Si riempiono la bocca di parole vuote sullo sviluppo tecnologico, sul digitale, sul nuovo che avanza. Intanto, però fanno bene solo il “lavoro sporco”. Attacco alla rete, eliminazione di qualsiasi iniziativa per l’abrogazione della Gasparri, per l’approvazione di norme serie sul conflitto di interessi, per una riforma della Rai, e così via. Il tema della democrazia dell’informazione non sembra proprio eccitare le menti delle nuove figurine politiche. Anzi, i difetti dell’epoca berlusconiana, mai peraltro tramontata, sono pari pari ripetuti dai nuovi. Un’informazione prona, ostile al dissenso, continua a caratterizzare il contesto italiano.
È di qualche giorno fa l’ennesimo rapporto sulla libertà di espressione nell’Unione europea (appena pubblicato dalla organizzazione Index on Censorship) in cui l’Italia è solidamente in fondo alla classifica. Molti sono i responsabili: nelle istituzioni di vigilanza, nelle televisioni, nei grandi giornali e soprattutto nella politica. Alcuni esempi sono illuminanti. Si parla in queste ore di riforma elettorale, ma nessuna legge sarà mai realmente efficace nel rappresentare ciò che vogliono i cittadini se a fianco ad essa non si porranno regole severe sul conflitto di interessi e soprattutto sul pluralismo e la libertà di accesso ai media. Per scegliere infatti devo essere messo in grado di capire e se l’informazione è quella di oggi c’è poco da sperare.
Ancora, l’omologazione al potere delle testate televisive, pubbliche e private, è sconcertante. I dati dei principali osservatori di rilevamento sono concordi. Eppure, chi dovrebbe intervenire pensa ad ingabbiare internet piuttosto che svolgere i compiti affidati dalla legge in materia. Tra qualche giorno scade la norma che vieta gli incroci proprietari tra televisioni e giornali (art. 43 del testo unico sulla radiotelevisione). Buio totale sulle intenzioni del Governo, silenzio della politica, mantenuto pure sulla spinosa vicenda della gara delle frequenze (è sempre in piedi una procedura di infrazione dell’Ue sulla legge Gasparri). Si parla di rilancio delle produzioni italiane e nulla si fa per il rispetto delle quote e delle produzioni indipendenti (in Italia invece consideriamo indipendenti Endemol e Magnolia!). Nessuna riforma dell’auditel o di audiradio, nessun intervento sugli sforamenti pubblicitari.
L’elenco è ancora lungo e non voglio tediare nessuno. Segnalo anch’io ciò che invece capita in queste ore, cioè un attacco concentrico ad Internet. E si perché al netto dei grandi baroni della rete, che finiranno per fagocitare i beni dei valvassini nostrani, un po’ di spazio c’è ancora per dire quello che si pensa. Dunque, è bene metterci subito una pezza.