Alcuni esponenti dell’Anpi vogliono ritirargli la tessera associativa, ma da destra a sinistra piovono consensi di chi va a teatro a vedere il suo spettacolo. Lo spettacolo è Magazzino 18, il protagonista è Simone Cristicchi, che l’ha scritto assieme a Jan Bernas, per la regia di Antonio Calenda. Parla delle vicende istriane sul finire della Seconda guerra mondiale.
Il Magazzino 18 è un edificio realmente esistente nel porto vecchio di Trieste, dove furono portati e custoditi mobili e masserizie dei trecentocinquantamila esuli istriani, mai recuperati dai proprietari per oltre sessant’anni. Un luogo o, meglio, un cimitero della memoria.
Ho pensato così di fare quattro chiacchiere con Simone. Partendo dalle sue canzoni e dalla sua poetica, è venuto fuori come quest’opera nasca dal suo percorso d’autore, con un motivo di fondo: far emergere un capitolo da troppo tempo insabbiato e scomodo della storia d’Italia; far venire la voglia di approfondire.
Per il momento pare che la cosa stia riuscendo, visto che si moltiplicano le date, lo spettacolo sarà messo in onda nel “Giorno del ricordo”, il 10 febbraio su Rai Uno in seconda serata e il 4 febbraio diventerà un libro edito da Mondadori.
Lo spettacolo è fatto di canzoni inedite, scritte per esso. Quanto è stato differente dal modo di scrivere tuo solito?
Molto differente. Alcune canzoni sono nate da una pagina di monologo, quindi sono venute fuori dalla prosa; oppure per esempio il caso del controesodo dei monfalconesi è diventata una specie di marcia, per la quale mi sono ispirato ai canti degli operai che già avevo frequentato in altri spettacoli. Il difficile è stato cercare di scrivere canzoni non retoriche e che dessero importanza alla memoria, per una vicenda come questa, senza colore politico. Ed è difficile da fare senza scivolare nel patetismo.
Io credo che ci sia molto della tua poetica in Magazzino 18, quella del tuo ultimo disco Album di famiglia: valori familiari, dal basso, perché tutta la vicenda sostanzialmente parla di cose accadute alla povera gente, intere famiglie che se ne andavano.
Sì e pensa che nel Magazzino 18 a Trieste c’è il contenuto di intere case. Ti sembra di entrare nelle abitazioni delle persone, nell’intimità, dove oltre ai mobili trovi anche le lettere d’amore o le pagelle scolastiche. Quindi sì, c’è il senso della famiglia, e la cosa particolare è che nel primo magazzino ogni famiglia aveva il proprio “recinto” con dentro le proprie masserizie. Nello spostamento da un magazzino all’altro, tutte queste cose si sono mescolate tra loro, come un terremoto, come un’ulteriore distruzione di un’identità.
Un tuo tema ricorrente si cala perfettamente nello spettacolo: voler ricostruire o preservare le identità perdute. Brani come Angelo custode, L’ultimo valzer – credo la tua migliore canzone – o Laura raccontano della voglia di proteggere, risarcire o riabilitare cose, vicende o situazioni ingiustamente violentate dalla storia, ridare dignità a situazioni consunte, no?
Così è cominciato tutto, sin da quando ho iniziato a raccogliere testimonianze sul manicomio; così è nata Ti regalerò una rosa. Lì ho percepito questo enorme patrimonio di paure e di ricordi che sono gli anziani. Ma fotografare una memoria è una cosa complicata: è successo per Mio nonno è morto in guerra e anche per Magazzino 18, dove per esempio ho unito in uno dei personaggi i due mondi: il manicomio e l’esodo, anche perché molti esuli non hanno retto il trauma dello sradicamento e sono finiti in manicomio o nel campo profughi.
Con questo spettacolo hai toccato il nervo scoperto del paradosso della situazione storica, perciò credo che la difficoltà maggiore sia stata quella di contestualizzare allo spettatore la situazione stessa, partire da ciò che è successo e farlo diventare arte, no?
