A Lisbona il nuovo anno comincia male: lo Stato metterà le mani in tasca a tutti i pensionati, senza eccezione. Il governo di Pedro Passos Coelho ha approvato una nuova norma per la legge di bilancio, già entrata in vigore, che impone un “contributo straordinario di solidarietà” (Ces) a tutti i pensionati e ulteriori sforbiciate ai settori già tagliati lo scorso anno. È stata questa la misura alternativa pensata dall’esecutivo conservatore, dopo che la Corte Costituzionale aveva dichiarato “illegali” i tagli del 10 % sulle pensioni dei funzionari statali, con un risparmio significativo che il governo voleva ottenere per rispettare gli accordi con Bruxelles. Una manovra da 390 milioni di euro che riguarderà gli assegni previdenziali pubblici e privati sopra una certa soglia, necessaria per raggiungere l’obiettivo, non centrato, del 4 % del rapporto deficit-Pil nel 2013. Senza questo obiettivo, il Portogallo non potrà usufruire della tranche da 2,7 miliardi di euro prevista dal piano di aiuti messo in atto da Unione europea, Bce e Fmi.
Il Ces così come è stato pensato, prevede un taglio dal 3,5 al 10 % sulle pensioni al di sopra dei 1350 euro. Ma il Consiglio dei ministri ha pensato bene di riformulare la questione e allargare a tutti i pensionati pubblici e privati il prelievo forzoso. Il provvedimento – che sarà discusso in Parlamento il prossimo 22 gennaio insieme a una nuova formula di calcolo per le future pensioni – eviterà, secondo il governo portoghese, un aumento delle tasse che avrebbe messo a rischio la ripresa economica.
Ma l’opposizione e i sindacati hanno già parlato di “misura immorale” che colpisce il potere d’acquisto delle famiglie. Tanto più che i tagli imposti in questi anni hanno lasciato tracce pesanti: imposte sempre più alte, niente paga extra ai funzionari e ai pensionati, diminuzione dei salari e innalzamento dell’Iva (fino al 23%) che ha quasi fatto sparire la classe media. Senza contare che più di 120mila portoghesi hanno abbandonato il Paese nel 2012 e che si prevede una cifra superiore per il 2013, in gran parte dovuto a quel 17% di disoccupazione. Così, nonostante i venti favorevoli del mercato (Lisbona è tornata sui mercati per collocare titoli di Stato a 5 anni), il Portogallo potrebbe uscire dal programma di aiuti zoppicante.
Al momento, infatti, l’opzione considerata più probabile è che il Paese chieda una linea precauzionale di credito una volta che sarà completato il suo programma di aiuto da 78 miliardi di euro concordato tre anni fa con la comunità internazionale, così come ventilato anche nell’annuncio fatto dal presidente portoghese Anibal Cavaco Silva. “Ci sono le ragioni per credere che il Portogallo non avrà bisogno di un secondo piano di salvataggio” ha dichiarato nel suo messaggio di fine anno, ma “un programma di sicurezza è una cosa diversa. Potremmo contare sui nostri partner europei per aver accesso ai mercati finanziari”, ha aggiunto. E Olli Rehn, il commissario europeo che si occupa degli affari economici, ha spiegato che l’Ue è pronta a dare al Paese “un aiuto supplementare” a condizione che Lisbona “continui le riforme già in corso”. Insomma il programma deve essere concluso con successo, fanno capire da Buxelles, ma questo solo grazie a un buon bilancio di Stato. E la misura “forzosa” per tappare il buco di 390 milioni di euro, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, servirà proprio a questo.
Silvia Ragusa @si_ragu