Ho letto la bella intervista di Stefano Feltri a Matteo Renzi. Il segretario del Pd si conferma furbo e scaltro. La prima parte dell’intervista è dedicata al rapporto con il Movimento 5 Stelle. Renzi rilancia la collaborazione e offre spunti inediti. Ci sono molti passaggi che non convincono. Renzi gira a vuoto quando nega di avere proposto un “ricatto” a Grillo (la cosiddetta “sorpresina”: harakiri politico considerevole) e si mostra assai debole quando difende Napolitano per obbligo di partito, fingendo di ignorare che Re Giorgio sta ostacolando anche lo stesso Renzi. Alcune ricostruzioni renziani sono poi abbastanza surreali.
1) Renzi nega al M5S il merito di alcune battaglie come quella sull’articolo 138 della Costituzione, dicendo che senza l’appoggio del Pd non sarebbe accaduto nulla. E’ ovvio che, da solo, M5S non avrebbe bloccato nulla, ma è anche altrettanto inattaccabile che senza M5S nessuno si sarebbe posto il problema su Costituzione, affitti d’oro, webtax, voto palese (che tanti renziani come Boccia non volevano), costi della politica, etc. Negli ultimi giorni del 2013, per salvarsi, Renzi è stato costretto a emulare più volte pedissequamente i Cinque Stelle. In merito poi all’articolo 138 della Costituzione, il dietrofront (come Renzi ammette) è stato di Berlusconi. Non del Pd, che ha provato fino alla fine a sfasciare allegramente la Costituzione.
2) Renzi si arrampica sugli specchi quando dice che non ha rinunciato ai 45 milioni di finanziamento pubblico perché “aspetta i conti del partito”. Non ci rinuncia perché, se lo fa, il Pd muore. Qui le chiacchiere stanno a zero.
3) Renzi dice il falso quando afferma che il Pd ha votato per l’abolizione delle Province e i Cinque Stelle “non solo sono stati contrari ma addirittura hanno fatto ostruzionismo agli ordini del compagno Brunetta”. Il provvedimento approvato alla Camera, e passato grazie a Sel che ha fornito il numero legale alla maggioranza, non abolisce minimamente le Province. Gli cambia nome e le fa diventare “Città Metropolitane”. In alcuni territori coesisteranno province e città metropolitane (e volendo pure i consorzi di comuni). La stessa Corte dei Conti ha già detto che “con questa legge e il conseguente moltiplicarsi di enti, i costi lieviteranno”. Renzi, qui, dice il falso. Fa poi ridere come Renzi si erga ora a paladino dell’abolizione delle Province, avendo fatto a inizio carriera il Presidente di Provincia. Per cinque anni. Durante i quali, giova ricordarlo, con la sua aria paciocca da una parte beccava condanne in primo grado per danno erariale e dall’altra inveiva contro tutti coloro che osavano sostenere che i termovalorizzatori non fossero esattamente aerosol a cielo aperto.
4) Renzi ripete che la priorità è “la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie locali”. Idea discutibile e non necessariamente condivisibile: molto più urgente rinunciare sin d’ora ai “rimborsi elettorali” e operare per una nuova legge elettorale (ma Renzi e M5S pensano a leggi pressoché opposte).
Dov’è però che Matteo Renzi dice qualcosa di nuovo? Anzitutto nel riconoscere che M5S non è solo la forza politica dei microchip e delle scie chimiche, come aveva sin qui sempre sostenuto, ma anche un movimento che sta imparando il mestiere e al cui interno sta crescendo una classe politica preparata e agguerrita, che – a dispetto del renziani – non si limita a premere un pulsante in Aula ma spulcia ogni emendamento. Renzi, un po’ perché lo pensa e un po’ perché gli fa gioco, si mostra adesso più conciliante e per questo rilancia.
