che è poi la versione 2.0 del concetto di appartenenza. E se ne respirava tanta, in piazza, di appartenenza. Entusiasmo, vitalità e poca disillusione. Una piazza per nulla minacciosa e più autocritica del previsto, innamorata di Grillo (Casaleggio non lo nomina nessuno) ma non per questo disposta ad accettarne ogni accelerata. Se l’agorà di ieri rifletteva l’elettorato dei 5 Stelle, i duropuristi non raggiungono il 10%.
Il V-Day bolognese dell’8 settembre 2007 resta un apice insuperabile di entusiasmo e novità, ma il gap rispetto al presente non è abissale. E anzi c’era più partecipazione a Genova che a Torino il 25 aprile 2008. Ascoltando Grillo da sotto il palco, Paola Taverna si è girata verso Luigi Di Maio e gli ha sussurrato: “Cosa abbiamo combinato, cosa abbiamo combinato”. Ecco un’altra novità del terzo Vaffa Day: Grillo non è più l’unica star. Non tanto perché ha condiviso il palco con altri relatori (accadeva anche nei V-Day precedenti), ma perché adesso ci sono anche i parlamentari. Abbracciati non come star, ma come persone comuni che gridano ciò che gli elettori vorrebbero che dicessero. L’entusiasmo che era appannaggio del “popolo di sinistra” sembra in buona parte trasmigrato nei 5 Stelle. Orgogliosamente “populisti” e ammaliati da un’idea di rivoluzione (va da sé non violenta) che nulla c’entra col riformismo jovanottiano incarnato da Renzi.
I parlamentari accoglievano i cittadini nei gazebo in fondo alla piazza, ma Grillo – ben lontano dall’abdicare – ha quasi preannunciato il passaggio di consegne: “Siete bravissimi, io ormai ho fatto il mio tempo”. È stato un Grillo deliberatamente a basso tono, per quanto uno come lui possa esserlo. Qualche battuta quasi tenera (“Mi è calata la vista, e magari fosse calata solo quella”). Il desiderio di non cavalcare solo la protesta (al punto da non assecondare il coro “Tutti a casa”), ostentando un desiderio propositivo di riforme anzitutto economiche (con tanto di grafici sul maxischermo). Ricette ora convincenti e ora meno, che piaceranno ai delusi da Berlusconi e Lega e accresceranno l’astio della sinistra istituzionale (e dunque poco sinistra). Grillo ha lasciato che sfilassero eccellenze internazionali (mirabile l’intervento di Dario Fo sul disfacimento della cultura). Ha urlato, come sempre. E sussurrato, come quasi mai. Ha detto che, se Pertini fosse ancora vivo, starebbe con lui. E forse ha esagerato, come quando cinque anni fa si paragonò ai partigiani. Sa però, lui come chi lo ha applaudito, che Pertini aveva ben poco in comune con Napolitano. Come sa, lui come chi lo ha applaudito, che ogni epoca ha le sue resistenze. I suoi partigiani. Le sue appartenenze.
il Fatto Quotidiano del Lunedì, 2 Dicembre 2013
Andrea Scanzi
Giornalista e scrittore
Politica - 2 Dicembre 2013
V-Day, poca pancia molta testa, M5S è cresciuto
È sintomatico che uno dei discorsi meno di pancia di Grillo sia stato sufficiente a far scattare nel Pd l’eterna reazione pavloviana della difesa acritica di Napolitano. La maniera più errata di riassumere un giorno intero di proposte (più che proteste) è limitarsi ai “Vuole uscire dall’Euro” e ai “Tramano per la cacciata di Re Giorgio”. Entrambi gli affondi, peraltro, sono tanto noti quanto leciti (soprattutto il secondo). Grillo parlava già di referendum sull’Euro (che non vuol dire uscire dall’Euro: significa permettere agli italiani di scegliere) durante la campagna elettorale in Sicilia e l’impeachment (ammettendo che era una provocazione politica) lo aveva già preannunciato nelle scorse settimane. Quando Grillo ha attaccato Napolitano, peraltro, tutta la piazza ha fischiato: segno ulteriore che Re Giorgio è intoccabile per Pd e buona parte dei media, ma non per la maggioranza di quei 9 milioni che votarono M5S a febbraio. E che verosimilmente lo voterebbero ancora. Se il V-Day 3 doveva anche servire per contarsi, la gremitissima Piazza della Vittoria dice che i sondaggi (M5S attorno al 25%) non paiono sbagliare. Un noto adagio elettorale rammenta che a piazza piena corrisponde spesso urna vuota, ma in Sicilia e nove mesi fa andò diversamente.
