Sulla scarcerazione di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore campano del Pdl, la battaglia legale non si è ancora conclusa. Cosentino, attualmente, è tornato in libertà dopo la detenzione cautelare in carcere e poi i domiciliari. L’ultimo atto è il ricorso in Cassazione dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Antonello Ardituro e Alessandro Milita contro il pronunciamento del Riesame, decima sezione, dello scorso ottobre.
Il Tribunale delle Libertà aveva, infatti, respinto i ricorsi della Procura contro le decisioni assunte, in ordine alle esigenze cautelari, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riguardo i due procedimenti nei quali Cosentino è imputato di concorso esterno e, nell’altro, di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante di aver favorito i Casalesi. I pubblici ministeri chiedono alla Cassazione di annullare l’ordinanza del Riesame rinviando per un nuovo esame.
Oltre la disputa è il contenuto del ricorso per Cassazione, firmato dai pm, a suscitare interesse. Si parte da questioni giuridiche. Secondo i pm, ad esempio, il Riesame sarebbe caduto in contraddizione emettendo due provvedimenti uno a settembre, l’altro a ottobre, sulla base degli stessi elementi con decisioni opposte sconfessandosi di fatto. Nelle 20 pagine di ricorso, però, i pm fondano l’adeguatezza della misura del carcere sulla base di alcuni elementi che, secondo l’accusa, il Riesame non avrebbe considerato. Riesame che ha concluso la sua ordinanza spiegando che non sono giustificate misure cautelari perché Cosentino non ricopre più cariche e anche in ragione del fatto che i clan sono soliti individuare solo “politici in ascesa”. Ma i pm spiegano, al contrario, perché Cosentino dovrebbe tornare in arresto fornendo prove integrative riferite a periodi nei quali l’indagato lasciava le cariche ricoperte ma “il clan, scrivono i pubblici ministeri, continuava a fare affidamento su di lui, a dimostrazione che egli non appariva per nulla bruciato”. Una bruciatura smentita sia se riferita all’emissione della prima ordinanza di arresto, visto che “ Cosentino risultava attivo per gli interessi dell’organizzazione mafiosa, come evinto agevolmente dalla plurime intercettazioni”, ma anche se riferita alla perdita dello status di parlamentare, avvenuta con la mancata rielezione. Insomma anche se non più deputato solo la custodia cautelare può “rendere indisponibile l’imputato agli interessi della cosca”.
Questo sostengono i pm che aggiungono nel ricorso al vaglio della Cassazione: “La perdita dello status di parlamentare è del tutto irrilevante sia al cospetto degli innumerevoli soggetti debitori e servitori di Cosentino, sparsi in ruoli nevralgici dello Stato, sia degli strettissimi rapporti familiari dei vertici del clan dei casalesi (Giuseppe Russo, detto o padrino, ndr), sia per la provvisorietà di tale assenza di funzioni, legate esclusivamente al suo volere”. Non solo. I pm scrivono che la mancata candidatura è questione di mera opportunità e non è maturata nel partito per il ripudio della personalità di Cosentino. In una nota della Dia di Napoli, allegata agli atti, si legge: “La sostanziale sovrapposizione della compagine parlamentare uscente e di quella candidata alle elezioni 2013, per cui è da ritenersi che i parlamentari confermati saranno in buona parte gli stessi parlamentari che nel 2008 il Cosentino scelse”. Non solo. “ Si evidenzia – scrivono i pm – che la parte significativa delle cariche delle amministrazioni comunali campane riferibili al Pdl dipendono dalle scelte pregresse del Cosentino, è prevedibile che lo stesso possa incidere sulle scelte di tali amministrazioni ovvero trarre benefici per sé o per altri”. Per altri, i pm, intendono il clan dei casalesi. Resta l’elemento del presunto o reale attivismo di Cosentino, liberato lo scorso novembre, in politica. A decidere sarà, domani, la seconda sezione della Corte di Cassazione. In caso di accoglimento, i supremi giudici chiederanno al Riesame un nuovo pronunciamento.
twitter: @nellotro
Giustizia & Impunità
Cosentino, Dda Napoli: “Scelse cariche politiche. Può ancora incidere”
Secondo gli inquirenti l'ex parlamentare deve tornare in carcere e ha presentato ricorso in Cassazione: "La perdita dello status di parlamentare è del tutto irrilevante sia al cospetto degli innumerevoli soggetti debitori e servitori di Cosentino, sparsi in ruoli nevralgici dello Stato, sia degli strettissimi rapporti familiari dei vertici del clan dei casalesi..."