E qui si torna al punto di partenza, più volte ribadito in questi lidi: se M5S dice no a priori, sbaglia. Vedere le carte di Renzi è (sarebbe) naturale: se bluffa lo mettono a nudo, se non bluffa ottengono risultati straordinari (per l’Italia, più che per loro). Rifiutare a prescindere il dialogo, sostenendo che Renzi è solo chiacchiere e distintivo, o più che altro solo Jovanotti e Righeira, fa scattare l’applauso facile ma politicamente serve poco. Entrambi dovrebbero provarci: una collaborazione momentanea tra Pd & M5S è esattamente ciò che terrorizza l’establishment Pd, Re Giorgio, Berlusconi, Alfano, Monti e frattaglie residue. Provarci -prima dello showdown elettorale – è doveroso. Imporre con un sms ai parlamentari di non rispondere allo stalker Renzi, come ha fatto il capogruppo alla Camera Federico D’Incà, e dire di “no” con aria sdegnata serve solo a regalare un altro alibi mellifluo a Renzi e media renziani (quasi tutti): “Noi ci abbiamo provato, ma loro sanno dire solo no”. E’ già accaduto con Bersani a marzo: perché fare i Tafazzi un’altra volta?
Andrea Scanzi
Giornalista e scrittore
Politica - 3 Gennaio 2014
Renzi fa il furbo e rilancia. E adesso M5S che fa?
Ho letto la bella intervista di Stefano Feltri a Matteo Renzi. Il segretario del Pd si conferma furbo e scaltro. La prima parte dell’intervista è dedicata al rapporto con il Movimento 5 Stelle. Renzi rilancia la collaborazione e offre spunti inediti. Ci sono molti passaggi che non convincono. Renzi gira a vuoto quando nega di avere proposto un “ricatto” a Grillo (la cosiddetta “sorpresina”: harakiri politico considerevole) e si mostra assai debole quando difende Napolitano per obbligo di partito, fingendo di ignorare che Re Giorgio sta ostacolando anche lo stesso Renzi. Alcune ricostruzioni renziani sono poi abbastanza surreali.
1) Renzi nega al M5S il merito di alcune battaglie come quella sull’articolo 138 della Costituzione, dicendo che senza l’appoggio del Pd non sarebbe accaduto nulla. E’ ovvio che, da solo, M5S non avrebbe bloccato nulla, ma è anche altrettanto inattaccabile che senza M5S nessuno si sarebbe posto il problema su Costituzione, affitti d’oro, webtax, voto palese (che tanti renziani come Boccia non volevano), costi della politica, etc. Negli ultimi giorni del 2013, per salvarsi, Renzi è stato costretto a emulare più volte pedissequamente i Cinque Stelle. In merito poi all’articolo 138 della Costituzione, il dietrofront (come Renzi ammette) è stato di Berlusconi. Non del Pd, che ha provato fino alla fine a sfasciare allegramente la Costituzione.
2) Renzi si arrampica sugli specchi quando dice che non ha rinunciato ai 45 milioni di finanziamento pubblico perché “aspetta i conti del partito”. Non ci rinuncia perché, se lo fa, il Pd muore. Qui le chiacchiere stanno a zero.
3) Renzi dice il falso quando afferma che il Pd ha votato per l’abolizione delle Province e i Cinque Stelle “non solo sono stati contrari ma addirittura hanno fatto ostruzionismo agli ordini del compagno Brunetta”. Il provvedimento approvato alla Camera, e passato grazie a Sel che ha fornito il numero legale alla maggioranza, non abolisce minimamente le Province. Gli cambia nome e le fa diventare “Città Metropolitane”. In alcuni territori coesisteranno province e città metropolitane (e volendo pure i consorzi di comuni). La stessa Corte dei Conti ha già detto che “con questa legge e il conseguente moltiplicarsi di enti, i costi lieviteranno”. Renzi, qui, dice il falso. Fa poi ridere come Renzi si erga ora a paladino dell’abolizione delle Province, avendo fatto a inizio carriera il Presidente di Provincia. Per cinque anni. Durante i quali, giova ricordarlo, con la sua aria paciocca da una parte beccava condanne in primo grado per danno erariale e dall’altra inveiva contro tutti coloro che osavano sostenere che i termovalorizzatori non fossero esattamente aerosol a cielo aperto.
