Riceviamo e pubblichiamo dal presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, la seguente richiesta di ‘rettifica’ all’articolo “Previdenza, presidente cassa giornalisti incassa sempre di più. L’ente sempre meno” di Gaia Scacciavillani, pubblicato il primo dicembre dalla nostra testata. Sotto la lettera di Camporese, inoltre, la controreplica di Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it.
“Il vizietto del Fatto Quotidiano
Il rispetto dei fatti
Una risposta ai ripetuti attacchi, gratuiti?“
Il Fatto Quotidiano torna ad attaccarmi personalmente, nella mia dignità e moralità, e io personalmente rispondo. Secondo questo organo di stampa sono uno che ruba lo stipendio, di più, se lo estende a piacimento. Vediamo dove stanno i fatti, i commenti li lasciamo al lettore.
Se fossi rimasto al mio posto di lavoro in Rai guadagnerei circa 130mila euro lordi per un costo azienda di circa 205mila euro. Il mio emolumento all’Inpgi (contratto di collaborazione coordinata e continuativa) è di 250mila euro. Poi c’è il ristoro, parziale, del danno ricevuto essendo in aspettativa non retribuita, che riguarda i costi che avrebbe sostenuto l’editore per mio conto, in base al contratto di lavoro applicato anche ai giornalisti del Fatto. Quest’ultimo ammonta a circa 60 mila euro.
Ma qui scatta il primo colpo di scena. Sono diventato presidente dell’Inpgi a 39 anni, me ne scuso. Il blocco dello stipendio comporta un danno previdenziale enorme a causa del mancato aumento di contribuzione derivante dagli scatti automatici contrattuali che, moltiplicato per i 26 anni che mancavano al raggiungimento dell’età pensionabile, provocherà una sostanziale diminuzione automatica dell’assegno pensionistico che si ripercuoterà fino alla fine dei miei giorni e, spero, fino alla fine di quelli di mia moglie beneficiaria della reversibilità che vivrà sicuramente 150 anni. Quanto vale tutto questo? Qui scatta lo studio attuariale, materia sconosciuta al fine estensore dell’articolo. Le vengo in aiuto: oltre 350 mila euro, almeno, non sapendo la data della mia morte. Quindi, per chi sa far di conto, la mia attuale indennità, diminuita del danno non ristorato, porta ad uno stipendio inferiore a quello che avrei percepito rimanendo al lavoro. Complimenti, ma di quale “tesoretto” vai cianciando? Ma come si fa a paragonare tutto questo, e quello che segue, al costo (sbagliato) di un giornalista medio? Ma lo sai, Fatto, quando guadagna mediamente un vice direttore di testata? Più del Presidente dell’Inpgi. Va bene? E’ un paragone corretto? Ma il gioco è quello “siamo tutti uguali” in barba alle responsabilità, al merito, al rischio, al tempo dedicato e alle libere elezioni che mi hanno portato ad essere riconfermato all’unanimità, caso unico in cento anni di storia? Dai, Fatto, per cortesia.
Ma non basta. Il Fatto quotidiano si dimentica di una serie di fatti.
1- Il mio stipendio è stato spiegato e votato all’unanimità dal Consiglio Generale dell’Ente e dal Cda, non me lo sono “aumentato”. Evidentemente un gruppo di dissennati, a dir poco, secondo la giustizia del Fatto.
2- Il mio stipendio è stato quantificato in base ad una circolare ministeriale che fissa l’emolumento al livello superiore del 20 per cento rispetto a quello del Direttore Generale. Noi ci siamo fermati al 10.
3- Ho l’onore di esercitare a titolo totalmente gratuito la funzione di Presidente dell’Associazione degli Enti Previdenziali Privati (Adepp) che raccoglie due milioni di professionisti e 60 miliardi di investimenti. Esercito, sempre a titolo totalmente gratuito, la funzione di vice presidente dell’Associazione Europea degli Enti Privatizzati. Tutto questo comporta lavoro e responsabilità.
4- Le attribuzioni statutarie esercitate sono di una ampiezza impressionante, di fatto più di un amministratore delegato di azienda, firmo migliaia di atti l’anno e me ne assumo la responsabilità.
5- Ho la responsabilità, tra le tante, di governare, insieme al cda, quasi tre miliardi di euro. Si ricorda il Fatto quale è stato il rendimento mobiliare del patrimonio lo scorso anno? No, lo informo: oltre il 10 per cento netto, oltre 80 milioni di euro di plusvalenze. Lo sa Il Fatto quanto guadagna un manager che gestisce ciò che ho appena descritto? Telefoni ai colleghi del Sole 24 ore, gli forniranno una semplice tabella dalla quale emergeranno cifre triple o quadruple.
Se poi, ma non credo, qualcuno si fosse innervosito a causa di una ispezione condotta dall’Inpgi sulla regolarità previdenziale del Fatto, diversamente conosciuta come controllo di legittimità, segnalo che si tratta di una delle centinaia esercitate in forza di legge e di amore delle regole. Se qualcun altro si fosse adombrato perché ho proposto una riduzione della numerosità degli organi statutari, già tra i più compressi del sistema, d’accordo con la stragrande maggioranza del Consiglio, se ne faccia una ragione. Quanto alla Corte dei Conti, richiamata nell’articolo del Fatto, segalo che nella stessa relazione la Corte sottolinea in più casi la buona gestione, l’importanza della riforma adottata e molto altro. Perché non ricordare gli incentivi alle stabilizzazioni a tempo indeterminato concessi, nessuno nel Paese ha avuto questo coraggio, i positivi accordi raggiunti con le parti sociali, la generazione di un fondo immobiliare totalmente detenuto che porterà a risparmiare decine di milioni di euro e molto altro. Basta leggere i comunicati, magari riportali, magari sentire la fonte come si faceva nei gloriosi vecchi tempi.
