Comitati cittadini e associazioni ambientaliste la chiamano già la “Terra dei fumi”. Con i suoi 8 inceneritori l’Emilia Romagna rischia di trasformarsi nell’immondezzaio d’Italia, luogo di raccolta anche per le regioni che non sanno dove smaltire i propri rifiuti. Almeno così prevede un disegno di legge collegato alla legge di stabilità che individua una “rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento e coincenerimento di rifiuti”. In parole povere i rifiuti di tutta Italia saranno trattati utilizzando solo gli impianti già esistenti e sarà bloccata la costruzione di nuovi.

I sindaci dell’Emilia Romagna però non ci stanno, perché il rischio è che a fare da parafulmine alle carenze di alcuni territori, debbano essere le regioni che da anni hanno adottato una politica di smaltimento rifiuti basata sulla raccolta differenziata e sugli impianti di incenerimento. Secondo i dati di Federambiente in Italia ci sono 52 impianti e di questi, una trentina (pari quasi al 60 per cento) sono concentrati in tre regioni: Lombardia (13), Emilia Romagna e Toscana (8 ciascuna). Una concentrazione di impianti che stride con la carenza del sud Italia: in Campania, Calabria Puglia ne esistono al massimo uno o due.

Tra le città candidate a ricevere rifiuti da tutta Italia c’è Parma, la Food Valley dove da fine agosto è stato acceso l’ultimo inceneritore in Regione, nonostante i tentativi del sindaco Cinque stelle Federico Pizzarotti di fermarlo. I cittadini lo avevano scelto alla guida del Comune anche con la speranza che potesse bloccare il forno gestito dalla multiutility Iren, ma dopo un anno di braccio di ferro, anche Pizzarotti ha dovuto alzare bandiera bianca. L’unico obiettivo rimaneva quello di “affamare l’inceneritore” con l’aumento della differenziata per spegnerlo in futuro, ma con le nuove disposizioni da Roma, ora quella speranza si è trasformata in un miraggio. “E’ evidente che il nostro inceneritore non potrà essere affamato, perché saranno Regione e Governo, attraverso la legge, a stabilire quali rifiuti dovranno essere bruciati nel forno” protesta l’assemblea permanente No inceneritori, che a novembre aveva occupato l’impianto di Ugozzolo, imbrattando i muri con scritte contro il camino e contro il sindaco Pizzarotti. 

La battaglia dell’amministrazione si è spostata contro la proposta della rete integrata di inceneritori per l’Italia. Pizzarotti ha alzato la testa insieme agli altri sindaci dell’Emilia Romagna per evitare che qui arrivino i rifiuti dalle regioni che non sanno come sbarazzarsi della propria immondizia. Insieme agli altri primi cittadini ha scritto al ministro Andrea Orlando e al ministro Flavio Zanonato, al presidente della Regione Vasco Errani e all’assessore Gian Carlo Muzzarelli per chiedere di non penalizzare i territori virtuosi in tema rifiuti come l’Emilia Romagna. Dal 2009 al 2012 nella regione i rifiuti avviati a smaltimento si sono già ridotti del 15 per cento. Gli impianti emiliano-romagnoli hanno una capacità di 1.100.000 tonnellate l’anno, ma nel 2020 il piano prevede che i rifiuti urbani da smaltire saranno solo 650mila tonnellate, a fronte di una riduzione del 25 per cento di produzione di rifiuti e il raggiungimento del 70 per cento di raccolta differenziata.

I sindaci hanno definito “improponibile una programmazione che preveda flussi di rifiuti a livello sovraregionale” perché gli impianti sono stati realizzati in ambito provinciale finanziandoli con le tariffe e con le società di servizi che sono a partecipazione degli enti locali. Il piano nazionale equivarrebbe a mandare in fumo anni di sforzi e sacrifici per i cittadini che hanno pagato le bollette e imparato la raccolta differenziata con la speranza di potere un giorno spegnere gli inceneritori. “I rifiuti da fuori regione romperebbero quel delicato equilibrio tra responsabilità e premialità che sostiene i risultati e i comportamenti dei cittadini” spiegano i sindaci, che tra le altre cose propongono il finanziamento nazionale di impianti di recupero e trattamento dei rifiuti, incentivi economici ai territori che ne producono meno e attuano la differenziata e penalizzazione fiscale per lo smaltimento.

Anche la Regione Lombardia, che recentemente ha votato la progressiva disattivazione dei suoi 13 impianti di termovalorizzazione, si è opposta alla proposta di Roma. L’Emilia Romagna invece tace, in attesa che venga discusso a gennaio 2014 il piano regionale che finora ha creato polemiche e divisioni. Di parole da spendere però ne ha molte l’ex assessore all’Ambiente Sabrina Freda, esautorata da Errani per le sue idee anti-inceneritore, che chiede alla Regione di prendere una posizione come ha fatto la Lombardia. Secondo la segretaria regionale dell’Idv che puntava alla dismissione progressiva degli impianti, con il piano nazionale il danno sarà dei cittadini, che “con la raccolta differenziata libereranno spazio negli inceneritori per rifiuti che arrivano da altre parti d’Italia e che con le loro bollette hanno foraggiato gli inceneritori e continueranno a farlo, anche se bruciano rifiuti altrui, respirando le loro emissioni”. Inoltre c’è il rischio di perdere il controllo sui rifiuti: “Negli impianti potrebbero bruciare anche le ecoballe campane, non ci sarà più sicurezza su quello che arriva”. A incassare – come ricorda Andrea Defranceschi (M5S) – saranno invece Hera, Iren e la Regione: riceveranno soldi grazie allo smaltimento

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