Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economyè al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.
Roberto Marchesi
Politologo, studioso di macroeconomia
Economia & Lobby - 14 Gennaio 2014
Welfare made in Usa: più semplice fare guerra ai poveri che alla povertà
Negli Stati Uniti ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della firma, messa dal presidente Lyndon Baines Johnson, su quella che in America viene considerata la più importante e popolare serie di riforme del sistema sociale americano. Lui battezzò tutte insieme queste riforme con due nomi estremamente significativi di quello che si proponeva di creare: “The Great Society” (la grande società) e “The War on Poverty” (la guerra alla povertà) per indicare una società evoluta anche socialmente e priva di sacche di povertà e miseria. Quelle riforme rivoluzionarono veramente il sistema sociale americano portandolo ad avvicinarsi ai progressi sociali ottenuti in Europa grazie anche al New Deal economico americano.
L’idea di Lyndon Johnson di costruire una Grande Società, più giusta nell’eguaglianza e nelle opportunità, conducendo contemporaneamente una dichiarata Guerra alla Povertà, che reclamava diritti di dignità sociale anche ai più poveri ed emarginati, ha permesso di avviare con il sostegno popolare la creazione di riforme di portata storica: il “Medicare”, cioè il sistema sanitario nazionale assegnato (con alcuni limiti ed eccezioni) ai cittadini americani che raggiungono il 65° anno di età; il “Medicaid” quello che provvede alle cure mediche dei poveri in canna; i “Food Stamps”, ovvero dei buoni pasto utilizzabili dai poveri per gli acquisti alimentari; lo “Head Start” (partenza), cioè la protezione del diritto allo studio anche per i figli dei poverissimi; i “Community Health Centers”, cioè degli ambulatori sanitari che danno assistenza medica anche a chi non ha i mezzi o le regolari condizioni di residenza per l’accesso alle normali strutture sanitarie americane (tutte private); infine l’“Holder Americans Act” che provvede a raggiungere con cure e/o alimenti gli anziani disabili incapaci di raggiungere i normali luoghi di assistenza.
Si ricorda che il presidente Johnson, un texano doc, fu catapultato alla presidenza americana nel 1963 dall’assassinio del presidente Kennedy, di cui lui era il vice, ma poi fu eletto per il suo secondo mandato nel 1964 in regolari elezioni nelle quali ha ottenuto un grande supporto popolare. Si ricorda peraltro che il successore di Johnson fu il presidente Nixon, che tutti ricordano per essere stato l’unico presidente costretto a dimissioni prima della fine del suo mandato (a causa dello scandalo del “Watergate”).
Eppure persino il repubblicano Nixon, durante la sua presidenza, continuò nella politica di grandi riforme avviata da Johnson e fu ad un passo dal far passare una riforma sanitaria che, se approvata, sarebbe stata persino migliore di quella che l’attuale presidente Obama sta faticosamente cercando di portare a compimento cercando di superare i continui ostacoli e tentativi di boicottaggio dei suoi avversari politici.
Naturalmente, a ricordare il 50° delle riforme volute da Lyndon Johnson, che esaltano il ruolo del governo americano nell’incombenza di proteggere i deboli e i poveri dallo spettro della povertà assoluta e della disuguaglianza, sono principalmente i politici del partito democratico americano, dato che quelli del partito repubblicano sono invece da molti anni ormai pervicacemente ancorati alla convinzione (vera o finta che sia) che lo Stato e il Governo non possono mai essere la soluzione ai problemi del paese, ma sono invece loro stessi “il problema”.
Ovviamente, è persino superfluo precisare che, senza lo Stato e senza il governo, sarebbe l’anarchia. Nessun presidente con la testa sulle spalle pronuncerebbe mai una simile sciocchezza. Eppure sulla bocca di Ronald Reagan questa sciocchezza divenne subito uno slogan vincente e dirompente, e prospera tuttora nella politica di quelli che se ne fregano dei problemi sociali, delle disuguaglianze, delle sofferenze dei poveri e si preoccupano invece solo di difendere gli interessi delle categorie dei super-benestanti, sposando la tesi che quando si produce ricchezza questa ricade sempre in qualche modo nella società portando benefici a tutti i livelli.
