Chi vuole dargli una certa nobiltà lo chiama Italicum. Chi va giù duro con i tecnicismi lo definisce “ispanico-tedesco“. Chi vuole bombardarlo in culla chiama il sistema elettorale sul quale si basa l’intesa tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi “Maialinum“. Un Porcellum in formato mignon. Perché il segretario del Pd dice che c’è una “sintonia profonda” con il Cavaliere praticamente su tutta la linea e tra l’altro questo basta per sentire già scricchiolare il mega-consenso raccolto a dicembre nei circoli. Se c’è “sintonia profonda” c’è anche su un punto, scavallando i meccanismi complicati su distribuzione dei seggi, soglie di sbarramento e ipotesi su sistemi francesi, tedeschi, austriaci, turchi, giapponesi. E quel punto è che ancora una volta non ci saranno le preferenze e che il Parlamento sarà di nuovo costituito da nominati dalle segreterie di partito. Le liste di nomi saranno molto più corte (5-6 e non trenta e oltre come nella Porcata fatta a fette dalla Consulta), ma il concetto non cambia di un millimetro.
Certo, le preferenze dilaniano spesso i partiti al loro interno (per effetto della concorrenza tra candidati). Certo, le preferenze non garantiscono granché sotto il profilo di una selezione della classe dirigente (Franco Fiorito arrivò nel consiglio regionale del Lazio con una vagonata di voti personali). Certo, le preferenze sono state spesso il piatto ricco con il quale la criminalità organizzata ha potuto spesso fare affari, anche per le carenze della legge sullo scambio elettorale politico-mafioso. Anche alcuni costituzionalisti sono dell’idea che la preferenza non sia affatto la panacea. “Ricordiamo Tangentopoli – diceva Augusto Barbera alcuni giorni fa in commissione Affari costituzionali alla Camera – causata dalla ricerca di ingenti risorse finanziarie necessarie per cercare voti in concorrenza agli altri candidati presenti nella stesso partito”. In più, aggiungeva nella stessa occasione la collega Ida Nicotra “aumenta i costi della politica, si piega alla logica clientelare o peggio alla malavita, espropria i partiti del compito di selezionare, e introduce una conflittualità all’interno dei partiti”.
Fin qui i difetti del sistema delle preferenze. In più c’è il parere della stessa Corte Costituzionale che, nelle motivazioni della sentenza con cui ha spogliato il sistema elettorale ideato da Roberto Calderoli riducendolo a un proporzionale, ha sostenuto che i listini bloccati con pochi nomi non sono incostituzionali perché permettono di garantire “l’effettiva conoscibilità” dei candidati “e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.
Ma poi resta la storia degli ultimi 8 anni con tre Parlamenti composti dai capi di partito, che in alcuni casi hanno dovuto scegliere i più fedeli (da Cosentino e Dell’Utri fino a Razzi e Scilipoti) e in qualche altro caso hanno dovuto scegliere con il manuale Cencelli per non far esplodere la faida delle correnti (teodem, modem, renziani, bersaniani, franceschiniani, Giovani Turchi…). Solo alle ultime politiche questo effetto è stato moderato dalle “Parlamentarie” organizzate dal Movimento Cinque Stelle, dal Pd e da Sel. Ma il risultato resta: l’elettore non può scegliere di dare forza al proprio voto, spingere il “proprio” candidato e poi controllarlo e eventualmente “sanzionarlo” (non votandolo più).
La nuova formula sulla quale partirà il confronto finale in Parlamento non c’entra più nulla con la legge elettorale di Madrid: il sistema spagnolo dovrebbe querelare, se qualcuno ancora lo accostasse alla bozza d’accordo tra i leader di Pd e Forza Italia. Si tratta di un sistema proporzionale con soglie di sbarramento nazionali: 5% per cento per chi fa parte di una coalizione, 8 per chi corre da solo. E questa è l’unica sicurezza. Sugli altri aspetti le ipotesi di tutti i giornali concordano. La governabilità è garantita da un premio di maggioranza per la coalizione che raggiunge il 35% dei voti su base nazionale: chi raggiunge quella cifra ha diritto al 20% dei seggi in più (e già qui i Cinque Stelle annunceranno probabilmente fuoco e fiamme). Se nessuno arriva al 35%, invece, i voti vengono ridistribuiti tra i partiti che sono riusciti a entrare alla Camera (unica perché il Senato si presume abolito). Infine i candidati. Il sistema Verdini-D’Alimonte prevede liste bloccate, ma corte: 4-5-6 nomi per circoscrizione (che saranno 114). Maggiore riconoscibilità degli eletti, forse, ma sempre nominati saranno.