Un V-day il primo dicembre a Genova era un azzardo. Sabato c’era nevischio. Ieri il tempo è stato clemente: freddo pungente, ma niente pioggia. È rimasta la “V” iniziale anche nel terzo capitolo delle adunanze. Sta per “Vendetta” e per “Vaffa”. La protesta c’è ancora, e con essa la rivendicazione di un essere orgogliosamente diversi. Gli altri partiti sono “zombie a cui dare l’estrema unzione”, Napolitano è un patriarca che rimarrà “solo nel tradire l’Italia”. Grillo ha paragonato la vecchia politica a un’ameba insignificante che, pur di sopravvivere, si frantuma in mille microcellule pur di occupare ogni spazio. È tornato anche un refrain degli spettacoli di controinformazione 1993-2007: “La corruzione semantica” che il potere usa per abbindolare i cittadini. Ieri inceneritori, oggi “termovalorizzatori”. Ieri soldi ai partiti, oggi “rimborsi elettorali”.
L’attenzione meticolosa al significato reale delle parole è un altro tratto distintivo del Grillo post-televisivo. Per questo, più degli affondi a Napolitano e degli sberleffi marginali a “Capitan Findus” Letta, il momento più significativo è stato quando Grillo ha esortato i giovani a non scappare all’estero ma a “cospirare” per cambiare il paese. Lo slittamento semantico attuato da Grillo ha fatto sì che la agognata “rivoluzione culturale” – la più grande utopia e dunque la più grande debolezza dei 5 Stelle – coincidesse con una sorta di “cospirazione benefica”. Un ossimoro, che è poi la versione 2.0 del concetto di appartenenza. E se ne respirava tanta, in piazza, di appartenenza. Entusiasmo, vitalità e poca disillusione. Una piazza per nulla minacciosa e più autocritica del previsto, innamorata di Grillo (Casaleggio non lo nomina nessuno) ma non per questo disposta ad accettarne ogni accelerata. Se l’agorà di ieri rifletteva l’elettorato dei 5 Stelle, i duropuristi non raggiungono il 10%.
Il V-Day bolognese dell’8 settembre 2007 resta un apice insuperabile di entusiasmo e novità, ma il gap rispetto al presente non è abissale. E anzi c’era più partecipazione a Genova che a Torino il 25 aprile 2008. Ascoltando Grillo da sotto il palco, Paola Taverna si è girata verso Luigi Di Maio e gli ha sussurrato: “Cosa abbiamo combinato, cosa abbiamo combinato”. Ecco un’altra novità del terzo Vaffa Day: Grillo non è più l’unica star. Non tanto perché ha condiviso il palco con altri relatori (accadeva anche nei V-Day precedenti), ma perché adesso ci sono anche i parlamentari. Abbracciati non come star, ma come persone comuni che gridano ciò che gli elettori vorrebbero che dicessero. L’entusiasmo che era appannaggio del “popolo di sinistra” sembra in buona parte trasmigrato nei 5 Stelle. Orgogliosamente “populisti” e ammaliati da un’idea di rivoluzione (va da sé non violenta) che nulla c’entra col riformismo jovanottiano incarnato da Renzi.
I parlamentari accoglievano i cittadini nei gazebo in fondo alla piazza, ma Grillo – ben lontano dall’abdicare – ha quasi preannunciato il passaggio di consegne: “Siete bravissimi, io ormai ho fatto il mio tempo”. È stato un Grillo deliberatamente a basso tono, per quanto uno come lui possa esserlo. Qualche battuta quasi tenera (“Mi è calata la vista, e magari fosse calata solo quella”). Il desiderio di non cavalcare solo la protesta (al punto da non assecondare il coro “Tutti a casa”), ostentando un desiderio propositivo di riforme anzitutto economiche (con tanto di grafici sul maxischermo). Ricette ora convincenti e ora meno, che piaceranno ai delusi da Berlusconi e Lega e accresceranno l’astio della sinistra istituzionale (e dunque poco sinistra). Grillo ha lasciato che sfilassero eccellenze internazionali (mirabile l’intervento di Dario Fo sul disfacimento della cultura). Ha urlato, come sempre. E sussurrato, come quasi mai. Ha detto che, se Pertini fosse ancora vivo, starebbe con lui. E forse ha esagerato, come quando cinque anni fa si paragonò ai partigiani. Sa però, lui come chi lo ha applaudito, che Pertini aveva ben poco in comune con Napolitano. Come sa, lui come chi lo ha applaudito, che ogni epoca ha le sue resistenze. I suoi partigiani. Le sue appartenenze.
il Fatto Quotidiano del Lunedì, 2 Dicembre 2013
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "I continui rinvii del governo Meloni sembravano indirizzati a portare a compimento qualcosa di più della semplice propaganda, ma invece si va verso il nulla. Tre miliardi rispetto alla marea di aumenti sulle bollette sono davvero poca cosa, quasi una presa in giro. Milioni di cittadini stanno subendo rincari di quasi il 40%, migliaia di aziende rischiano la chiusura e altrettanti lavoratori il proprio posto. Ma d'altronde sbagliamo noi a stupirci. Per il governo Meloni il modello d'imprenditoria è quello della ministra Santanchè. Sbaglia chi si spacca la schiena come i cittadini che cercano di far quadrare i conti a fine mese o le imprese che fanno di tutto per stare sul mercato. Per Giorgia Meloni la cosa migliore è cercare qualche santo in paradiso o, meglio ancora, qualche amicizia che conti". Così in una nota Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S alla Camera.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Ci sono modalità diverse con le quali ci si rapporta a Trump. Credo che la presidente Meloni senta la responsabilità di essere un ponte fra l'Europa e l'America dati i suoi buoni rapporti con Trump". Lo ha detto l'eurodeputata di Fi, Letizia Moratti, a Otto e mezzo su La7.