Se qualcosa di vero poteva esserci in questa teoria, quando lavoratori e imprese risiedevano entrambi nella stessa nazione, ora che siamo in pieno trionfo di globalizzazione industriale, commerciale e finanziaria, quella teoria non ha più alcun fondamento. Solo con una seria politica di redistribuzione della ricchezza si potra’ evitare alle economie occidentali un ciclo depressivo lunghissimo e dalle conseguenze disastrose.
Sta di fatto comunque che, di quegli illuminati ideali di 50 anni fa, rivolti ad una crescita equilibrata della nazione attraverso la protezione delle fasce più deboli della popolazione e attraverso una equilibrata redistribuzione della ricchezza prodotta, ormai non solo non rimane più nulla, ma ci troviamo in piena inversione di tendenza: è ai poveri che ora fanno la “guerra” gli ideologi del liberismo democratico, sostenendo che i fondamenti sociali fanno più bene che male, perché tolgono ai soggetti che li ricevono lo stimolo a ricercare in proprio la via della ripresa.
È chiaro che questa affermazione contiene un fondo di verità innegabile, ma per onestà intellettuale si dovrebbe anche riconoscere che ci sono situazioni (e ormai sono la grande maggioranza) che non possono essere risolte dai singoli, perché il singolo è emarginato in un cerchio che da solo non può spezzare.
In periodo di crisi le imprese sono più propense a licenziare che ad assumere. È un fatto del tutto naturale imposto dalla libertà del mercato. Nessun privato imprenditore assume qualcuno per le sole ragioni sociali. Non solo, ma per via del progresso tecnologico e della concorrenza spietata della globalizzazione, anche la disponibilità dei disoccupati a fare lavori più umili o peggio retribuiti non trova spesso alcuna possibilità di collocazione. A parte il fatto, comunque, (che qualunque persona con un briciolo di intelligenza dovrebbe capire agevolmente) che il percorso in salita nella scala sociale è piacevole per chiunque, mentre quello in discesa è tremendo e non piace a nessuno.
Eppure tanto in America, ma ancor più in Europa di questi tempi, si sentono in continuazione “cornacchie”, non solo politiche, pronte a castigare “moralmente” quei lavoratori che non si dichiarano disposti a fare questo percorso sociale a ritroso severamente punitivo.
Ma è forse colpa dei lavoratori e dei poveri se la società moderna è arrivata a questo punto di egoismo e ingordigia dove qualcuno guadagna miliardi (non sempre onestamente) mentre milioni di persone oneste e senza alcuna colpa vengono invece immesse nel vicolo cieco della povertà programmata?
Eppure questa è la triste realtà di questo inizio di terzo millennio: un ritorno alle disuguaglianze e ai privilegi del medioevo. Oggi invece che i nobili abbiamo i ricchissimi, ma la sostanza non cambia. E certi politici, che dovrebbero difendere le conquiste civili e sociali raggiunte nel secolo scorso dalla loro popolazione, trovano più facile aggrapparsi alle sciocchezze di certi slogan di fine secolo per far la guerra ai poveri, piuttosto che fare seriamente guerra alla povertà, come il progresso civile dovrebbe imporrebbe a tutti coloro che assumono un ruolo di guida nella società.
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Maltempo, allerta rossa in Toscana ed Emilia-Romagna: Arno in piena, attesa per il picco. A Prato e Campi Bisenzio chiusi negozi e aziende
Verona, 14 mar. - (Adnkronos) - "LetExpo è un evento molto importante perché sono presenti tutti gli attori della filiera logistica e per noi essere qui a questi tavoli di confronto è estremamente positivo e utile. Diventa un’occasione per poter valutare quello che stiamo facendo nei nostri porti. A Palermo, in particolare, stiamo portando avanti in questo momento una serie di progetti molto importanti nel settore della sostenibilità. Abbiamo avviato un progetto, con un partner economico privato, per creare una comunità energetica per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma stiamo andando avanti anche per l’elettrificazione delle banchine. Contiamo, da qui al prossimo anno, di avere ben cinque banchine disponibili per potere alimentare le navi elettricamente quando sono ormeggiate al porto di Palermo, dieci in tutto il network”. Lo ha sottolineato
Luca Lupi, segretario generale dell'Autorità di sistema portuale Mar di Sicilia Occidentale, al termine della conferenza dal titolo “Il mondo della green e blue economy” nel quale si è parlato dei progetti di sostenibilità all’interno dell’economia del mare. L’incontro era inserito nel programma di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