Qualcuno nel Pd forse lo ha già capito. Ieri si era sentito Cesare Damiano, oggi ecco Gianni Cuperlo e Stefano Fassina. Certo, non proprio opinioni disinteressate nella guerra post-congressuale e nemmeno si può dire che il centrosinistra si sia scapicollato (dal 2006 a oggi) per modificare il sistema elettorale. “Non mi convince – dice Fassina – è un Porcellum truccato con tutti i difetti del Porcellum, le liste restano bloccate, è inaccettabile per i cittadini. Noi vogliamo legge elettorale con le preferenze e il doppio turno”. E allora l’ex viceministro, che studia da capocorrente e dice di essersi vergognato a vedere Berlusconi nella sede del suo partito, chiede maggiore partecipazione: “Ascoltiamo i circoli, gli iscritti del Pd. Lo Statuto prevede questa possibilità. Con internet lo possiamo fare nel giro di qualche giorno”.
Eppure Renzi diceva: “C’è un solo meccanismo di legge elettorale che funziona in Italia, quello per eleggere i sindaci. Magari un elettore di Firenze che ha votato contro di me è dispiaciuto che abbia vinto, però ha un punto di forza: un’ora dopo la chiusura dei seggi sappiamo chi è il sindaco. Ci sono dei consiglieri comunali eletti con le preferenze, che non fanno ‘inciucetti‘ di Palazzo per cambiare il sindaco. E’ l’unica legge che funziona. Non capisco perché questi scienziati continuino ad inventare dei meccanismi assurdi dal porcellum al provincellum. Giochiamola semplice. Comunque non sono innamorato di una legge elettorale piuttosto che di un’altra, sono innamorato di alcuni concetti: il primo è che bisogna scegliere il proprio candidato leader, ma anche il proprio parlamentare”. Era il luglio 2012. E’ chiaro che il segretario del Pd, per intavolare un confronto, ha dovuto presentare tre opzioni diverse (spagnolo, “sindaco d’Italia” e Mattarellum da rivisitare). Ma non è necessario innamorarsi di una legge elettorale o di un’altra. Basterebbe innamorarsi di alcuni concetti.
Politica
Legge elettorale, la sintonia di Renzi e Berlusconi: un Parlamento di nominati
Il cosiddetto "Italicum" rischia di diventare un "Maialinum": liste corte, con pochi nomi, ma pur sempre bloccate. Il rischio è di avere un altro Parlamento di nominati. Eppure Renzi diceva: "Non sono innamorato di una legge elettorale, ma di alcuni concetti: il primo è che bisogna scegliere il proprio candidato leader ma anche il proprio parlamentare"
Chi vuole dargli una certa nobiltà lo chiama Italicum. Chi va giù duro con i tecnicismi lo definisce “ispanico-tedesco“. Chi vuole bombardarlo in culla chiama il sistema elettorale sul quale si basa l’intesa tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi “Maialinum“. Un Porcellum in formato mignon. Perché il segretario del Pd dice che c’è una “sintonia profonda” con il Cavaliere praticamente su tutta la linea e tra l’altro questo basta per sentire già scricchiolare il mega-consenso raccolto a dicembre nei circoli. Se c’è “sintonia profonda” c’è anche su un punto, scavallando i meccanismi complicati su distribuzione dei seggi, soglie di sbarramento e ipotesi su sistemi francesi, tedeschi, austriaci, turchi, giapponesi. E quel punto è che ancora una volta non ci saranno le preferenze e che il Parlamento sarà di nuovo costituito da nominati dalle segreterie di partito. Le liste di nomi saranno molto più corte (5-6 e non trenta e oltre come nella Porcata fatta a fette dalla Consulta), ma il concetto non cambia di un millimetro.
Certo, le preferenze dilaniano spesso i partiti al loro interno (per effetto della concorrenza tra candidati). Certo, le preferenze non garantiscono granché sotto il profilo di una selezione della classe dirigente (Franco Fiorito arrivò nel consiglio regionale del Lazio con una vagonata di voti personali). Certo, le preferenze sono state spesso il piatto ricco con il quale la criminalità organizzata ha potuto spesso fare affari, anche per le carenze della legge sullo scambio elettorale politico-mafioso. Anche alcuni costituzionalisti sono dell’idea che la preferenza non sia affatto la panacea. “Ricordiamo Tangentopoli – diceva Augusto Barbera alcuni giorni fa in commissione Affari costituzionali alla Camera – causata dalla ricerca di ingenti risorse finanziarie necessarie per cercare voti in concorrenza agli altri candidati presenti nella stesso partito”. In più, aggiungeva nella stessa occasione la collega Ida Nicotra “aumenta i costi della politica, si piega alla logica clientelare o peggio alla malavita, espropria i partiti del compito di selezionare, e introduce una conflittualità all’interno dei partiti”.
