L’attacco dello scorso maggio al cantiere della Tav in Valle di Susa è stata un’azione terroristica perché “idonea ad arrecare grave danno” all’Italia. Lo sostengono i giudici del Tribunale del Riesame di Torino che hanno accolto la tesi della procura, confermando la custodia in carcere per i quattro militanti No Tav arrestati il 9 dicembre.
La notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, un gruppo di 30 persone lanciò razzi, molotov e bengala contro il cantiere di Chiomonte. Alcuni partecipanti avevano anche chiuso i cancelli per evitare la reazione delle forze dell’ordine. Si è trattato, scrivono i giudici, di “un’azione connotata da organizzazione strategica assimilabile a quella militare“. L’obiettivo dei No Tav era impedire o ritardare la realizzazione dell’opera: cosa che ha provocato un “danno all’immagine del Paese a livello internazionale”. “E’ stata posta in essere – aggiungono i giudici motivando l’accusa di terrorismo – allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un’opera pubblica di rilevanza internazionale”. L’analisi è pesante: l’azione è stata caratterizzata “dall’utilizzo di plurime armi da guerra e congegni esplosivi, e, quindi, di portata tale da porre in grave pericolo la vita o l’incolumità dei lavoratori”.