Tra l’altro sarei “noto alle cronache per l’incidente di Terna”. Ti ringrazio Fatto Quotidiano, per l’occasione che mi dai di chiarire ciò che è molto chiaro a moltissimi. L’incidente è una designazione da consigliere indipendente da parte del Mef, alla quale sono seguite le mie dimissioni venti giorni dopo. Designazione legittima, critiche legittime, dimissioni molto rare in Italia. Emolumento non percepito 30 mila euro annui lordi che, pubblicamente prima dell’assunzione dell’incarico, avevo già destinato a beneficienza. L’incidente in questa vicenda, caro fatto Quotidiano, sta a casa tua. La posizione di mia difesa e di richiesta di non rassegnare le dimissioni assunta pubblicamente e unanimemente dal Cda dell’Inpgi mai riportata nelle tue cronache. La mia lettera di dimissioni che spiegava le motivazioni della scelta non certo incidentali, mai pubblicata e ridotta a numero tre righe. Un articolo del Fatto che riduceva 40 minuti di telefonata con l’estensore Malaguti a due righe. Almeno cinque colleghi contatti telefonicamente dallo stesso giornalista e mai citati nel pezzo. Diversi Presidenti di altri Enti a favore mai citati. Invece due legittimi contrari osannati. E’ questo il criterio deontologico di chi mi accusa di rubare lo stipendio? No, caro Fatto quotidiano, così non va. Continua pure a non pubblicare il mio punto di vista, cercherò di diffonderlo in altri modi. Io sono una persona perbene che dedica la vita agli altri, che per dieci anni ha fatto il precario e che non accetta fango. Chi lancia fango si sporca e sporca una Istituzione che ho l’onore di presiedere, che esiste da oltre un secolo e che continuerà ad esistere nonostante questo nauseante vizietto.
Andrea Camporese
Presidente Inpgi
La replica del direttore Peter Gomez
Caro Camporese,
sono sinceramente stupito dalla tua lettera e dal suo tono. La testata che dirigo, ilfattoquotidiano.it, ha pubblicato una notizia, non un attacco personale. E non ti ha accusato di furti. Sulla base di documenti ufficiali e incontestabili il mio web giornale ha invece raccontato come la Cassa dei giornalisti da te presieduta nel 2008 spendesse per i tuoi emolumenti 202mila euro, diventati complessivamente 310mila nel 2012. Si tratta di un aumento del 51,4 per cento nel giro di 4 anni, il 107,43 in più rispetto a quanto guadagnava il tuo predecessore. Nel tuo scritto non contesti nessuna cifra. Spieghi invece che l’aumento deciso dal Cda da te presieduto è stato finalizzato a garantirti un’equa pensione. Sostieni che l’ammontare corrisponde al normale stipendio di un vicedirettore di testata e aggiungi che se tu fossi ancora in Rai, l’azienda in cui tornerai tra tre anni al termine del tuo secondo mandato, guadagneresti oggi 130mila euro lordi, corrispondenti a un costo aziendale non di 205mila euro, come scrivi, ma di circa 180mila.
Dal mio punto di vista però, al di là della disputa su questa ultima cifra, qualcosa non torna.
1) La tua è una carica elettiva a cui si concorre per spirito di servizio. Esattamente come dovrebbero fare i nostri parlamentari, dei quali ci lamentiamo tanto. Se davvero pensavi di avere un danno economico o professionale diventando numero uno dell’Inpgi potevi evitare di candidarti. Oppure, anche per dare un bel segnale ai tanti colleghi disoccupati, evitare un così grande aumento votato dal Cda da te presieduto.
2) Nelle molte testate in cui ho lavorato, per i più disparati editori, ho avuto la sfortuna di incontrare ben pochi vice-direttori che guadagnassero tanto. Io stesso come direttore di guadagno molto meno di 200mila euro l’anno lordi. Ma non mi lamento né del mio buono stipendio, né delle molte responsabilità previste dalla legge a cui faccio fronte. Se non le avessi volute non avrei accettato l’incarico.
3) Se tu fossi rimasto in Rai non capisco perché avresti per forza dovuto ottenere la qualifica di vice-direttore, considerando pure il fatto che buona parte della tua carriera si è fin qui caratterizzata in una meritoria attività da sindacalista.
4) Il dato sugli stipendi medi è quello pubblicato il 5 novembre scorso dall’ufficio studi Lsd che ha elaborato le cifre del’Inpgi.
Al di là delle sempre opinabili considerazioni, resta comunque un dato. Noi abbiamo semplicemente fatto della cronaca. Esattamente come era accaduto nel febbraio del 2012 quando, con Vittorio Malagutti, Il Fatto Quotidiano in edizione cartacea, testata diversa dalla mia, si era occupato degli investimenti in fondi off shore dell’Inpgi e di altri enti previdenziali e come era accaduto sempre su Il Fatto nel maggio del 2011 quando era stata raccontata la tua nomina nel Cda di Terna da parte del ministero delle Finanze. Una nomina da considerare non illegale, ma fortemente inopportuna visto che il ministero vigila pure sull’operato della Cassa. Il fatto che il Cda dell’Inpgi ti abbia poi consigliato di non dimetterti a mio avviso segnala solo come la cultura liberale, in materia di potenziali conflitti di interesse, in questo Paese abbia molta strada da fare.
