Milano, 10 mar. (Adnkronos Salute) - Quello che i cani non dicono, ma anche quello che gli esseri umani non capiscono. In assenza di un linguaggio 'comune' fra uomo e quattrozampe, la capacità di comunicare fra queste due specie che si fanno compagnia e convivono dall'antichità si basa sulla comprensione e sulla lettura del proprio animale domestico, e viceversa. Questo processo può sembrare fluido: dai un premio al tuo cane, lo guardi negli occhi, lui scodinzola lievemente, sembra dire di essere felice di avere quel premio, lo accetta e si allontana in un'altra stanza per goderselo. C'è connessione, almeno questo è quello che si pensa. Perché in realtà un nuovo studio dimostra che gli esseri umani hanno ancora molta strada da fare per comprendere le emozioni di un cane.
La ricerca, pubblicata sulla rivista 'Anthrozoos', è dell'Arizona State University (Asu) e rileva che spesso le persone possono fraintendere. Le ragioni sono molteplici e includono un'incomprensione delle espressioni canine dovuta a un pregiudizio nel proiettare le emozioni umane sui propri animali domestici. Insomma, la realtà potrebbe essere che non si riesce a percepire il vero significato delle emozioni di fido. I ricercatori dell'Asu Holly Molinaro e Clive Wynne hanno condotto una serie di esperimenti per verificare questi malintesi. Emerge che "le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma piuttosto guardano la situazione che circonda il cane e basano la loro percezione emotiva su quella", spiega Molinaro, scienziato esperto di benessere degli animali dell'Asu.
Nel dettaglio, la ricerca mostra che gli esseri umani in genere non hanno una buona comprensione dello stato emotivo del loro cane perché giudicano appunto le sue emozioni in base al contesto dell'evento a cui assistono. "I nostri cani cercano di comunicare con noi, ma noi umani sembriamo determinati a guardare tutto tranne l'animale in sé", aggiunge Wynne, professore di psicologia all'Asu che studia il comportamento dei cani e il legame tra uomo e cane. A peggiorare l'incomprensione c'è poi una proiezione umana dei propri sentimenti sul cane. Questa "antropomorfizzazione" dell'interazione, sottolineano gli esperti, offusca ulteriormente la capacità di capire quale possa essere realmente lo stato emotivo dell'animale, cosa sta cercando di dire.
In due esperimenti, Molinaro e Wynne hanno filmato un cane in quelle che ritenevano fossero situazioni positive (che rendevano felici) o negative (che rendevano meno felici). Le situazioni felici erano cose come offrire il guinzaglio o un premio, e gli scenari infelici includevano un castigo gentile o il tirare fuori l'odiato aspirapolvere. I video sono poi stati mostrati a un gruppo di persone con e senza il loro sfondo visivo, il contesto.
Nel secondo esperimento i ricercatori hanno proprio modificato i video in modo che il cane, filmato in un contesto felice, sembrasse immerso nella situazione infelice, e viceversa il cane filmato in una situazione infelice sembrasse ripreso nel contesto felice. In entrambi gli esperimenti, le persone hanno valutato quanto felici ed eccitati pensavano fossero i cani. La dimensione del campione per il primo esperimento era 383 e per il secondo esperimento era 485.
Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che la percezione che le persone hanno dell'umore del cane si basa su tutti gli elementi presenti nei video, eccetto che sul cane stesso. "Le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma guardano la situazione circostante e basano la loro percezione emotiva su quella", conferma Molinaro. "Vedi un cane che riceve un premio, presumi che si senta bene. Vedi un cane che viene sgridato, presumi che si senta male. Queste supposizioni su come pensi che si senta il cane non hanno nulla a che fare con il comportamento del cane o con i segnali emotivi, il che è molto sorprendente".
Nello studio, continua Molinaro, "quando le persone hanno visto un video di un cane che apparentemente reagiva all'aspirapolvere, tutti hanno detto che il cane si sentiva male e agitato. Ma quando hanno visto il video del cane che faceva esattamente la stessa cosa, ma stavolta sembrava reagire alla vista del suo guinzaglio, tutti hanno riferito che il cane si sentiva felice e calmo. Le persone non giudicavano le emozioni di un cane in base al comportamento del cane, ma in base alla situazione in cui si trovava".
A complicare ulteriormente il processo di comunicazione è la proiezione delle emozioni delle persone sul cane. Molinaro precisa che, sebbene gli esseri umani e i cani abbiano condiviso un legame nel corso dei secoli, ciò non significa che la loro elaborazione emotiva, o persino le espressioni emotive, siano le stesse.