“Ringrazio il presidente di Alis, Guido Grimaldi, e il suo staff per l’invito che mi ha dato la possibilità di un confronto su argomenti su cui si gioca il futuro del mondo intero, soprattutto in questo momento di grande instabilità. In questo contesto ho esposto i passi avanti compiuti dal nostro progetto di “smart port” e gli interventi in corso, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello dell’innovazione tecnologica e digitale. Solo attraverso politiche globali e investimenti sull’innovazione potremo raggiungere la totale decarbonizzazione" conclude Lupi.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Da questa quattro giorni a Verona portiamo a casa un messaggio importante: siamo d'accordo sulla sostenibilità ambientale, ma il Green deal, esasperando i temi dell'iper-tassazione, è lontano dalle esigenze reali delle aziende e purtroppo non produce effetti positivi. È necessario un equilibrio tra sostenibilità economica e sostenibilità sociale per ridare competitività alle nostre aziende e all'Europa che, in questo momento, ha bisogno di una spinta economica importante anche per rivendicare un ruolo determinante nella logica dell'economia mondiale". Ad affermarlo è Marcello Di Caterina, vicepresidente e direttore generale dell’Associazione logistica intermodalità sostenibile (Alis), partecipando alla penultima giornata di LetExpo 2025, la fiera dedicata al trasporto, alla logistica sostenibile e ai servizi alle imprese, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
La manifestazione, giunta alla quarta edizione, con il suo programma ricco di talk, ha dato un'occasione di confronto agli attori del settore per confrontarsi ed esprimere le esigenze di un comparto molto importante per l’economia del Paese. Si è discusso anche di dazi che per Di Caterina "non funzionano e non possono funzionare". "L'epoca del proibizionismo è assolutamente distante - ricorda - Ha prodotto danni in passato e non vedo perché non debba produrne oggi attraverso una serie di scelte sbagliate che arrivano dall'Europa, dall'America, dalla Cina”, avverte il vicepresidente di Alis.
Forte la presenza delle istituzioni a LetExpo che con la loro presenza hanno "voluto ascoltare la voce degli imprenditori - commenta Di Caterina - Questo vuol dire che la manifestazione serve soprattutto a rilanciare il confronto tra la politica e le imprese. Un confronto che deve portare sui tavoli istituzionali le istanze che arrivano dal settore e soprattutto, le soluzioni per garantire continuità a un processo di crescita che interessa tutta la logistica e tutto il mondo del trasporto a 360 gradi. Un settore - ricorda - che incide per il 10% sul Pil nazionale" conclude Di Caterina.
Verona, 14 mar. (Labitalia) - “Nell’agenda politica europea la semplificazione normativa è in alto, nonostante tutte le difficoltà geopolitiche. A Dombrovskis, commissario europeo per l’economia, ho proposto di stabilire un ponte. Di invertire un metodo perché le norme europee vanno trattate a monte e non doverle adattare dopo al nostro sistema normativo. Ho chiesto di avere un confronto prima di stabilire le norme e la proposta è stata accolta. Abbiamo stabilito un tavolo tecnico composto dai tecnici dell’ufficio legislativo italiano e da quelli europei, ci sarà un incontro a Roma. Stabiliremo, insieme alle categorie economiche, quali sono gli snodi vitali per liberare le potenzialità che ci sono dalle pastoie della burocrazia”. Queste le parole di Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, ospite della quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
“La semplificazione normativa è una straordinaria leva di carattere economico. Gli imprenditori sanno bene cosa la burocrazia costituisce per loro, si tratta di un vero e proprio freno a mano. Secondo le statistiche elaborate dalla Cgia di Mestre, la mala burocrazia costa 80 miliardi di euro all’anno agli imprenditori e 225 miliardi di euro all’anno alle imprese e alle famiglie. Sono numeri incredibili, noi dovremmo premiare gli imprenditori perché questi passaggi e tempi lunghi a volte li costringono a desistere dalle loro iniziative. Ci avviamo verso una sburocratizzazione importante per le imprese”, ha sottolineato Casellati.
“Il premierato è una straordinaria leva di carattere economico. Ha due capisaldi. Il primo è la stabilità del governo e il secondo l’elezione diretta che ridà ai cittadini voce e la sovranità riconosciuta dalla costituzione italiana”.