Una cosa però mi preme scrivertela. E’ molto antipatico e particolarmente offensivo il riferimento contenuto nella tua lettera all’ispezione Inpgi subita dalla mia testata 14 mesi fa, nell’estate del 2012, e conclusa a dicembre. E sopratutto non fa onore, a mio avviso, né alla tua figura di giornalista, né all’ente che presiedi. Quando nell’estate dello scorso anno abbiamo subito l’ispezione abbiamo ritenuto, proprio come tu scrivi, che fosse doverosa al pari di tutte le altre per evitare l’odiosa pratica degli abusivi in redazione. Per questo io, come tutti i colleghi, de ilfattoquotidiano.it abbiamo fornito agli ispettori la massima collaborazione. I risultati, come sai, sono stati particolarmente positivi: qui di abusivi non ce ne sono, e il contenzioso aperto tra ilfattoquotidiano.it e il tuo ente previdenziale vale meno di 30mila euro.
Perché allora lanci un messaggio del genere? Cosa devo pensare da oggi in poi? Che all’Inpgi c’è chi considera normale che si utilizzi la propria professione per risolvere questioni personali? Vedi qui a ilfattoquotidiano.it, non succede. Noi non facciamo giornalismo per ritorsione. Abbiamo un solo ‘vizietto’: quando abbiamo una notizia – in questo caso la vicenda non nota al pubblico e alla stragrande maggioranza dei colleghi del tuo aumento di stipendio – la pubblichiamo senza chiederci chi danneggi o favorisca. E lo facciamo anche se la notizia riguarda l’Inpgi, al contrario di altre testate che dell’argomento preferiscono non occuparsi. Insomma svolgiamo con serenità il nostro lavoro. Voglio pensare e penso che tu dall’alto della tua carica elettiva, all’Inpgi faccia altrettanto.
Peter Gomez
direttore ilfattoquotidiano.it
Lobby
Inpgi, Camporese al Fatto: “Attacco personale”. Ecco la risposta del direttore
Riceviamo e pubblichiamo dal presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, la seguente richiesta di ‘rettifica’ all’articolo “Previdenza, presidente cassa giornalisti incassa sempre di più. L’ente sempre meno” di Gaia Scacciavillani, pubblicato il primo dicembre dalla nostra testata. Sotto la lettera di Camporese, inoltre, la controreplica di Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it.
“Il vizietto del Fatto Quotidiano
Il rispetto dei fatti
Una risposta ai ripetuti attacchi, gratuiti?“
Il Fatto Quotidiano torna ad attaccarmi personalmente, nella mia dignità e moralità, e io personalmente rispondo. Secondo questo organo di stampa sono uno che ruba lo stipendio, di più, se lo estende a piacimento. Vediamo dove stanno i fatti, i commenti li lasciamo al lettore.
Se fossi rimasto al mio posto di lavoro in Rai guadagnerei circa 130mila euro lordi per un costo azienda di circa 205mila euro. Il mio emolumento all’Inpgi (contratto di collaborazione coordinata e continuativa) è di 250mila euro. Poi c’è il ristoro, parziale, del danno ricevuto essendo in aspettativa non retribuita, che riguarda i costi che avrebbe sostenuto l’editore per mio conto, in base al contratto di lavoro applicato anche ai giornalisti del Fatto. Quest’ultimo ammonta a circa 60 mila euro.
Ma qui scatta il primo colpo di scena. Sono diventato presidente dell’Inpgi a 39 anni, me ne scuso. Il blocco dello stipendio comporta un danno previdenziale enorme a causa del mancato aumento di contribuzione derivante dagli scatti automatici contrattuali che, moltiplicato per i 26 anni che mancavano al raggiungimento dell’età pensionabile, provocherà una sostanziale diminuzione automatica dell’assegno pensionistico che si ripercuoterà fino alla fine dei miei giorni e, spero, fino alla fine di quelli di mia moglie beneficiaria della reversibilità che vivrà sicuramente 150 anni. Quanto vale tutto questo? Qui scatta lo studio attuariale, materia sconosciuta al fine estensore dell’articolo. Le vengo in aiuto: oltre 350 mila euro, almeno, non sapendo la data della mia morte. Quindi, per chi sa far di conto, la mia attuale indennità, diminuita del danno non ristorato, porta ad uno stipendio inferiore a quello che avrei percepito rimanendo al lavoro. Complimenti, ma di quale “tesoretto” vai cianciando? Ma come si fa a paragonare tutto questo, e quello che segue, al costo (sbagliato) di un giornalista medio? Ma lo sai, Fatto, quando guadagna mediamente un vice direttore di testata? Più del Presidente dell’Inpgi. Va bene? E’ un paragone corretto? Ma il gioco è quello “siamo tutti uguali” in barba alle responsabilità, al merito, al rischio, al tempo dedicato e alle libere elezioni che mi hanno portato ad essere riconfermato all’unanimità, caso unico in cento anni di storia? Dai, Fatto, per cortesia.
Ma non basta. Il Fatto quotidiano si dimentica di una serie di fatti.
1- Il mio stipendio è stato spiegato e votato all’unanimità dal Consiglio Generale dell’Ente e dal Cda, non me lo sono “aumentato”. Evidentemente un gruppo di dissennati, a dir poco, secondo la giustizia del Fatto.
2- Il mio stipendio è stato quantificato in base ad una circolare ministeriale che fissa l’emolumento al livello superiore del 20 per cento rispetto a quello del Direttore Generale. Noi ci siamo fermati al 10.
3- Ho l’onore di esercitare a titolo totalmente gratuito la funzione di Presidente dell’Associazione degli Enti Previdenziali Privati (Adepp) che raccoglie due milioni di professionisti e 60 miliardi di investimenti. Esercito, sempre a titolo totalmente gratuito, la funzione di vice presidente dell’Associazione Europea degli Enti Privatizzati. Tutto questo comporta lavoro e responsabilità.
