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AAA sessisti cercasi: la pubblicità progresso-regresso

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La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. O meglio, le vie dell’inconscio sono infinite. Comprese le vie inconsapevoli dei cosiddetti “creativi”. Già visti all’opera nelle pubblicità di marchi e prodotti che rappresentano le donne come quarti di bue oppure intenti a lanciare le tanto care “provocazioni” per “sensibilizzare” colpendo allo stomaco il pubblico.

Molto più difficile sarebbe colpire il cervello con riflessioni critiche, esempi e ragionamenti.

L’ultima trovata è quella della Pubblicità progresso contro la violenza alle donne. I creativi hanno realizzato la campagna insieme a inconsapevoli sessisti da strada ripresi con una  telecamera nascosta. Hanno affisso alle fermate dell’autobus dei manifesti con la foto di una giovane donna e un grande fumetto: “Quando cammino per strada mi piacerebbe…” e hanno lasciato uno spazio in bianco. In poco tempo dei balordi sono stati ripresi a loro insaputa, nell’atto di completare i fumetti con volgarità e insulti. Indovinate quali? 





L’elemento tragicomico in questa campagna è che i responsabili di Pubblicità progresso hanno spiegato che volevano dimostrare che la discriminazione sessista in Italia esiste davvero. Una “notizia” davvero nuova e sconosciuta. Per dimostrare che esiste il sessismo è quindi necessario sperimentare l’ennesimo abbassamento delle donne a oggetto. Ma non sarebbe forse meglio rappresentarle in maniera differente? Evitando, per esempio, di inchiodarle ed esibirle nel ruolo di vittime.

Un manifesto che – per dimostrare che esiste il linguaggio volgare e sessista – crea le condizioni perché questo si esprima, donandogli visibilità e risalto, raggiunge l’obiettivo o piuttosto amplifica e veicola quei contenuti che dice di voler contrastare? Non credo che si modifichi il modo di pensare e parlare riproducendo esattamente ciò che si vuole cambiare. E’ la profezia che si autoavvera nella coazione a ripetere l’errore per rimediare all’errore. Ciò avviene quando si è in un vicolo cieco e non si trovano strategie alternative. E i creativi mi sembrano spesso in un vicolo cieco: che scoprano altre parole e altre immagini insieme alla perduta creatività.

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