Infatti la cosa più complicata è stata raccontare la situazione storica. Il rischio era ovviamente quello di annoiare e quindi abbiamo sintetizzato un arco di tempo di quarant’anni in cinque minuti di orologio. Anche da qui sono nate diverse critiche, perché sono stato accusato di aver dimenticato, o addirittura omesso di dire certe cose: io non ho omesso niente, ho solo avuto rispetto di un pubblico che viene a teatro, non ad ascoltare una conferenza, ma a emozionarsi, a provare rabbia, a ridere. Lo spettacolo vuole essere anche uno spunto per incuriosire la gente ad approfondire questa storia. Di certo non volevo fare lo storico.
Anche perché in Magazzino 18 la forza poetica, nel senso più generale e alto del termine, sta nel voler evidenziare come la storia pretenda oggettività umana e non un colore ideologico…
Sì, infatti e, proprio alla luce delle polemiche di questi giorni, di alcuni esponenti dell’Anpi che vogliono togliermi la tessera per esempio, io ho sempre sognato un mondo in cui ci sia una memoria condivisa: come esiste sull’Olocausto, dovrebbe esistere anche per queste persone che sono state sotterrate da sessant’anni di silenzio. Chiaramente la memoria non può essere condivisa del tutto, perché non si può contrapporre un dolore a un altro dolore, però non si può nemmeno giustificare un crimine con un altro crimine. E l’orrore è che qualcuno pensi che le foibe siano stato un atto giusto, come conseguenza o una vendetta ai vent’anni di soprusi del Fascismo: questo è abominevole. Io credo che vadano condannati entrambi i crimini, senza metterli in relazione tra loro.
Secondo me la bellezza dello spettacolo sta anche nella voglia di “cantare” questi fatti, per farli conoscere. La famosa canzone impegnata – come si diceva un tempo – o “necessaria”, sei d’accordo?
Sì. Sai qual è infatti il mio unico rimpianto? Che quando ho scritto Magazzino 18, la canzone inserita nell’album, avessi già mandato i due pezzi per Sanremo 2013, e invece sarebbe stato il caso di dare a questa storia una cassa di risonanza immensa come Sanremo.
Paolo Talanca
Critico musicale
Cultura - 13 Gennaio 2014
Cristicchi a teatro con Magazzino 18 tra foibe ed esodo istriano
Il Magazzino 18 è un edificio realmente esistente nel porto vecchio di Trieste, dove furono portati e custoditi mobili e masserizie dei trecentocinquantamila esuli istriani, mai recuperati dai proprietari per oltre sessant’anni. Un luogo o, meglio, un cimitero della memoria.
Ho pensato così di fare quattro chiacchiere con Simone. Partendo dalle sue canzoni e dalla sua poetica, è venuto fuori come quest’opera nasca dal suo percorso d’autore, con un motivo di fondo: far emergere un capitolo da troppo tempo insabbiato e scomodo della storia d’Italia; far venire la voglia di approfondire.
Per il momento pare che la cosa stia riuscendo, visto che si moltiplicano le date, lo spettacolo sarà messo in onda nel “Giorno del ricordo”, il 10 febbraio su Rai Uno in seconda serata e il 4 febbraio diventerà un libro edito da Mondadori.
Lo spettacolo è fatto di canzoni inedite, scritte per esso. Quanto è stato differente dal modo di scrivere tuo solito?
Molto differente. Alcune canzoni sono nate da una pagina di monologo, quindi sono venute fuori dalla prosa; oppure per esempio il caso del controesodo dei monfalconesi è diventata una specie di marcia, per la quale mi sono ispirato ai canti degli operai che già avevo frequentato in altri spettacoli. Il difficile è stato cercare di scrivere canzoni non retoriche e che dessero importanza alla memoria, per una vicenda come questa, senza colore politico. Ed è difficile da fare senza scivolare nel patetismo.