4- Le attribuzioni statutarie esercitate sono di una ampiezza impressionante, di fatto più di un amministratore delegato di azienda, firmo migliaia di atti l’anno e me ne assumo la responsabilità.
5- Ho la responsabilità, tra le tante, di governare, insieme al cda, quasi tre miliardi di euro. Si ricorda il Fatto quale è stato il rendimento mobiliare del patrimonio lo scorso anno? No, lo informo: oltre il 10 per cento netto, oltre 80 milioni di euro di plusvalenze. Lo sa Il Fatto quanto guadagna un manager che gestisce ciò che ho appena descritto? Telefoni ai colleghi del Sole 24 ore, gli forniranno una semplice tabella dalla quale emergeranno cifre triple o quadruple.
Se poi, ma non credo, qualcuno si fosse innervosito a causa di una ispezione condotta dall’Inpgi sulla regolarità previdenziale del Fatto, diversamente conosciuta come controllo di legittimità, segnalo che si tratta di una delle centinaia esercitate in forza di legge e di amore delle regole. Se qualcun altro si fosse adombrato perché ho proposto una riduzione della numerosità degli organi statutari, già tra i più compressi del sistema, d’accordo con la stragrande maggioranza del Consiglio, se ne faccia una ragione. Quanto alla Corte dei Conti, richiamata nell’articolo del Fatto, segalo che nella stessa relazione la Corte sottolinea in più casi la buona gestione, l’importanza della riforma adottata e molto altro. Perché non ricordare gli incentivi alle stabilizzazioni a tempo indeterminato concessi, nessuno nel Paese ha avuto questo coraggio, i positivi accordi raggiunti con le parti sociali, la generazione di un fondo immobiliare totalmente detenuto che porterà a risparmiare decine di milioni di euro e molto altro. Basta leggere i comunicati, magari riportali, magari sentire la fonte come si faceva nei gloriosi vecchi tempi.
Tra l’altro sarei “noto alle cronache per l’incidente di Terna”. Ti ringrazio Fatto Quotidiano, per l’occasione che mi dai di chiarire ciò che è molto chiaro a moltissimi. L’incidente è una designazione da consigliere indipendente da parte del Mef, alla quale sono seguite le mie dimissioni venti giorni dopo. Designazione legittima, critiche legittime, dimissioni molto rare in Italia. Emolumento non percepito 30 mila euro annui lordi che, pubblicamente prima dell’assunzione dell’incarico, avevo già destinato a beneficienza. L’incidente in questa vicenda, caro fatto Quotidiano, sta a casa tua. La posizione di mia difesa e di richiesta di non rassegnare le dimissioni assunta pubblicamente e unanimemente dal Cda dell’Inpgi mai riportata nelle tue cronache. La mia lettera di dimissioni che spiegava le motivazioni della scelta non certo incidentali, mai pubblicata e ridotta a numero tre righe. Un articolo del Fatto che riduceva 40 minuti di telefonata con l’estensore Malaguti a due righe. Almeno cinque colleghi contatti telefonicamente dallo stesso giornalista e mai citati nel pezzo. Diversi Presidenti di altri Enti a favore mai citati. Invece due legittimi contrari osannati. E’ questo il criterio deontologico di chi mi accusa di rubare lo stipendio? No, caro Fatto quotidiano, così non va. Continua pure a non pubblicare il mio punto di vista, cercherò di diffonderlo in altri modi. Io sono una persona perbene che dedica la vita agli altri, che per dieci anni ha fatto il precario e che non accetta fango. Chi lancia fango si sporca e sporca una Istituzione che ho l’onore di presiedere, che esiste da oltre un secolo e che continuerà ad esistere nonostante questo nauseante vizietto.
Andrea Camporese
Presidente Inpgi
La replica del direttore Peter Gomez
Caro Camporese,
sono sinceramente stupito dalla tua lettera e dal suo tono. La testata che dirigo, ilfattoquotidiano.it, ha pubblicato una notizia, non un attacco personale. E non ti ha accusato di furti. Sulla base di documenti ufficiali e incontestabili il mio web giornale ha invece raccontato come la Cassa dei giornalisti da te presieduta nel 2008 spendesse per i tuoi emolumenti 202mila euro, diventati complessivamente 310mila nel 2012. Si tratta di un aumento del 51,4 per cento nel giro di 4 anni, il 107,43 in più rispetto a quanto guadagnava il tuo predecessore. Nel tuo scritto non contesti nessuna cifra. Spieghi invece che l’aumento deciso dal Cda da te presieduto è stato finalizzato a garantirti un’equa pensione. Sostieni che l’ammontare corrisponde al normale stipendio di un vicedirettore di testata e aggiungi che se tu fossi ancora in Rai, l’azienda in cui tornerai tra tre anni al termine del tuo secondo mandato, guadagneresti oggi 130mila euro lordi, corrispondenti a un costo aziendale non di 205mila euro, come scrivi, ma di circa 180mila.
Dal mio punto di vista però, al di là della disputa su questa ultima cifra, qualcosa non torna.
1) La tua è una carica elettiva a cui si concorre per spirito di servizio. Esattamente come dovrebbero fare i nostri parlamentari, dei quali ci lamentiamo tanto. Se davvero pensavi di avere un danno economico o professionale diventando numero uno dell’Inpgi potevi evitare di candidarti. Oppure, anche per dare un bel segnale ai tanti colleghi disoccupati, evitare un così grande aumento votato dal Cda da te presieduto.
