Mentre si rivolge direttamente agli spettatori, che non sanno bene dove guardare, visto che la scena è vuota, Pippo Delbono dice che sognerebbe di fare uno spettacolo in cui il pubblico si alzasse e si mettesse a ballare insieme agli attori. E forse dovrebbe veramente provarci, scuotendo da dentro i corpi inerti sulle poltrone, che invece restano nella loro immobile passività, mentre assistono ad Orchidee. Eppure il suo è un teatro che guarda dentro allo spettatore, senza risparmiargli nessuna emozione, ma anzi avviandolo verso un inevitabile percorso interiore, che passa per il dolore, la paura, il grido, e poi il respiro, la consolazione, la forza dell’arte.
In Orchidee si vede il tentativo di rispondere con le parole della poesia alla violenza della vita. La voce e il corpo dell’attore conducono attraverso un’esperienza dura, arrivando a proporre al pubblico le immagini girate con il cellulare della madre morente. Delbono mescola il proprio privato più intimo con i versi di Shakespeare e la musica di Enzo Avitabile, cercando di spogliare la verità di ogni patina di finzione. In un’epoca, come la nostra, in cui reale e virtuale tendono a confondersi continuamente, l’artista propone l’icona dell’orchidea, fiore “malvagio”, perché “non riconosci quello che è vero da quello che è finto”. Di qui l’abolizione del testo scritto e il superamento dell’attore che “dice” la parte, alla ricerca di un teatro fatto soprattutto di corpi e di sensi. E lui il corpo lo usa come linguaggio principale, fin dal Tempo degli assassini (1987), lo spettacolo con cui si è imposto sulle scene internazionali, ma poi soprattutto grazie al contatto con il teatro orientale e il Wuppertaler Tanztheater di Pina Bausch.
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I momenti più intensi dello spettacolo sono però legati proprio a quei testi che qui compaiono come citazioni (non tutte però): soprattutto i versi shakespeariani di Romeo e Giulietta e di Amleto, che nella sua voce trovano una vibrazione inedita. Ma nel complesso Orchidee non ha il coraggio degli altri lavori di Delbono, perché lascia in superficie le provocazioni, senza evitare scivolamenti retorici e ripetizioni.
Il pubblico dell’Argentina di Roma (dove rimane in scena fino al 19 gennaio, per poi continuare la tournée internazionale) si spacca (come i critici: entusiasti e delusi) e non mancano gli spettatori che, sperando di non essere sbeffeggiati dal regista-interprete che tutto vede dalla sua postazione in fondo alla platea, abbandonano la sala prima della fine (ho visto lo spettacolo nella replica dell’8 gennaio). Reazione prevista da chi annulla la rappresentazione, distrugge le convenzioni, sostituendo la visione e la danza come senso. Eppure stavolta Delbono non riesce in quello che generalmente è il suo intento, ovvero un teatro che deve tornare alla tragedia greca, che “deve mandare in crisi la vita”. Negli occhi restano solo suggestioni, come quella delle donne africane che, racconta la voce fuori scena, “non hanno niente, ma ballano in mezzo alla strada”.
Valeria Merola
Ricercatore università di Macerata
Cultura - 15 Gennaio 2014
Teatro, Delbono e le sue ‘Orchidee’
Mentre si rivolge direttamente agli spettatori, che non sanno bene dove guardare, visto che la scena è vuota, Pippo Delbono dice che sognerebbe di fare uno spettacolo in cui il pubblico si alzasse e si mettesse a ballare insieme agli attori. E forse dovrebbe veramente provarci, scuotendo da dentro i corpi inerti sulle poltrone, che invece restano nella loro immobile passività, mentre assistono ad Orchidee. Eppure il suo è un teatro che guarda dentro allo spettatore, senza risparmiargli nessuna emozione, ma anzi avviandolo verso un inevitabile percorso interiore, che passa per il dolore, la paura, il grido, e poi il respiro, la consolazione, la forza dell’arte.
In Orchidee si vede il tentativo di rispondere con le parole della poesia alla violenza della vita. La voce e il corpo dell’attore conducono attraverso un’esperienza dura, arrivando a proporre al pubblico le immagini girate con il cellulare della madre morente. Delbono mescola il proprio privato più intimo con i versi di Shakespeare e la musica di Enzo Avitabile, cercando di spogliare la verità di ogni patina di finzione. In un’epoca, come la nostra, in cui reale e virtuale tendono a confondersi continuamente, l’artista propone l’icona dell’orchidea, fiore “malvagio”, perché “non riconosci quello che è vero da quello che è finto”. Di qui l’abolizione del testo scritto e il superamento dell’attore che “dice” la parte, alla ricerca di un teatro fatto soprattutto di corpi e di sensi. E lui il corpo lo usa come linguaggio principale, fin dal Tempo degli assassini (1987), lo spettacolo con cui si è imposto sulle scene internazionali, ma poi soprattutto grazie al contatto con il teatro orientale e il Wuppertaler Tanztheater di Pina Bausch.
I momenti più intensi dello spettacolo sono però legati proprio a quei testi che qui compaiono come citazioni (non tutte però): soprattutto i versi shakespeariani di Romeo e Giulietta e di Amleto, che nella sua voce trovano una vibrazione inedita. Ma nel complesso Orchidee non ha il coraggio degli altri lavori di Delbono, perché lascia in superficie le provocazioni, senza evitare scivolamenti retorici e ripetizioni.
Il pubblico dell’Argentina di Roma (dove rimane in scena fino al 19 gennaio, per poi continuare la tournée internazionale) si spacca (come i critici: entusiasti e delusi) e non mancano gli spettatori che, sperando di non essere sbeffeggiati dal regista-interprete che tutto vede dalla sua postazione in fondo alla platea, abbandonano la sala prima della fine (ho visto lo spettacolo nella replica dell’8 gennaio). Reazione prevista da chi annulla la rappresentazione, distrugge le convenzioni, sostituendo la visione e la danza come senso. Eppure stavolta Delbono non riesce in quello che generalmente è il suo intento, ovvero un teatro che deve tornare alla tragedia greca, che “deve mandare in crisi la vita”. Negli occhi restano solo suggestioni, come quella delle donne africane che, racconta la voce fuori scena, “non hanno niente, ma ballano in mezzo alla strada”.
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.