“Stabilità significa credibilità a livello internazionale, attrattività di investimenti dall’estero, fiducia dei mercati, poter programmare il futuro di cittadini e imprese. Senza stabilità non si può fare nulla di tutto questo. Il premierato attraverso la stabilità impatta direttamente coi problemi del Paese perché nessuna riforma può andare a termine se non c’è stabilità politica. Questo è un problema reale, non astratto. La mancanza di stabilità è costata ai cittadini negli ultimi anni 265 miliardi in più sugli interessi del debito pubblico”, conclude Casellati.
La Maratona di Roma, gli stadi di Roma e Lazio, gli Internazionali di tennis ma anche il Sei Nazioni di rugby e le gare di Serie A all'Olimpico. Tutto in una sola città sempre più pronta per ospitare i grandi eventi come ha spiegato l'assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale, Alessandro Onorato, in una intervista all'Adnkronos.
La trentesima maratona di Roma ha numeri da record e arriva nell'anno giubilare, e per la prima volta il traguardo è al Circo Massimo.
"Sarà un grande spettacolo per un'edizione da record con oltre 50 mila iscritti. È la prova che il nostro patrimonio si può tutelare e valorizzare anche con i grandi eventi, che sono un mezzo per promuovere luoghi storici in una chiave più moderna. La città si prepara a vivere un weekend di festa, sia a livello sportivo che sociale: tra il Sei Nazioni di rugby con Italia-Irlanda il sabato, la Maratona e Roma-Cagliari di domenica. Ringrazio il prefetto Giannini e tutte le forze dell'ordine che consentiranno alla città di ospitare in contemporanea e in sicurezza eventi da decine di migliaia di persone, tra cui 20 mila irlandesi in arrivo per il Sei Nazioni e altri 20 mila stranieri che correranno la maratona".
A che punto è il progetto per lo stadio della Roma, è vero che potrebbe essere presentato in Campidoglio il 21 aprile, Natale di Roma?
"Il Comune di Roma ha fatto tutto quello che doveva fare in tempi record. Ora tocca alla società”.
Per quanto riguarda lo stadio della Lazio, prima di valutare il progetto di Lotito il Campidoglio deve pronunciarsi su quello presentato dall’associazione d’imprese di cui fa parte la Roma Nuoto?
"La premessa è che, indipendentemente dalla Roma Nuoto o dalla Lazio, il nostro obiettivo è mettere la prima pietra per riaprire il Flaminio. Occorre ricordare che il progetto presentato sotto la Giunta Raggi dalla Roma Nuoto lo abbiamo riattivato noi con la Conferenza dei servizi. E in questi mesi abbiamo seguito i lavori con la massima trasparenza e rapidità, come facciamo sempre per ogni progetto. Nelle prossime settimane l’iter sarà concluso".
C’è stata la presentazione del nuovo progetto del Foro Italico per gli Internazionali d’Italia con l'inclusione dello Stadio dei Marmi, l’ennesimo upgrade per il torneo.
"Il livello degli Internazionali d'Italia si sta alzando di anno in anno con un grande impegno di Sport e Salute e Federtennis. Una crescita che va di pari passo con quella di una città che sta cambiando faccia grazie al lavoro della Giunta Gualtieri e a tanti investimenti pubblici e privati. Gli appassionati italiani e stranieri che verranno al Foro Italico per il grande tennis, oltre che ammirare un site rinnovato, troveranno una Roma più moderna, attrattiva e accogliente”.
Gli Internazionali di tennis di Roma possono diventare secondo lei il quinto Slam e che impatto potrebbero avere sulla città?
"Sarebbe un grande risultato. Roma non è più la città dei 'no', c'è un approccio diverso. Roma deve essere ambiziosa, senza limiti. Sono convinto, e i numeri in crescita esponenziale di questi tre anni lo dimostrano, che i grandi eventi siano un volano per la crescita della città: creano ricadute economiche, nuovi posti di lavoro e sono una strepitosa vetrina promozionale per Roma”.
Roma è sempre più la città dei grandi eventi sportivi e non solo, avete già in mente nuove sfide?