2) Nelle molte testate in cui ho lavorato, per i più disparati editori, ho avuto la sfortuna di incontrare ben pochi vice-direttori che guadagnassero tanto. Io stesso come direttore di guadagno molto meno di 200mila euro l’anno lordi. Ma non mi lamento né del mio buono stipendio, né delle molte responsabilità previste dalla legge a cui faccio fronte. Se non le avessi volute non avrei accettato l’incarico.
3) Se tu fossi rimasto in Rai non capisco perché avresti per forza dovuto ottenere la qualifica di vice-direttore, considerando pure il fatto che buona parte della tua carriera si è fin qui caratterizzata in una meritoria attività da sindacalista.
4) Il dato sugli stipendi medi è quello pubblicato il 5 novembre scorso dall’ufficio studi Lsd che ha elaborato le cifre del’Inpgi.
Al di là delle sempre opinabili considerazioni, resta comunque un dato. Noi abbiamo semplicemente fatto della cronaca. Esattamente come era accaduto nel febbraio del 2012 quando, con Vittorio Malagutti, Il Fatto Quotidiano in edizione cartacea, testata diversa dalla mia, si era occupato degli investimenti in fondi off shore dell’Inpgi e di altri enti previdenziali e come era accaduto sempre su Il Fatto nel maggio del 2011 quando era stata raccontata la tua nomina nel Cda di Terna da parte del ministero delle Finanze. Una nomina da considerare non illegale, ma fortemente inopportuna visto che il ministero vigila pure sull’operato della Cassa. Il fatto che il Cda dell’Inpgi ti abbia poi consigliato di non dimetterti a mio avviso segnala solo come la cultura liberale, in materia di potenziali conflitti di interesse, in questo Paese abbia molta strada da fare.
Una cosa però mi preme scrivertela. E’ molto antipatico e particolarmente offensivo il riferimento contenuto nella tua lettera all’ispezione Inpgi subita dalla mia testata 14 mesi fa, nell’estate del 2012, e conclusa a dicembre. E sopratutto non fa onore, a mio avviso, né alla tua figura di giornalista, né all’ente che presiedi. Quando nell’estate dello scorso anno abbiamo subito l’ispezione abbiamo ritenuto, proprio come tu scrivi, che fosse doverosa al pari di tutte le altre per evitare l’odiosa pratica degli abusivi in redazione. Per questo io, come tutti i colleghi, de ilfattoquotidiano.it abbiamo fornito agli ispettori la massima collaborazione. I risultati, come sai, sono stati particolarmente positivi: qui di abusivi non ce ne sono, e il contenzioso aperto tra ilfattoquotidiano.it e il tuo ente previdenziale vale meno di 30mila euro.
Perché allora lanci un messaggio del genere? Cosa devo pensare da oggi in poi? Che all’Inpgi c’è chi considera normale che si utilizzi la propria professione per risolvere questioni personali? Vedi qui a ilfattoquotidiano.it, non succede. Noi non facciamo giornalismo per ritorsione. Abbiamo un solo ‘vizietto’: quando abbiamo una notizia – in questo caso la vicenda non nota al pubblico e alla stragrande maggioranza dei colleghi del tuo aumento di stipendio – la pubblichiamo senza chiederci chi danneggi o favorisca. E lo facciamo anche se la notizia riguarda l’Inpgi, al contrario di altre testate che dell’argomento preferiscono non occuparsi. Insomma svolgiamo con serenità il nostro lavoro. Voglio pensare e penso che tu dall’alto della tua carica elettiva, all’Inpgi faccia altrettanto.
Peter Gomez
direttore ilfattoquotidiano.it
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(Adnkronos) - "Se spengo Starlink, l'Ucraina crolla". Elon Musk è allineato con Donald Trump e invoca lo stop immediato della guerra tra Ucraina e Russia. Il magnate, pilastro dell'amministrazione del nuovo presidente americano, dall'inizio del conflitto ha messo a disposizione di Kiev il sistema satellitare Starlink. Gli Usa, negli ultimi giorni, hanno sospeso l'invio di aiuti militari all'Ucraina e hanno fermato la condivisione di informazioni di intelligence. Se Musk disattivasse Starlink, per le forze di Kiev sarebbe un disastro.
"Io - scrive il magnate su X - ho letteralmente sfidato Putin ad un combattimento uno contro uno sull'Ucraina. Il mio sistema Starlink è la spina dorsale dell'esercito ucraino. Se lo spegnessi, l'intera linea del fronte crollerebbe".
Musk individua anche un'altra soluzione: "Bisogna imporre sanzioni ai 10 principali oligarchi ucraini, specialmente quelli che vivono a Monaco, e tutto questo cesserà immediamente. Questa è la chiave".
L'Ucraina usufruisce di migliaia di terminali Starlink. Una parte è fornita dalla Polonia, che ha sottoscritto un contratto con SpaceX, il colosso che gestisce Starlink. "Il servizio di Starlink per l'Ucraina, circa 50 milioni di dollari ogni anno, è pagato dal ministero polacco per la Digitalizzazione. Se SpaceX si dimostrasse un fornitore inaffidabile, dovremmo cercare altrove", le parole di Radoslaw Sikorski, ministro degli Esteri di Varsavia.
Le parole di Mr X arrivano in un momento cruciale del conflitto. Le forze russe stanno riconquistando territori nella regione di Kursk, che l'Ucraina ha invaso dall'agosto 2024. L'obiettivo di Vladimir Putin sembra essere una spallata finale, che consenta a Mosca di presentarsi all'eventuale tavolo delle trattative con un quadro estremamente favorevole. "Non faremo concessioni", ha detto il presidente russo in settimana: nella sua visione, tutto ciò che è stato conquistato non verrà riconsegnato a Kiev.