Sulla scarcerazione di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore campano del Pdl, la battaglia legale non si è ancora conclusa. Cosentino, attualmente, è tornato in libertà dopo la detenzione cautelare in carcere e poi i domiciliari. L’ultimo atto è il ricorso in Cassazione dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Antonello Ardituro e Alessandro Milita contro il pronunciamento del Riesame, decima sezione, dello scorso ottobre.
Il Tribunale delle Libertà aveva, infatti, respinto i ricorsi della Procura contro le decisioni assunte, in ordine alle esigenze cautelari, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riguardo i due procedimenti nei quali Cosentino è imputato di concorso esterno e, nell’altro, di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante di aver favorito i Casalesi. I pubblici ministeri chiedono alla Cassazione di annullare l’ordinanza del Riesame rinviando per un nuovo esame.
Oltre la disputa è il contenuto del ricorso per Cassazione, firmato dai pm, a suscitare interesse. Si parte da questioni giuridiche. Secondo i pm, ad esempio, il Riesame sarebbe caduto in contraddizione emettendo due provvedimenti uno a settembre, l’altro a ottobre, sulla base degli stessi elementi con decisioni opposte sconfessandosi di fatto. Nelle 20 pagine di ricorso, però, i pm fondano l’adeguatezza della misura del carcere sulla base di alcuni elementi che, secondo l’accusa, il Riesame non avrebbe considerato. Riesame che ha concluso la sua ordinanza spiegando che non sono giustificate misure cautelari perché Cosentino non ricopre più cariche e anche in ragione del fatto che i clan sono soliti individuare solo “politici in ascesa”. Ma i pm spiegano, al contrario, perché Cosentino dovrebbe tornare in arresto fornendo prove integrative riferite a periodi nei quali l’indagato lasciava le cariche ricoperte ma “il clan, scrivono i pubblici ministeri, continuava a fare affidamento su di lui, a dimostrazione che egli non appariva per nulla bruciato”. Una bruciatura smentita sia se riferita all’emissione della prima ordinanza di arresto, visto che “ Cosentino risultava attivo per gli interessi dell’organizzazione mafiosa, come evinto agevolmente dalla plurime intercettazioni”, ma anche se riferita alla perdita dello status di parlamentare, avvenuta con la mancata rielezione. Insomma anche se non più deputato solo la custodia cautelare può “rendere indisponibile l’imputato agli interessi della cosca”.
Questo sostengono i pm che aggiungono nel ricorso al vaglio della Cassazione: “La perdita dello status di parlamentare è del tutto irrilevante sia al cospetto degli innumerevoli soggetti debitori e servitori di Cosentino, sparsi in ruoli nevralgici dello Stato, sia degli strettissimi rapporti familiari dei vertici del clan dei casalesi (Giuseppe Russo, detto o padrino, ndr), sia per la provvisorietà di tale assenza di funzioni, legate esclusivamente al suo volere”. Non solo. I pm scrivono che la mancata candidatura è questione di mera opportunità e non è maturata nel partito per il ripudio della personalità di Cosentino. In una nota della Dia di Napoli, allegata agli atti, si legge: “La sostanziale sovrapposizione della compagine parlamentare uscente e di quella candidata alle elezioni 2013, per cui è da ritenersi che i parlamentari confermati saranno in buona parte gli stessi parlamentari che nel 2008 il Cosentino scelse”. Non solo. “ Si evidenzia – scrivono i pm – che la parte significativa delle cariche delle amministrazioni comunali campane riferibili al Pdl dipendono dalle scelte pregresse del Cosentino, è prevedibile che lo stesso possa incidere sulle scelte di tali amministrazioni ovvero trarre benefici per sé o per altri”. Per altri, i pm, intendono il clan dei casalesi. Resta l’elemento del presunto o reale attivismo di Cosentino, liberato lo scorso novembre, in politica. A decidere sarà, domani, la seconda sezione della Corte di Cassazione. In caso di accoglimento, i supremi giudici chiederanno al Riesame un nuovo pronunciamento.
