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‘La mafia uccide solo d’estate’: Pif e la sua emozionante opera prima

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La mafia uccide solo d’estate è un film che diverte e commuove. Perché si può parlare di mafia, anche con un sorriso. E’ con il sorriso infatti che Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, racconta le stragi mafiose che sconvolsero la Sicilia tra gli anni ’70 e ’90 attraverso gli occhi di un bambino, Arturo, che nasce e cresce a Palermo. Partendo dalla strage di Viale Lazio del 1969, Pif unisce elementi di finzione a immagini di repertorio e racconta l’omicidio del generale Dalla Chiesa, di Boris Giuliano, di Pio La Torre e Rocco Chinnici fino ad arrivare alle bombe di Capaci e di via D’Amelio del 1992.





Filo conduttore di questa storia è l’amore di Arturo per Flora – perché ci si può innamorare anche in una città sotto assedio come Palermo – nato tra i banchi di scuola. Arturo prova a superare la timidezza e a dichiararsi a Flora, anche se sente dire dai grandi che le donne sono pericolose, perché ogni omicidio “è solo una questione di femmine”. Sarà proprio quell’amore che lo spingerà a diventare giornalista e ad aprire gli occhi pian piano sulla realtà.

Non bisogna preoccuparsi degli omicidi e delle sparatorie, perché La mafia uccide solo d’estate gli assicura il padre; e Arturo ci crede. Come crede che Andreotti – che in un’intervista dichiara di preferire i battesimi ai funerali – sia una brava persona in quanto “amico degli amici”, tanto da arrivare a chiedere a Dalla Chiesa, nella sua prima intervista: “L’onorevole Andreotti dice che l’emergenza criminalità è in Calabria e in Campania, Generale, ha forse sbagliato regione?”.

Pif, palermitano di origini, aveva soltanto 10 anni all’epoca dell’omicidio di Dalla Chiesa. Oggi dichiara che “La ‘sveglia‘ a me come a quelli della mia generazione ce l’hanno data le stragi del ’92, le morti di Falcone e Borsellino”. E continua: “Inconsciamente tutte le persone uccise dalla mafia ti spingono a fare delle scelte. Ed è grazie a loro che le conseguenze di queste scelte oggi non sono più violente. Ad esempio: io ho girato il mio film a Palermo senza pagare il pizzo a nessuno. Se l’ho fatto è grazie a chi è venuto prima di me”.

Attraverso questo film, Pif mostra il rapporto di un qualsiasi bambino – estraneo alle famiglie criminali – con Cosa Nostra, e ritiene che possa essere un insegnamento per la gente del Nord, per quei politici che – per orgoglio o collusione – negano le infiltrazioni mafiose.

E’ importante, sopratutto per i giovani che magari in quegli anni non erano neppure nati, sapere che “anche se Cosa Nostra oggi è un po’ meno potente non si deve abbassare la guardia perché la mafia è particolarmente pericolosa quando è silente, strisciante. L’ idea è quella di far capire quanto la mafia entri nella nostra vita anche se ufficialmente non abbiamo nulla a che fare con la mafia.

Un film come questo, che ha appena vinto il Premio del Pubblico al Torino Film Festival, utilizzando un nuovo linguaggio riesce a farci vivere la Palermo di quegli anni e merita davvero di essere sostenuto.

E non solo come tributo alla memoria dei tanti caduti per mano criminale, ma perché quella Palermo dove la mafia sembra lontana, rivive oggi in tante nostre città, solo apparentemente estranee a questo fenomeno.

Per tutto questo vi invito a vederlo, a spargere la voce e perché no a sostenerlo realizzando un breve sketch per promuoverlo con l’hashtag #aiutapif, qui le istruzioni: http://www.lamafiauccidesolodestate.com/aiutapif/

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