E adesso inizia a tremare davvero il “sistema Rimini”. Dopo l’inchiesta sulla società aeroportuale Aeradria, dichiarata fallita dal tribunale il 26 novembre scorso, ora i fari della Procura puntano su un altro colosso della riviera: il nuovo palacongressi controllato dal gruppo Rimini Fiera spa. Il sostituto procuratore Gemma Gualdi risulta titolare di un fascicolo sulle società-satellite della Fiera che negli ultimi anni hanno lavorato alla realizzazione e alla gestione del “Palas”, come scrivono a Rimini. L’inchiesta, che nascerebbe proprio tra le pieghe del procedimento sull’aeroporto e sulla sua spa incluse le società collegate, è stata avviata per il momento con l’ipotesi di ricorso abusivo al credito anche se sui possibili indagati resta un certo riserbo.
Al vaglio dei pm c’è in particolare Convention Bureau, la partecipata (al 72%) di Rimini Fiera che gestisce il Palacongressi e che nel 2013 ha chiuso il bilancio con un milione di euro di passivo. Ma nel mirino della magistratura finiscono anche la società “Palazzo dei congressi”, la proprietaria del “Palas” fortemente indebitata e partecipata anche da Comune (tramite Rimini Holding) e Provincia, così come Rimini Congressi srl i cui soci sono la Fiera, la stessa Provincia e la Camera di commercio. Dunque, è proprio il circuito a ‘scatole cinesi’ che lega il settore fieristico-congressuale riminese a finire sotto accusa. Il suo fiore all’occhiello, finora, era proprio la nuova “astronave” dei congressi progettata dall’architetto Wolkwin Marg e inaugurata dopo diversi rinvii e acrobazie alla fine dell’estate 2011: costata oltre 110 milioni di euro, gli sforzi degli enti locali per realizzarla sono stati enormi e profusi sulla base di un impianto finanziario che, non da oggi, sta mostrando sempre più tutti i suoi limiti. Senza dimenticare la vertenza con i costruttori di Cofely Italia, ai quali la società del “Palas” ha chiesto 21 milioni per i danni legati alla ritardata apertura del palacongressi.
Lorenzo Cagnoni, presidente della Fiera e della società del palazzo, avrà modo di aggiornare in pubblico i conti alla commissione consiliare fissata per venerdì mattina in Comune, ma il quadro resta preoccupante. Volendo considerare tutto, il sistema registra qualcosa come 100 milioni di euro di debiti. Dopo 192 eventi congressuali cancellati da gennaio ad ottobre 2013 anche per via della crisi del settore, Convention Bureau rischia la chiusura (tramite l’incorporazione nella stessa Fiera) se non si provvederà a ricapitalizzarla: il Cda presieduto da Roberto Berardi ha già chiesto alla società del Palazzo di ridurre il canone di locazione concordato per la gestione della “astronave” da 1,16 milioni di euro all’anno a 580mila, ma sembra difficile. Tuttavia, più che il gestore i guai seri li stanno soffrendo le altre società. La società del “Palas” è indebitata con le banche (è stato accesso un mutuo con il Monte dei Paschi da 28) per almeno 30 milioni e il piano che aveva studiato per costruire il palazzo si sta rivelando una frana: se appunto l’affitto chiesto a Convention Bureau non è più sostenibile, l’altro flop (per non dire della cessione ancora da perfezionare delle aree di via della Fiera e di via Emilia di proprietà del gruppo di Cagnoni) si è rivelato il tanto sbandierato finanziamento tramite le royalties degli albergatori che beneficiano delle presenze congressuali.
Si pensava che tali diritti assicurassero 1,1 milioni di euro all’anno, ma nel 2012, ad esempio, si sono arenati a quota a 300 mila. Venendo a Rimini Congressi, si tratta della srl divisa per tre tra Fiera, Provincia e Camera di commerci e viene considerata la macchina dei debiti: infatti, sulle sue spalle grava un mutuo da 46,5 milioni di euro questa volta con Unicredit, che a suo tempo ha preteso adeguate garanzie. Ovvero- come ha segnalato recentemente il presidente della Provincia Stefano Vitali (Pd)- il pegno sulla partecipazione di maggioranza in Rimini Fiera (al 52%) a soprattutto le ormai famigerate lettere di patronage con le quali gli enti pubblici si assumono il rischio del prestito. Lettere di patronage che, non a caso, evocano proprio quelle che si sono dovute firmare in questi anni per sostenere tramite le banche l’aeroporto, le stesse che la Procura ha setacciato nell’inchiesta su Aeradria. Chiude il quadro delle ‘scatole’ all’attenzione dei pm la società madre Rimini Fiera: a livello di gruppo ha chiuso il 2013 con un ‘rosso’ di 1,9 milioni di euro, più pesante rispetto all’anno precedente, il primo in perdita. È vero che il debito del gruppo, quasi totalmente dovuto alla realizzazione del nuovo quartiere sulla via Emilia (costò 300 milioni, 40 pubblici) scende ulteriormente a 18,4 milioni di euro (erano 19,4 nel 2012) dimezzandosi rispetto al 2001, l’anno del trasloco da via della Fiera proprio dove ora si trova il palacongressi. Ma tutti nel suo board, a partire da Cagnoni, temono che il peggio debba ancora venire.