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Mondo
Trump “aiuterà Kiev ad avere più difesa aerea dall’Ue” e ipotizza controllo Usa delle centrali ucraine. Zelensky: “Possibile pace quest’anno”
Politica
La Lega in Aula: “Dov’è l’ugenza per il riarmo da 800 miliardi?”. Meloni attacca il Manifesto di Ventotene: è caos. Le opposizioni: “Vuole coprire le liti con Salvini”
Politica
“Più efficienza bellica in tempi di pace per inevitabili guerre”: così il Manifesto parla dell’Ue di oggi
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "L'Italia ha ribadito che continueremo a sostenere l'Ucraina anche nel documento approvato oggi alla Camera e ieri al Senato. E' un impegno che noi manteniamo, continueremo a fare la nostra parte. Noi non siamo mai stati in guerra con la Russia e non abbiamo mai autorizzato l'uso di nostre armi da parte degli ucraini in territorio russo". Lo ha detto Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si tratta di garantire la sicurezza dell'intera Unione europea. C'è bisogno di rafforzare la sicurezza europea ma questo non significa essere guerrafondai. Per garantire la pace serve un equilibrio delle forze in campo per garantire la sicurezza dell'Europa e dell'Italia. Stiamo lavorando in questa direzione come un buon padre di famiglia che mette le finestre blindate perchè la sua famiglia sia al sicuro". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno. "Bisogna avere il coraggio di andare avanti: l'Europa è l'unico modo per essere sicuri".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Meloni non ha attaccato Altiero Spinelli. Mi sembra una tempesta in un bicchier d'acqua. Spinelli è un personaggio illustre della storia europea, lo rispetto e la presidente Meloni non lo ha mai offeso". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - Sarà una 'magia comunicativa' delle sue, come dicono in Transatlantico dalle parti della maggioranza, quella di Giorgia Meloni che con l'attacco oggi in aula al Manifesto di Ventotene ha sviato l'attenzione dalle tensioni del centrodestra. Ma lo stesso effetto, la premier lo ha provocato anche nel campo avversario: le opposizioni divise, che si sono presentate in aula con 6 risoluzioni diverse, sono tornate a parlare con una sola voce nella difesa del Manifesto antifascista di Ventotene, testo fondante dell'Unione europea, sul quale la presidente del Consiglio ha detto di non riconoscersi: "Quella non è la mia Europa".
Duro il commento di Elly Schlein: "Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia". Scrive Matteo Renzi sui social. "La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare".
L'effetto delle parole della premier si è visto anche nel voto delle risoluzioni. Dopo le divisioni nel Pd sul piano ReArm Eu, composte in una lunga mediazione, si temevano comunque 'scarti' rispetto alle indicazioni di voto. Non si sono verificati. "Tutto il gruppo ha votato compatto", si fa sapere. E i tabulati lo confermano. Unica eccezione Lorenzo Guerini, che oltre alla risoluzione del Pd, ha votato a favore anche a quelle di Azione e Più Europa, meno critiche rispetto al testo dem sul piano ReArm Eu.
Nel dettaglio, il Pd ha votato ovviamente la sua risoluzione, bocciato quella della maggioranza, dato voto favorevole al punto del testo Avs in cui si dice no all'espulsione dei palestinesi da Gaza e contro, invece, alla richiesta sempre di Alleanza Verdi e Sinistra di interrompere l'invio di forniture militari a Kiev. Su quest'ultimo punto ci sarebbe stata qualche non partecipazione al voto tra i dem. Insomma, un risultato 'ordinato' dopo giorni di tensione nel Pd.
Altro punto che è stato rimarcato da tutte le opposizioni è stata l'assenza in aula, al momento delle dichiarazioni di voto, della premier Meloni. Dopo l'attacco al Manifesto di Ventotene, in aula si è accesa la polemica. Tra gli interventi è già virale sui social quello appassionato del dem Federico Fornaro. "Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli", ha gridato commuovendosi in aula.