L'obiettivo di Musk, così come quello di Trump, è lo stop immediato alla guerra: "Mi disgustano anni di massacro in uno stallo che terminerà inevitabilmente con la sconfitta dell'Ucraina. Chiunque abbia realmente a cuore la situazione e chiunque comprenda quello che sta succedendo - aggiunge - vuole che il tritacarne si fermi. Pace ora".
Nella sequenza di messaggi pubblicati da Musk nelle ultime ore spicca anche un tweet sul tema della Nato. A chi suggerisce l'uscita degli Usa dall'Alleanza, il miliardario replica: "Dovremmo davvero. Non ha senso che l'America paghi per la difesa dell'Europa".
Anche in questo caso, c'è una totale consonanza con le posizioni del presidente Trump. Gli Usa, ha detto il leader della Casa Bianca, non hanno intenzione di difendere chi non paga. Nelle ultime ore, inoltre, secondo indiscrezioni di stampa ha preso forma il piano per un progressivo disimpegno americano rispetto al Vecchio Continente: con il 2025 si esaurirà la partecipazione a stelle e strisce a manovre in Europa.
San Marino, 9 mar. (Adnkronos) - La rinascita internazionale dell’italo dance riparte da San Marino, con un biglietto per l’Eurovision di Basilea. Gabry Ponte, favoritissimo della vigilia, si è aggiudicato la vittoria del San Marino Song Contest e salirà sul palco dell’edizione svizzera dell’Esc come rappresentante della repubblica del Titano, potendo dunque contare potenzialmente anche sul voto degli italiani (nessun paese può votare per il proprio candidato e l’Italia è stato sorteggiata anche tra i paesi che potranno votare per San Marino il prossimo 13 maggio nella prima semifinale). “Ricordati che ‘Tutta l’Italia’ potrà votare per te”, ha fatto notare il Segretario di Stato di San Marino, Federico Pedini Amati, rivolto al vincitore subito dopo la proclamazione. “Questa canzone – ha confessato Ponte - mi ha dimostrato per l'ennesima volta quello che già era successo con gli Eiffel 65 e ‘Blue’ 27 anni fa: che una canzone scritta in uno studio in poche ore può avere dei risvolti e un percorso pazzesco che uno non avrebbe mai immaginato. Adesso questa sfida di Basilea è molto eccitante e sono veramente contento”.
A incoronarlo vincitore, la giuria presieduta da Luca De Gennaro, che ha motivato il verdetto: “Abbiamo fatto un lavoro molto onesto con noi stessi con un obiettivo, quello di sapere qual era la destinazione finale, cioè l'Eurovision. Non abbiamo votato secondo i gusti personali. Se volete vedere le statistiche degli artisti italiani più ascoltati nel mondo Gabry Ponte è uno dei primi. E poi San Marino fa parte di quel territorio italiano che è sempre stata la culla della musica da ballare, l'Adriatico, le discoteche, Rimini e Riccione. Quindi è giusto che San Marino porti verso l'Europa questo tipo di musica”, sottolineato.
Gabry Ponte, 52 anni e da quasi 30 sulla breccia come dj e producer (con un certo numero di successi internazionali all’attivo), era comunque molto emozionato sabato sera, nel Teatro di Dogana di San Marino: “Sono 30 anni che faccio questo lavoro fantastico e credo che il giorno in cui salirò su un palco senza essere emozionato, sarà l'ultimo giorno in cui salirò su un palco”, ha detto subito dopo la vittoria, ottenuta con un brano, ‘Tutta l’Italia’, nato in vista del grande appuntamento live fissato per il 28 giugno a San Siro (che ora sulla scia dell’Eurovision potrebbe vedere aggiungersi almeno un’altra data, vocifera qualcuno). “La canzone è nata in studio insieme a due amici autori, molto talentuosi, che sono Edwin Roberts e Andrea Bonomo. Io a giugno farò il mio primo concerto a San Siro e ci siamo proprio visualizzati l'immagine di uno stadio pieno di tutta l'Italia, che salta e che balla questa musica dance. Siamo partiti da questa immagine e poi la canzone è nata in maniera abbastanza spontanea nel giro di due ore”, ha raccontato. Un brano dance contaminato con alcuni elementi folk della cultura italiana, dalla fisarmonica alla tarantella. “La musica definisce un po' la cultura e l'identità di un popolo, da sempre. Quindi mi piace molto contaminare la musica dance, che poi peraltro si presta tantissimo, più di qualsiasi altro genere musicale, a essere contaminata con il folklore. L'Italia ha una tradizione folkloristica enorme, quindi abbiamo preso questa volta un po' di pizzica, un po' di tarantella e ci siamo divertiti molto”, ha aggiunto.
Sul tipo di modifiche che potrebbe proporre per l’esibizione a Basilea, Ponte ha rimandato alle prossime settimane. “Per ora ci siamo concentrati prima su Sanremo e poi su San Marino, da domani ci mettiamo al lavoro sull’Eurovision per presentarci al meglio”, spiega. Ma una cosa è già certa: l’Ebu non chiederà modifiche al testo perché aveva già dato il suo via libera prima del San Marino Song Contest. “Abbiamo mandato tutti i testi all'Ebu – ha spiegato il direttore di Una Voce per San Marino, Denny Montesi - perché sappiamo che non ci devono essere citazioni politiche e religiose nei testi. Quindi avevamo sottoposto due dubbi: uno riguardava il fatto che il brano di Gabry citasse Craxi e ‘avanti popolo’, l’altro riguardava il brano di Giacomo Voli, che citava l’Ave Maria. L’Ebu ha risposto che entrambi i brani non infrangono il regolamento”, ha assicurato.