4) Renzi ripete che la priorità è “la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie locali”. Idea discutibile e non necessariamente condivisibile: molto più urgente rinunciare sin d’ora ai “rimborsi elettorali” e operare per una nuova legge elettorale (ma Renzi e M5S pensano a leggi pressoché opposte).
Dov’è però che Matteo Renzi dice qualcosa di nuovo? Anzitutto nel riconoscere che M5S non è solo la forza politica dei microchip e delle scie chimiche, come aveva sin qui sempre sostenuto, ma anche un movimento che sta imparando il mestiere e al cui interno sta crescendo una classe politica preparata e agguerrita, che – a dispetto del renziani – non si limita a premere un pulsante in Aula ma spulcia ogni emendamento. Renzi, un po’ perché lo pensa e un po’ perché gli fa gioco, si mostra adesso più conciliante e per questo rilancia.
E qui si torna al punto di partenza, più volte ribadito in questi lidi: se M5S dice no a priori, sbaglia. Vedere le carte di Renzi è (sarebbe) naturale: se bluffa lo mettono a nudo, se non bluffa ottengono risultati straordinari (per l’Italia, più che per loro). Rifiutare a prescindere il dialogo, sostenendo che Renzi è solo chiacchiere e distintivo, o più che altro solo Jovanotti e Righeira, fa scattare l’applauso facile ma politicamente serve poco. Entrambi dovrebbero provarci: una collaborazione momentanea tra Pd & M5S è esattamente ciò che terrorizza l’establishment Pd, Re Giorgio, Berlusconi, Alfano, Monti e frattaglie residue. Provarci -prima dello showdown elettorale – è doveroso. Imporre con un sms ai parlamentari di non rispondere allo stalker Renzi, come ha fatto il capogruppo alla Camera Federico D’Incà, e dire di “no” con aria sdegnata serve solo a regalare un altro alibi mellifluo a Renzi e media renziani (quasi tutti): “Noi ci abbiamo provato, ma loro sanno dire solo no”. E’ già accaduto con Bersani a marzo: perché fare i Tafazzi un’altra volta?
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M5S a Renzi: “Solo spot e figuracce. Dove sono i fatti?”. Di Maio: “Teme di perdere”
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Grillo: “Ue moderna dittatura che si autolegittima. Ecco i 7 punti per l’Europa”
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "I continui rinvii del governo Meloni sembravano indirizzati a portare a compimento qualcosa di più della semplice propaganda, ma invece si va verso il nulla. Tre miliardi rispetto alla marea di aumenti sulle bollette sono davvero poca cosa, quasi una presa in giro. Milioni di cittadini stanno subendo rincari di quasi il 40%, migliaia di aziende rischiano la chiusura e altrettanti lavoratori il proprio posto. Ma d'altronde sbagliamo noi a stupirci. Per il governo Meloni il modello d'imprenditoria è quello della ministra Santanchè. Sbaglia chi si spacca la schiena come i cittadini che cercano di far quadrare i conti a fine mese o le imprese che fanno di tutto per stare sul mercato. Per Giorgia Meloni la cosa migliore è cercare qualche santo in paradiso o, meglio ancora, qualche amicizia che conti". Così in una nota Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S alla Camera.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Ci sono modalità diverse con le quali ci si rapporta a Trump. Credo che la presidente Meloni senta la responsabilità di essere un ponte fra l'Europa e l'America dati i suoi buoni rapporti con Trump". Lo ha detto l'eurodeputata di Fi, Letizia Moratti, a Otto e mezzo su La7.
"Sul tema dei dazi, credo che Trump sia uno shock per l'Europa, uno stimolo positivo perché l'Ue può mettere in atto le riforme richieste nel rapporto Draghi e Letta che chiedono un'Europa più competitiva, più favorevole agli investimenti, con una transizione energetica sostenibile e quindi in grado di sostenere il welfare."