"Sarà una stagione estiva molto intensa, alziamo l'asticella ogni anno. Oltre ai tanti eventi sportivi e manifestazioni diventate una tradizione, come il Tim Summer Hits a ingresso gratuito a Piazza del Popolo, suoneranno qui i migliori artisti italiani e stranieri: da Achille Lauro a Ed Sheeran, dai Duran Duran a Cremonini, da Gianna Nannini a Zucchero e, solo per citarne alcuni, Ultimo e Vasco Rossi. E poi avremo degli appuntamenti unici di moda di cui parlerà tutto il mondo. Sfileranno nella Capitale, nei luoghi più iconici, Dior e Dolce&Gabbana, che non aveva mai scelto Roma come location". (di Emanuele Rizzi)
Roma, 14 mar (Adnkronos) - La comunicazioni della premier Giorgia Meloni e la seduta straordinaria sulle carceri sono i principali temi all'Odg delle Camera per la prossima settimana. A Montecitorio, la seduta per la discussione sulle comunicazioni della Meloni in vista del Consiglio Ue del 20 e 21 marzo è fissata per mercoledì 19 alle 9,30, mentre la consegna del testo delle comunicazioni avrà luogo nella seduta di martedì 18 alle 15,30.
Considerato il fatto che il programma di Montecitorio prevede anche l'esame di provvedimento come il Dl sull'ex Ilva, già approvato dal Senato, si svolgerà probabilmente giovedì 20 la seduta straordinaria sulle carceri con la discussione delle mozioni presentate dall'opposizione. Sempre giovedì, ma al mattino (ore 9) è prevista invece l'informativa urgente del governo, con la partecipazione del ministro per la Protezione civile, sugli eventi sismici nei Campi Flegrei.
Alla Camera resta sempre all'Odg, ma in coda a una serie di provvedimenti, la discussione e il voto della mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Al Senato, l'appuntamento con le comunicazioni della Meloni è per martedì 18 alle 14.30, con diretta Tv. Sia a palazzo Madama che a Montecitorio sono confermati gli appuntamenti con il Qt e gli atti di sindacato ispettivo.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - Economia, lavoro, donne e intelligenza artificiale sono i temi al centro della giornata di dibattito voluta dalla deputata Pd Paola De Micheli domani, sabato 15 marzo, a Roma dalle 10.30 alle 14.30 all’Unahotels Decò in via Giovanni Amendola 57. ‘Prima le persone: capire il presente per costruire il futuro’ è la prospettiva del convegno promosso da Rigenerazione democratica con l’intento di approfondire nel Partito democratico e nella società una riflessione franca e aperta su imprese e lavoratori. Tra i relatori, la segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein e l’ex commissario europeo agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni.
Dopo i saluti iniziali, i lavori entrano nel vivo alle 10.40 con la relazione del Chief Economist di Banca Intesa Gregorio De Felice a cui segue alle 11 l’intervento della segretaria del Pd Elly Schlein. Si prosegue alle 11.20 con il dibattito ‘Siamo industria o caporali?’ moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore Sara Monaci con Maurizio Tarquini (Direttore Generale Confindustria), Alberto Pandolfo (membro X Commissione Camera dei Deputati), Dario Costantini (Presidente CNA) e l’eurodeputato Pd Giorgio Gori.
Dalle 11.50 si confronteranno sulle politiche pubbliche il senatore Antonio Misiani (responsabile nazionale Economia Pd), Andrea Bianchi (esperto di Politiche industriali), Antonella Vincenti (responsabile nazionale PMI Pd) e l’europarlamentare Pd- S&D Pierfrancesco Maran. Alle 12.20 Andrea Bignami (Sky) intervista Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio.
(Adnkronos) - Si continua alle 12.50 con il confronto sul ruolo delle donne che vede discutere la professoressa Lucia Valente (docente Diritto del Lavoro presso Università La Sapienza di Roma), l’on. Alessandra Moretti (Parlamentare europea), Peppe Di Cristina (Assessore Cultura e Istruzione Comune di Gela), Lucia Bongarzone (Specialista in politiche del lavoro). Si passa poi alla tavola rotonda sull’intelligenza artificiale che vedrà confrontarsi Stefano Malorgio (Segretario Generale FILT CGIL), Marco Bentivogli (Coordinatore Base Italia, AI expert Mise 2019-21), Alberto Baban (Presidente VeNetWork spa), l’On. Enza Bruno Bossio (Direzione Nazionale Pd). Conclude i lavori alle 13.50 la deputata Pd Paola De Micheli.
“Il convegno sarà il primo di una serie di appuntamenti pensati dall’associazione Rigenerazione Democratica per aiutare la circolazione di idee, progetti e prospettive nuove e moderne da offrire alla riflessione del Partito democratico e del centrosinistra - spiega De Micheli -. Un punto di vista libero e innovativo che parte dalla lettura delle mutate condizioni della società italiana ed europea”.
Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economyè al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.