A chi gli ha fatto notare che, dopo le polemiche su ‘Espresso Macchiato’ dell’estone Tommy Cash, c’è chi ha detto che anche ‘Tutta l’Italia’ propone un ritratto non proprio edificante del Bel Paese, Ponte ha risposto: “Noi l'abbiamo fatto in maniera ironica. Ci siamo messi a immaginare una fotografia di questo paese, scherzando su alcuni cliché che nel bene e nel male rappresentano un po' l'Italia agli occhi, non solo degli italiani, ma anche di chi vive fuori dall'Italia”.
Sui due ‘cantanti mascherati’ (che poi sono i due coautori della canzone) che lo hanno accompagnato sul palco sia a Sanremo che a San Marino, Ponte ha spiegato: “Ci sono delle persone che fanno questo lavoro ma che non amano apparire. A me faceva piacere avere le persone con cui ho scritto il pezzo con me sul palco, ho chiesto loro se avessero voglia di prendere parte a questa avventura, però allo stesso tempo rispetto la loro volontà e quindi abbiamo deciso tutti insieme che la soluzione poteva essere quella di avere dei cantanti mascherati che non devono mostrare la faccia ma possono cantare il pezzo che hanno contribuito a scrivere”.
All’Eurovision Gabry Ponte si troverà in qualche modo anche a sfidare Lucio Corsi, che rappresenterà l’Italia a Basilea: “Lucio Corsi non lo conosco personalmente ma ho grande stima di lui. E sono sinceramente contento che sia andato lui all'Eurovision a rappresentare l'Italia perché parlavamo prima della musica come rappresentazione dell'identità di un popolo e una delle tradizioni più forti della musica italiana è proprio il cantautorato. E poi il pezzo di Lucio era uno dei miei pezzi preferiti di Sanremo”, ha detto. Che poi ha spiegato perché ‘Tutta l’Italia’ non era in gara a Sanremo: “Il regolamento di Sanremo prevede che ogni artista che partecipa in gara debba cantare. Io sono un DJ, non canto. Abbiamo ragionato con Carlo su diverse possibilità per avere il pezzo in gara, ma non siamo riusciti a trovare una quadra che soddisfacesse il regolamento del festival e noi che abbiamo scritto la canzone” (l’unico altro artista in gara non cantante, Shablo, ha dovuto infatti presentarsi dichiarando i due feat di Joshua e Tormento, ndr.). “Poi Conti ha avuto quest'idea di farlo diventare la sigla e per me è stato un grande onore”, ha aggiunto Ponte che ha voluto dedicare la vittoria di San Marino a tutti i suoi fan. “Devo tutto a loro”, ha detto prima di ammettere che l’Eurovision non era mai stato prima nei suoi pensieri: “E’ arrivato in maniera naturale, abbastanza inaspettata, se devo essere sincero. La cosa bella della musica, per cui io continuo a essere innamorato di quello che faccio, è che è tutto sempre imprevedibile”. (di Antonella Nesi)
(Adnkronos) - Tritacarne in regalo alle madri di soldati russi caduti in Ucraina in occasione della Festa della Donna. Polemica e choc in Russia per l'iniziativa di una sezione locale del partito al governo di Vladimir Putin, Russia Unita. A Polyarniye Zori, nella regione di Murmansk, funzionari sorridenti del partito sono stati riprese mentre, sorridenti, consegnano fiori e tritacarne, parola ampiamente utilizzata per descrivere le brutali tattiche della Russia in prima linea. Il messaggio di accompagnamento ringraziava le "care mamme" per la loro "forza d'animo e l'amore che mettono nell'educazione dei loro figli".
Immediate le reazioni online che hanno definito il gesto "vergognoso" e "inappropriato", soprattutto considerando la connotazione negativa del tritacarne. La parola russa per il tritacarne, myasorubka, ha lo stesso doppio significato dell'inglese. Si riferisce a una tattica che comporta pesanti perdite, in cui piccoli gruppi di soldati vengono inviati in attacco, uno dopo l'altro, in ondate, rischiando pesanti perdite, con l'obiettivo di logorare e sopraffare le truppe ucraine.
La sezione locale del partito a Polyarniye Zori ha respinto le critiche, definendole "interpretazioni crudeli e provocatorie". Il sindaco Maxim Chengayev, presente alla consegna dei doni, ha dichiarato che i tritacarne non erano previsti inizialmente, ma che "una donna li ha richiesti, e ovviamente non abbiamo potuto dire di no", secondo quanto affermato da Russia Unita. Successivamente, il partito ha pubblicato un video in cui una madre ringraziava goffamente per i regali, confermando di aver richiesto personalmente un tritacarne per necessità.
Le perdite russe in Ucraina rimangono ufficialmente non quantificate, sebbene i media indipendenti parlino di molte decine di migliaia di morti. Il sito web russo Mediazona e il servizio russo della Bbc hanno dichiarato il mese scorso di aver identificato i nomi di 91.000 soldati russi uccisi, ma ha aggiunto che il bilancio effettivo sarebbe probabilmente “notevolmente più alto”. Alla fine del 2024, l’allora segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha parlato di 700.000 soldati russi uccisi o feriti.
Anche le perdite ucraine sono ingenti. A febbraio, il presidente Volodymyr Zelenskyy ha dichiarato che più di 46.000 soldati ucraini sono stati uccisi e circa 380.000 feriti. I resoconti dei media basati su fonti occidentali hanno dato a temperature delle vittime militari ucraine stimate che vanno da 50.000 a 100.000.