Dopo le tensioni, il timing dell'aula è slittato di diverse ore, quando ormai Meloni era già in partenza per il Consiglio europeo a Bruxelles. Di fronte alle proteste per l'assenza della presidente del Consiglio è intervenuto in aula il sottosegretario Alfredo Mantovano: "I governo ha massimo rispetto nei confronti del Parlamento, e in particolare la presidenza del consiglio e la presidente del consiglio, che però aveva presente il programma originario dell'Aula che avrebbe concluso i lavori nel primo pomeriggio e in questo momento è già in volo per Bruxelles".
Una precisazione che non ha convinto le opposizioni. "Giorgia Meloni -attacca Elly Schlein- è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". E poi Giuseppe Conte: "Avete cambiato idea su Ventotene, ma sfiorate l'irriconoscenza. Presidente Meloni adesso è volata a Bruxelles, non vedeva l'ora, eppure poteva rimanere". Quindi Angelo Bonelli: "Questo è il manifesto di Ventotene, glielo avrei regalato alla presidente ma lei fugge dal dibattito parlamentare, anche perché ha un problema con la Lega".
Al netto delle posizioni diverse all'interno del campo delle opposizioni, tutti i gruppi di minoranza evidenziano di contro quelle presenti nelle maggioranza. E stamattina il capogruppo leghista Riccardo Molinari ha servito un assist su questo parlando in tv. Lo rilancia Schlein: "La Lega ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". La segretaria Pd insiste nelle divisioni della maggioranza: "Nella vostra risoluzione, per non dividervi in tre posizioni diverse, avete fato sparire la difesa comune e il piano di riamo di Ursula von der Leyen, l'avete scritta con l'inchiostro simpatico. Facile far sparire le proposte divisive, ci credo che siete compatti, non avete scritto nulla".
Rimarca Maria Elena Boschi: "La Lega ha linea chiara, e l'ha detto: lei non ha mandato per andare al Consiglio Ue". E poi Riccardo Magi: "Meloni è scaltra e furba. Vuole farci parlare delle sue oscene parole e della sua esegesi sbagliata e truffaldina del Manifesto di Ventotene per nascondere che non ha una linea di politica estera e non ha una maggioranza in politica estera. Non lo dico io ma lo ha detto il capogruppo della Lega, Molinari". Ed ancora Bonelli: Meloni "oggi ha fatto scientemente quest'operazione" su Ventotene "perché Molinari lo ha detto chiaramente che non ha il mandato per dire sì a Rearm Europe". Infine Matteo Richetti di Azione: "Mentre discutevamo è uscita una dichiarazione di Molinari in cui dice che Meloni non ha il mandato per trattare: con tanti saluti per la risoluzione di maggioranza...".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "È grave che Rai News abbia censurato l’ultima parte del discorso della segretaria Schlein. Dallo sfiduciato Petrecca, un ultimo colpo di coda a sostegno della propaganda di governo, forse come ringraziamento per il passaggio di sede." Così i componenti democratici del gruppo PD in Commissione di vigilanza Rai, che hanno deciso di riportare integralmente la parte del discorso "censurato".
Eccola: “La Presidente Meloni non solo non ha il coraggio di difendere i valori su cui l’Unione s’è fondata dagli attacchi di Trump e di Musk, ma ha deciso qui di nascondere le divisioni del governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo i vostri tentativi di riscrivere la storia. Lei in quest’aula ha oltraggiato la memoria del manifesto di Ventotene, riconosciuto da tutti come la base su cui si è fondata l’Unione europea, perché scritto da giovani mandati al confino dai fascisti che non risposero all’odio e alla privazione di libertà con altro odio, ma con una visione di Europa federale che superasse i nazionalismi che nel nostro continente hanno prodotto soltanto guerre, anche oggi. Non si permetta mai più di oltraggiare la memoria di Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann, Ernesto e Ada Rossi, Eugenio Colorni, se siamo qui a discutere in un Parlamento democratico è grazie a persone come loro. Lei dice che quell’Europa non è la sua. E allora le chiedo se la sua Italia è quella della Costituzione perché sono gli stessi antifascisti che l’hanno scritta. E stiamo ancora aspettando che si dichiari antifascista pure lei”.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - Via libera all'unanimità da parte dell'aula del Senato al progetto di legge sui viaggi nella memoria nei campi nazisti per le scuole. Approvato anche il ddl sui Nuovi giochi della Gioventù.