Confindustria fa un bilancio della crisi economica che ha messo in ginocchio l’Italia, facendo luce su uno scenario da brivido. “Le persone a cui manca il lavoro, totalmente o parzialmente, sono 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. E anche i poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni”, afferma il centro studi di via dell’Astronomia, sottolineando che “le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, ossia oltre 5mila euro in media l’anno”. La profonda recessione, la seconda in sei anni, “è finita, ma i suoi effetti no”, aggiunge Confindustria. Parlare di ripresa è infatti “per molti versi improprio” e suona “derisorio“. Il “Paese ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile, anche sul fronte sociale”, con danni “commisurabili solo a quelli di una guerra“.

E se nel Paese si profilano gravi tensioni sociali, è la denuncia degli industriali, la politica non prende le contromisure adeguate. Confindustria parla della legge di stabilità come di “un’occasione mancata”, a causa del minimo impatto sulla crescita e delle risorse giudicate insufficienti per il taglio del cuneo fiscale. E alle frecciate di Confindustria all’indirizzo del governo, risponde direttamente il premier. “Ho la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio e voglio che ci siano strumenti per la crescita senza sfasciare i conti“, è la prima reazione di Enrico Letta, che parla a margine del vertice Ue. “Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi che abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni e mezzo”. E difende a spada tratta la manovra: “Credo che gli imprenditori dovrebbero rendersi conto che perché ci sia crescita ci devono essere complessive condizioni: gli interessi bassi è uno di questi, le tasse basse è un’altra, la legge di stabilità comincia a far scendere le tasse, gli ulteriori interventi arriveranno dall’anno prossimo”.

“Rischio cedimento della tenuta sociale”
Nello scenario di uscita dalla crisi, per l’Italia “il pericolo maggiore è il cedimento della tenuta sociale, con il montare della protesta che si incanali verso rappresentanze che predicano la violazione delle regole e la sovversione delle istituzioni”, aggiunge il rapporto, precisando che “il destino dell’Italia si ripete con il coagularsi di importanti gruppi politici anti-sistema“. Il bilancio sul fronte del lavoro è drammatico. Dall’inizio della crisi (fine 2007) si sono persi 1 milione e 810 mila Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno). L’occupazione è rimasta ferma nella seconda metà del 2013 e ripartirà dal 2014. Rivisto in leggero rialzo il tasso di disoccupazione del 2013, dal 12,1% stimato a settembre al 12,2%, ma resta stabile oltre il 12% anche nel 2014 (12,3%) e nel 2015 (12,2%).

Gli imprenditori attaccano il governo sulla legge di Stabilità
Confindustria affronta poi il tema della legge di Stabilità, sottolineando che l’impatto della manovra sulla crescita sarà “molto piccolo“, dello “0,1 o 0,2” punti sul Pil del 2014. Poi, nel 2015 la manovra avrà “un effetto restrittivo della stessa entità di quello espansivo del 2014″. Il centro studi prevede “traiettorie economiche ad alta incertezza”, e affianca così alle previsioni sugli scenari economici anche “una simulazione che ingloba una evoluzione meno benigna”, nella quale “la debolezza dell’economia impone una manovra da un punto di Pil per rispettare gli impegni europei”. In questo scenario B, “il credit crunch (ovvero la stretta sul credito, ndr) si protrae nel 2015, l’aumento del commercio mondiale è più contenuto, lo spread non si restringe”; ed “il risultato è che l’Italia si blocca nuovamente”.

La delusione è tale che il rapporto di Confindustria parla di “una occasione mancata“. Complessivamente la manovra è infatti “un intervento modesto sul 2014 che ritocca marginalmente il deficit: in termini di Pil si tratta di qualche decimale (0,2%). E per il 2015 e 2016 la correzione del disavanzo coincide sostanzialmente con le dimensioni delle clausole di salvaguardia. L’intervento principale proposto è quello sul cuneo fiscale, ma le risorse stanziate non sono in grado di incidere significativamente”.

“Bruciati 3.500 euro di reddito per abitante”
Riviste al ribasso le stime del Pil per il 2013 rispetto alle previsioni di settembre: il Prodotto interno lordo segnerà -1,8% rispetto alla precedente previsione di -1,6 per cento. Confermata, invece, la stima per il 2014 (+0,7%). Nel 2015, il Pil segnerà +1,2 per cento.

Per quanto riguarda il deficit, invece, è stimata una riduzione del rapporto con il Pil per il 2014 ed il 2015 rispettivamente al 2,7% e al 2,4% (dopo il 3% nel 2012 e nel 2013). Un deficit per i prossimi due anni però “sensibilmente più elevato di quanto indicato dal governo”. Il debito pubblico è infine previsto salire al 132,6% del Pil nel 2013 al lordo dei sostegni ai fondi di stabilità europei (129,0% al netto di questi esborsi) e al 133,7% nel 2014 (129,8% al netto), secondo le stime del Centro studi di Confindustria. Inizierà a calare nel 2015 quando sarà al 132,0% del Pil (128,2% al netto dei sostegni). La stima include 0,5 punti di Pil di privatizzazioni e dismissioni immobiliari per il 2014 e il 2015, come indicato dal governo nella nota di aggiornamento al Def.

“Rispetto alle traiettorie già modeste del decennio 1997-2007 il livello del Pil potenziale è oggi dopo sei anni di crisi più basso del 12,6%”, indica il centro studi di Confindustria, che calcola: “In altre parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante”. E “solo con incisive riforme strutturali si può recuperare il terreno perduto”.

Istat: “Crescita retribuzioni torna a minimi da 1992”
E anche l’Istat pubblica dati tutt’altro che rassicuranti sui salari. A novembre le retribuzioni contrattali orarie restano ferme su ottobre mentre salgono solo dell’1,3% nel confronto con lo scorso anno. La crescita annua torna così a toccare i minimi. Il rialzo dell’1,3%, già registrato in passato, risulta infatti il più basso almeno dal 1992, ovvero da 21 anni. Complessivamente, nei primi 11 mesi del 2013 la retribuzione oraria media è cresciuta dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2012. Alla fine di novembre 2013 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano il 51,1% degli occupati dipendenti e corrispondono al 49,4,% del monte retributivo osservato.

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