Sì e pensa che nel Magazzino 18 a Trieste c’è il contenuto di intere case. Ti sembra di entrare nelle abitazioni delle persone, nell’intimità, dove oltre ai mobili trovi anche le lettere d’amore o le pagelle scolastiche. Quindi sì, c’è il senso della famiglia, e la cosa particolare è che nel primo magazzino ogni famiglia aveva il proprio “recinto” con dentro le proprie masserizie. Nello spostamento da un magazzino all’altro, tutte queste cose si sono mescolate tra loro, come un terremoto, come un’ulteriore distruzione di un’identità.
Un tuo tema ricorrente si cala perfettamente nello spettacolo: voler ricostruire o preservare le identità perdute. Brani come Angelo custode, L’ultimo valzer – credo la tua migliore canzone – o Laura raccontano della voglia di proteggere, risarcire o riabilitare cose, vicende o situazioni ingiustamente violentate dalla storia, ridare dignità a situazioni consunte, no?
Così è cominciato tutto, sin da quando ho iniziato a raccogliere testimonianze sul manicomio; così è nata Ti regalerò una rosa. Lì ho percepito questo enorme patrimonio di paure e di ricordi che sono gli anziani. Ma fotografare una memoria è una cosa complicata: è successo per Mio nonno è morto in guerra e anche per Magazzino 18, dove per esempio ho unito in uno dei personaggi i due mondi: il manicomio e l’esodo, anche perché molti esuli non hanno retto il trauma dello sradicamento e sono finiti in manicomio o nel campo profughi.
Con questo spettacolo hai toccato il nervo scoperto del paradosso della situazione storica, perciò credo che la difficoltà maggiore sia stata quella di contestualizzare allo spettatore la situazione stessa, partire da ciò che è successo e farlo diventare arte, no?
Infatti la cosa più complicata è stata raccontare la situazione storica. Il rischio era ovviamente quello di annoiare e quindi abbiamo sintetizzato un arco di tempo di quarant’anni in cinque minuti di orologio. Anche da qui sono nate diverse critiche, perché sono stato accusato di aver dimenticato, o addirittura omesso di dire certe cose: io non ho omesso niente, ho solo avuto rispetto di un pubblico che viene a teatro, non ad ascoltare una conferenza, ma a emozionarsi, a provare rabbia, a ridere. Lo spettacolo vuole essere anche uno spunto per incuriosire la gente ad approfondire questa storia. Di certo non volevo fare lo storico.
Sì, infatti e, proprio alla luce delle polemiche di questi giorni, di alcuni esponenti dell’Anpi che vogliono togliermi la tessera per esempio, io ho sempre sognato un mondo in cui ci sia una memoria condivisa: come esiste sull’Olocausto, dovrebbe esistere anche per queste persone che sono state sotterrate da sessant’anni di silenzio. Chiaramente la memoria non può essere condivisa del tutto, perché non si può contrapporre un dolore a un altro dolore, però non si può nemmeno giustificare un crimine con un altro crimine. E l’orrore è che qualcuno pensi che le foibe siano stato un atto giusto, come conseguenza o una vendetta ai vent’anni di soprusi del Fascismo: questo è abominevole. Io credo che vadano condannati entrambi i crimini, senza metterli in relazione tra loro.
Secondo me la bellezza dello spettacolo sta anche nella voglia di “cantare” questi fatti, per farli conoscere. La famosa canzone impegnata – come si diceva un tempo – o “necessaria”, sei d’accordo?
Sì. Sai qual è infatti il mio unico rimpianto? Che quando ho scritto Magazzino 18, la canzone inserita nell’album, avessi già mandato i due pezzi per Sanremo 2013, e invece sarebbe stato il caso di dare a questa storia una cassa di risonanza immensa come Sanremo.
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
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"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.