"Siamo alleati storici degli Usa - continua Moratti - e in questo momento dobbiamo avere la consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un presidente eletto ed anche amato dai cittadini americani. L'Europa non può permettersi di non avere un dialogo con Trump. Sono moderata e liberale e il suo stile non mi appartiene ma nell'ambito del mio ruolo di parlamentare europea credo sia dovere rispondergli con fermezza e immediatezza ma cercando sempre il dialogo che porta vantaggi reciproci, come ha detto oggi la presidente Metsola."
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Nel momento in cui Donald Trump "fa saltare l'ordine internazionale basato sul multilateralismo" e "mette a rischio l'unità europea", è importante non far mancare "il nostro sostegno all'Ucraina" parallelamente ai negoziati che "non potranno coinvolgere Europa e Ucraina". Così Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare, alla Direzione del Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Il giorno in cui Eni annuncia un utile di 14,3 miliardi di euro, la maggioranza presenta un decreto truffa che non affronta la vera questione di come ridurre il peso delle bollette. Il Governo Meloni per aiutare veramente le famiglie italiane avrebbe dovuto tassare gli extraprofitti, rivedere la decisione di trasferire 4,5 milioni di famiglie dal mercato tutelato a quello libero, e puntare sulle rinnovabili invece che sul gas". Così Angelo Bonelli, Co-Portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
"La realtà dei fatti resta una sola: il governo di Giorgia Meloni ha favorito i grandi colossi energetici, che hanno accumulato extraprofitti per oltre 60 miliardi di euro, mentre le famiglie italiane hanno visto raddoppiare le bollette e molte sono costrette a non riscaldarsi per paura di non poterle pagare".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Benissimo il governo sulle bollette: previsti tre miliardi che andranno a sostegno di imprese e almeno 8 milioni di famiglie. Dalle parole ai fatti”. Così Armando Siri, Consigliere per le politiche economiche del Vicepremier Matteo Salvini e coordinatore dipartimenti Lega.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Alcune veloci considerazioni a partire dalle cose che credo vadano meglio precisate. La prima: non siamo stati e non siamo di fronte a postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della ue. È stato Putin a rifiutare sempre ogni dialogo, quel dialogo che oggi riconosce a Trump perché lo legittima come suo alleato", Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.
"Occorre spingere con forza per un’autonomia strategica e politica dell’Europa, iniziando subito il percorso di cooperazione sulla difesa perché non saranno le buone intenzioni a rendere forte l’Unione Europea ma la capacità di imporsi e esercitare deterrenza, non escludendo nessuna opzione che sarà necessario adottare e che sarà stabilita in quadro di solidarietà europea".
"Per noi, democratici e europei, è il tempo di decidere - aggiunge Picierno- se essere solo un pezzetto di un Risiko in cui altri tirano i dadi o se essere un continente libero e forte. E va chiarito tanto ai nemici della democrazia quanto ai nostri alleati, senza perdere altro tempo e senza cincischiare noi: l’unica lotta che definisce il nostro tempo e il campo della politica, oggi, è quella dell’europeismo e in difesa delle democrazie liberali e delle libertà dei popoli".
"Siamo noi tutti in questo campo? Pensiamo ad un'alternativa alla destra che parta da questo campo? A me onestamente non è ancora chiaro. Sarei felice di essere smentita, ovviamente. Ma servono parole chiare che vanno pronunciate senza più giocare a nascondino. Crediamo tutti in un’Europa competitiva, con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano politico e militare? Perchè questa è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Non domani, oggi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni, "nell’incontro di Parigi c’era in ritardo e di malavoglia. Intanto partecipa con trasporto e passione agli incontri della destra mondiale che considera l’Europa un incidente della storia. A Kyiv alle celebrazioni per il terzo anno della resistenza, non c’era proprio. A dir il vero ero sola proprio come italiana, ma con tanti colleghi progressisti e socialisti, c’era il mondo libero, i leader e parlamentari progressisti consapevoli della sfida che abbiamo di fronte e che il tempo di agire è ora". Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.