Il neo segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, interviene sulle polemiche scatenate dalle dichiarazioni di Francesco Belsito, e lo fa duramente dai microfoni di Radio Padania: “Fango, fango fango, non ho parole, sono palle, del resto i magistrati hanno già archiviato..”. L’ex tesoriere del Carroccio, in un passaggio con i magistrati di Milano – che hanno chiuso il primo filone di inchiesta sulla gestione dei fondi della Lega Nord – , chiama in causa figure di spicco del partito, a riportarlo è La Repubblica. L’ex cassiere parla di fondi neri, sottolineando che “il nero che gli imprenditori versavano venva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito”. Ed è qui che viene tirato in ballo il segretario, eletto domenica scorsa alle primarie: “Ricordo che Bonini, in quota Lega alla Sea (Giuseppe Bonomi ex deputato leghista, ndr), diede in contanti 20 mila euro a Salvini. Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta”.
Ma Belsito nelle sue dichiarazion ai magistrati coinvolge anche il governatore del Veneto, Luca Zaia. In un interrogatorio del 13 maggio, l’ex tesoriere ricostruisce il pagamento di un milione di euro arrivato alla Lega del Veneto da parte di una multinazionale francese, la Siram, specializzata in appalti ospedalieri. Belsito avrebbe affermato che tutto lo stato maggiore del partito era informato di quel finanziamento. “Anche Zaia – è la tesi dell’ex cassiere del Carroccio – fu informato“. “La Lega Nord del Veneto – racconta Belsito – aveva chiesto un milione al finanziere Stefano Bonet (tramite con la società francese, ndr)”. L’ex cassiere sostiene che nel 2010 informò sia Bossi sia Calderoli “che tale Cavaliere aveva chiesto questi denari alla Siram”. E questi soldi sarebbero stati pagati con un bonifico a una società, “credo riconducibile a Cavaliere (ex presidente del Carroccio in consiglio regionale del Veneto, ndr). Belsito racconta di più: “Cavaliere trattava su incarico del sindaco di Verona Flavio Tosi”. “Da quello che ricordo – dice ai magistrati del capoluogo lombardo – la somma degli appalti di Bonet a Siram in Veneto era di circa 25 milioni in un triennio“.
“Rispedisco al mittente queste affermazioni”, è secco Luca Zaia. “Mi spiace perché avrei qualcos’altro di cui occuparmi. Penso che anche la magistratura abbia altro di cui occuparsi però a questo punto la impegnerò io facendo un querela, tutelandomi. Spero che si faccia chiarezza da subito”. “Stiamo parlando comunque di una persona – conclude il governatore – che, tra le tante cose, abbiamo scoperto aveva una Porsche pagata dalla Lega, tra l’altro ora sequestrata. E’ imbarazzante. Rimando tutto al mittente. Sono a disposizione dei magistrati e querelo, assolutamente querelo”.
Ma dalle carte dell’inchiesta sui fondi della Lega emergono anche alcuni retroscena sulla laurea di Renzo Bossi, comprata – secondo l’accusa – con 77 mila euro del Carroccio, provenienti da denaro pubblico e dai rimborsi elettorali. Il “Trota” non avrebbe mai fatto cenno al padre della laurea conseguita in Albania. Anzi, Renzo raccontava al Senatùr di studiare negli Stati Uniti e di collezionare un bel voto dietro l’altro. Umberto Bossi, quindi, sarebbe stato all’oscuro della carriera universitaria del figlio, di cui andava molto orgoglioso per i risultati portati a casa. Il particolare è stato messo a verbale dall’ex segretaria e tuttofare della Lega, Nadia Dagrada, davanti ai pm di Milano.