Fin qui i difetti del sistema delle preferenze. In più c’è il parere della stessa Corte Costituzionale che, nelle motivazioni della sentenza con cui ha spogliato il sistema elettorale ideato da Roberto Calderoli riducendolo a un proporzionale, ha sostenuto che i listini bloccati con pochi nomi non sono incostituzionali perché permettono di garantire “l’effettiva conoscibilità” dei candidati “e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.
Ma poi resta la storia degli ultimi 8 anni con tre Parlamenti composti dai capi di partito, che in alcuni casi hanno dovuto scegliere i più fedeli (da Cosentino e Dell’Utri fino a Razzi e Scilipoti) e in qualche altro caso hanno dovuto scegliere con il manuale Cencelli per non far esplodere la faida delle correnti (teodem, modem, renziani, bersaniani, franceschiniani, Giovani Turchi…). Solo alle ultime politiche questo effetto è stato moderato dalle “Parlamentarie” organizzate dal Movimento Cinque Stelle, dal Pd e da Sel. Ma il risultato resta: l’elettore non può scegliere di dare forza al proprio voto, spingere il “proprio” candidato e poi controllarlo e eventualmente “sanzionarlo” (non votandolo più).
La nuova formula sulla quale partirà il confronto finale in Parlamento non c’entra più nulla con la legge elettorale di Madrid: il sistema spagnolo dovrebbe querelare, se qualcuno ancora lo accostasse alla bozza d’accordo tra i leader di Pd e Forza Italia. Si tratta di un sistema proporzionale con soglie di sbarramento nazionali: 5% per cento per chi fa parte di una coalizione, 8 per chi corre da solo. E questa è l’unica sicurezza. Sugli altri aspetti le ipotesi di tutti i giornali concordano. La governabilità è garantita da un premio di maggioranza per la coalizione che raggiunge il 35% dei voti su base nazionale: chi raggiunge quella cifra ha diritto al 20% dei seggi in più (e già qui i Cinque Stelle annunceranno probabilmente fuoco e fiamme). Se nessuno arriva al 35%, invece, i voti vengono ridistribuiti tra i partiti che sono riusciti a entrare alla Camera (unica perché il Senato si presume abolito). Infine i candidati. Il sistema Verdini-D’Alimonte prevede liste bloccate, ma corte: 4-5-6 nomi per circoscrizione (che saranno 114). Maggiore riconoscibilità degli eletti, forse, ma sempre nominati saranno.
Qualcuno nel Pd forse lo ha già capito. Ieri si era sentito Cesare Damiano, oggi ecco Gianni Cuperlo e Stefano Fassina. Certo, non proprio opinioni disinteressate nella guerra post-congressuale e nemmeno si può dire che il centrosinistra si sia scapicollato (dal 2006 a oggi) per modificare il sistema elettorale. “Non mi convince – dice Fassina – è un Porcellum truccato con tutti i difetti del Porcellum, le liste restano bloccate, è inaccettabile per i cittadini. Noi vogliamo legge elettorale con le preferenze e il doppio turno”. E allora l’ex viceministro, che studia da capocorrente e dice di essersi vergognato a vedere Berlusconi nella sede del suo partito, chiede maggiore partecipazione: “Ascoltiamo i circoli, gli iscritti del Pd. Lo Statuto prevede questa possibilità. Con internet lo possiamo fare nel giro di qualche giorno”.
Eppure Renzi diceva: “C’è un solo meccanismo di legge elettorale che funziona in Italia, quello per eleggere i sindaci. Magari un elettore di Firenze che ha votato contro di me è dispiaciuto che abbia vinto, però ha un punto di forza: un’ora dopo la chiusura dei seggi sappiamo chi è il sindaco. Ci sono dei consiglieri comunali eletti con le preferenze, che non fanno ‘inciucetti‘ di Palazzo per cambiare il sindaco. E’ l’unica legge che funziona. Non capisco perché questi scienziati continuino ad inventare dei meccanismi assurdi dal porcellum al provincellum. Giochiamola semplice. Comunque non sono innamorato di una legge elettorale piuttosto che di un’altra, sono innamorato di alcuni concetti: il primo è che bisogna scegliere il proprio candidato leader, ma anche il proprio parlamentare”. Era il luglio 2012. E’ chiaro che il segretario del Pd, per intavolare un confronto, ha dovuto presentare tre opzioni diverse (spagnolo, “sindaco d’Italia” e Mattarellum da rivisitare). Ma non è necessario innamorarsi di una legge elettorale o di un’altra. Basterebbe innamorarsi di alcuni concetti.
B.COME BASTA!
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Crisi clima, paura in Toscana: Arno a rischio esondazione a Firenze e Pisa. Allagamenti a Scandicci e Sesto Fiorentino | le immagini
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Il sottosegretario Delmastro boccia la riforma Nordio: “Mi piace solo il sorteggio. I pm? Così divoreranno i giudici”. Pd-M5s: “Se ne vada”
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".