"Sul tema dei dazi, credo che Trump sia uno shock per l'Europa, uno stimolo positivo perché l'Ue può mettere in atto le riforme richieste nel rapporto Draghi e Letta che chiedono un'Europa più competitiva, più favorevole agli investimenti, con una transizione energetica sostenibile e quindi in grado di sostenere il welfare."
"Siamo alleati storici degli Usa - continua Moratti - e in questo momento dobbiamo avere la consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un presidente eletto ed anche amato dai cittadini americani. L'Europa non può permettersi di non avere un dialogo con Trump. Sono moderata e liberale e il suo stile non mi appartiene ma nell'ambito del mio ruolo di parlamentare europea credo sia dovere rispondergli con fermezza e immediatezza ma cercando sempre il dialogo che porta vantaggi reciproci, come ha detto oggi la presidente Metsola."
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Nel momento in cui Donald Trump "fa saltare l'ordine internazionale basato sul multilateralismo" e "mette a rischio l'unità europea", è importante non far mancare "il nostro sostegno all'Ucraina" parallelamente ai negoziati che "non potranno coinvolgere Europa e Ucraina". Così Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare, alla Direzione del Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Il giorno in cui Eni annuncia un utile di 14,3 miliardi di euro, la maggioranza presenta un decreto truffa che non affronta la vera questione di come ridurre il peso delle bollette. Il Governo Meloni per aiutare veramente le famiglie italiane avrebbe dovuto tassare gli extraprofitti, rivedere la decisione di trasferire 4,5 milioni di famiglie dal mercato tutelato a quello libero, e puntare sulle rinnovabili invece che sul gas". Così Angelo Bonelli, Co-Portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
"La realtà dei fatti resta una sola: il governo di Giorgia Meloni ha favorito i grandi colossi energetici, che hanno accumulato extraprofitti per oltre 60 miliardi di euro, mentre le famiglie italiane hanno visto raddoppiare le bollette e molte sono costrette a non riscaldarsi per paura di non poterle pagare".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Benissimo il governo sulle bollette: previsti tre miliardi che andranno a sostegno di imprese e almeno 8 milioni di famiglie. Dalle parole ai fatti”. Così Armando Siri, Consigliere per le politiche economiche del Vicepremier Matteo Salvini e coordinatore dipartimenti Lega.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Alcune veloci considerazioni a partire dalle cose che credo vadano meglio precisate. La prima: non siamo stati e non siamo di fronte a postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della ue. È stato Putin a rifiutare sempre ogni dialogo, quel dialogo che oggi riconosce a Trump perché lo legittima come suo alleato", Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.
"Occorre spingere con forza per un’autonomia strategica e politica dell’Europa, iniziando subito il percorso di cooperazione sulla difesa perché non saranno le buone intenzioni a rendere forte l’Unione Europea ma la capacità di imporsi e esercitare deterrenza, non escludendo nessuna opzione che sarà necessario adottare e che sarà stabilita in quadro di solidarietà europea".
"Per noi, democratici e europei, è il tempo di decidere - aggiunge Picierno- se essere solo un pezzetto di un Risiko in cui altri tirano i dadi o se essere un continente libero e forte. E va chiarito tanto ai nemici della democrazia quanto ai nostri alleati, senza perdere altro tempo e senza cincischiare noi: l’unica lotta che definisce il nostro tempo e il campo della politica, oggi, è quella dell’europeismo e in difesa delle democrazie liberali e delle libertà dei popoli".
"Siamo noi tutti in questo campo? Pensiamo ad un'alternativa alla destra che parta da questo campo? A me onestamente non è ancora chiaro. Sarei felice di essere smentita, ovviamente. Ma servono parole chiare che vanno pronunciate senza più giocare a nascondino. Crediamo tutti in un’Europa competitiva, con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano politico e militare? Perchè questa è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Non domani, oggi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni, "nell’incontro di Parigi c’era in ritardo e di malavoglia. Intanto partecipa con trasporto e passione agli incontri della destra mondiale che considera l’Europa un incidente della storia. A Kyiv alle celebrazioni per il terzo anno della resistenza, non c’era proprio. A dir il vero ero sola proprio come italiana, ma con tanti colleghi progressisti e socialisti, c’era il mondo libero, i leader e parlamentari progressisti consapevoli della sfida che abbiamo di fronte e che il tempo di agire è ora". Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.