(Adnkronos) - "Se spengo Starlink, l'Ucraina crolla". Elon Musk è allineato con Donald Trump e invoca lo stop immediato della guerra tra Ucraina e Russia. Il magnate, pilastro dell'amministrazione del nuovo presidente americano, dall'inizio del conflitto ha messo a disposizione di Kiev il sistema satellitare Starlink. Gli Usa, negli ultimi giorni, hanno sospeso l'invio di aiuti militari all'Ucraina e hanno fermato la condivisione di informazioni di intelligence. Se Musk disattivasse Starlink, per le forze di Kiev sarebbe un disastro.
"Io - scrive il magnate su X - ho letteralmente sfidato Putin ad un combattimento uno contro uno sull'Ucraina. Il mio sistema Starlink è la spina dorsale dell'esercito ucraino. Se lo spegnessi, l'intera linea del fronte crollerebbe".
Musk individua anche un'altra soluzione: "Bisogna imporre sanzioni ai 10 principali oligarchi ucraini, specialmente quelli che vivono a Monaco, e tutto questo cesserà immediamente. Questa è la chiave".
Le parole di Mr X arrivano in un momento cruciale del conflitto. Le forze russe stanno riconquistando territori nella regione di Kursk, che l'Ucraina ha invaso dall'agosto 2024. L'obiettivo di Vladimir Putin sembra essere una spallata finale, che consenta a Mosca di presentarsi all'eventuale tavolo delle trattative con un quadro estremamente favorevole. "Non faremo concessioni", ha detto il presidente russo in settimana: nella sua visione, tutto ciò che è stato conquistato non verrà riconsegnato a Kiev.
L'obiettivo di Musk, così come quello di Trump, è lo stop immediato alla guerra: "Mi disgustano anni di massacro in uno stallo che terminerà inevitabilmente con la sconfitta dell'Ucraina. Chiunque abbia realmente a cuore la situazione e chiunque comprenda quello che sta succedendo - aggiunge - vuole che il tritacarne si fermi. Pace ora".
Nella sequenza di messaggi pubblicati da Musk nelle ultime ore spicca anche un tweet sul tema della Nato. A chi suggerisce l'uscita degli Usa dall'Alleanza, il miliardario replica: "Dovremmo davvero. Non ha senso che l'America paghi per la difesa dell'Europa".
Anche in questo caso, c'è una totale consonanza con le posizioni del presidente Trump. Gli Usa, ha detto il leader della Casa Bianca, non hanno intenzione di difendere chi non paga. Nelle ultime ore, inoltre, secondo indiscrezioni di stampa ha preso forma il piano per un progressivo disimpegno americano rispetto al Vecchio Continente: con il 2025 si esaurirà la partecipazione a stelle e strisce a manovre in Europa.
(Adnkronos) - E' stato stroncato da un infarto che lo ha colto nella sua abitazione Carmine Gallo, il super poliziotto protagonista per anni della lotta alla criminalità organizzata a Milano e di recente coinvolto nell’inchiesta Equalize sui presunti dossieraggi illeciti. Aveva 66 anni.
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "Il nostro governo ha scelto di realizzare i termovalorizzatori con risorse pubbliche, stanziando 800 milioni di euro attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Questo per evitare che il costo di ammortamento potesse ricadere sui cittadini attraverso tariffe esorbitanti. Noi vogliamo evitare questo errore e garantire un sistema sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non solo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani. "I termovalorizzatori rappresentano una grande opportunità anche per il nostro sistema energetico- dice -In un periodo storico in cui i costi dell’energia sono sempre più elevati e la transizione ecologica è una priorità globale, trasformare i rifiuti in energia significa rendere la Sicilia più autonoma, ridurre la dipendenza da fonti fossili e creare un sistema. Il nostro cronoprogramma: entro questo marzo/aprile bando per progettazione; entro settembre 2026 inizio lavori (durata diciotto mesi). La Sicilia non può più permettersi di rimanere prigioniera dell’emergenza, della precarietà, dell’inerzia. È il momento di agire con coraggio e senso del dovere".
"Chi si oppone abbia almeno l’onestà di dire chiaramente perché e di assumersi la responsabilità di condannare questa terra al degrado e all’inefficienza- dice Schifani - Non possiamo accettare che il futuro della Sicilia venga bloccato da interessi di parte, da vecchie logiche a volte ambigue. Non possiamo più tollerare un sistema che penalizza i cittadini, le imprese e l’ambiente. La nostra Regione merita di voltare pagina. Merita un futuro fatto di pulizia, decoro e sostenibilità. Noi andremo avanti, con determinazione e con la convinzione che questa sia l’unica strada possibile. Anche se in salita. In tutti i sensi. Perché la Sicilia merita di più".
Palermo,9 mar. (Adnkronos) - "Perché, dopo vent’anni di dibattiti e promesse mancate, ancora oggi qualcuno si oppone alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione? L’esperienza europea dimostra che questi impianti sono una soluzione efficiente e sicura per chiudere il ciclo dei rifiuti, trasformando ciò che non può essere riciclato in energia pulita. Eppure, in Sicilia si è continuato a rinviare, mentre le discariche si riempiono e i cittadini pagano bollette sempre più alte per smaltire i rifiuti altrove. È davvero un problema di tutela ambientale? No, perché i moderni termovalorizzatori sono progettati per garantire emissioni praticamente nulle, rispettando i più severi standard europei". Così il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, in un intervento sul Giornale di Sicilia. "Parlare di inquinamento è oggi fuori luogo: in molte città del Nord Italia, in Europa e nel mondo, questi impianti convivono con i centri abitati senza alcun impatto sulla qualità dell’aria", dice.
"Forse si vuole difendere il business delle discariche? È un dubbio legittimo. Il sistema attuale, infatti, ha spesso alimentato interessi economici poco trasparenti, in alcuni casi perfino legati alla criminalità organizzata. E di questo ho parlato in occasione della mia audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie", conclude Schifani.