"Ho sempre trovato distorta l'idea che cani e umani debbano provare le stesse emozioni e priva di una vera prova scientifica a sostegno, quindi ho voluto vedere se ci sono fattori che potrebbero effettivamente influenzare la nostra percezione", riflette la scienziata. Studi simili sono stati condotti sulla percezione umana delle emozioni umane, ma non c'è stata la stessa attenzione per le emozioni animali, evidenzia. La nuova ricerca mostra dunque che un'influenza, almeno da parte di un fattore, "il contesto situazionale", c'è. Come può un buon padrone comprendere il vero stato emotivo del proprio animale domestico? "Il primo passo è semplicemente essere consapevoli che non siamo così bravi a leggere le emozioni dei cani", conclude Molinaro. "Dobbiamo essere più umili nella comprensione dei nostri cani". Capendo i "nostri pregiudizi, possiamo iniziare a guardare i nostri cuccioli sotto una nuova luce. La personalità di ogni cane, e quindi le sue espressioni emotive, sono uniche. Prestate dunque molta attenzione ai segnali e ai comportamenti".
Numeri & News
Evasione, 52 i miliardi sottratti al fisco, 27mila i lavoratori in nero
I dati sul 2013 diffusi dalla Guardia. Individuati 12mila responsabili di reati fiscali e 8mila evasori. Quasi 300 milioni di euro intercettati ai valichi di frontiera. Scontrini irregolari per un negozio su tre
Quasi 52 miliardi sottratti alla tassazione e 4,9 quelli di Iva evasa, mentre un’attività commerciale su tre ha emesso, se lo ha fatto, una ricevuta o uno scontrino fiscale irregolare. A questo si aggiungono 2.726 denunce per frodi e reati fiscali, che hanno portato a 202 arresti principalmente per aver utilizzato o emesso fatture false (5.776 violazioni), non aver versato l’Iva (534 casi), aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi (2.903 violazioni) o aver distrutto e occultato la contabilità (1.967 casi). Infine sono 27mila i lavoratori in nero o irregolari, 12mila persone responsabili di reati fiscali e 8mila evasori totali. La guardia di finanza ha pubblicato i dati riguardanti la lotta all’evasione fiscale nel 2013, rendendo noto che sono state avviate procedure di sequestro per 4,6 miliardi di euro e in totale sono 298 i milioni in contanti e i titoli intercettati ai valichi di frontiera.
Numeri che producono gravi danni al bilancio dello Stato, dell’Unione Europea, delle Regioni e degli Enti locali, alterando anche la concorrenza tra imprese. La lotta all’evasione fiscale, chiarisce una nota della Guardia di Finanza, è stata condotta per colpire in modo unitario tutti gli aspetti di illegalità connessi alle violazioni tributarie attraverso verifiche e controlli, indagini, analisi di rischio e controllo del territorio per far emergere anche i responsabili di altre forme di illeciti tributari.
Il “tesoretto” sottratto al fisco – Ammontano a 15,1 miliardi di euro i ricavi non dichiarati ed i costi non deducibili scoperti sul fronte dell’evasione fiscale internazionale grazie anche agli strumenti di collaborazione amministrativa con altri Stati ed all’attività degli “esperti” all’estero. In particolare, i casi più rilevanti riguardano i trasferimenti “di comodo” della residenza di persone e società in paradisi fiscali e l’individuazione di stabili organizzazioni occulte, ovvero di sedi secondarie non dichiarate al fisco di società con sede estera che svolgono in Italia attività soggette a tassazione. Sono stati scoperti 8.315 evasori totali che hanno occultato redditi al fisco per 16,1 miliardi di euro e sono pari a 20,7 miliardi di euro i ricavi non contabilizzati ed i costi non deducibili rilevati con riferimento agli altri fenomeni evasivi. E’ di oltre 4,9 miliardi di euro l’Iva evasa, di cui 2 miliardi riconducibili a “frodi carosello” basate su fittizie transazioni commerciali con l’estero. Sono 145 milioni di euro di imposte evase sono state constatate in esito a frodi nel settore delle accise (imposte che riguardano anche i prodotti energetici).
Lavoratori in nero e irregolari – Individuati anche 14.220 lavoratori completamente “in nero” e 13.385 irregolari, impiegati da 5.338 datori di lavoro, effettuati oltre 9mila interventi nel settore dei giochi e delle scommesse, scoprendo violazioni in 3.500 casi a carico di 10mila responsabili e rilevando scommesse non assoggettate ad imposta per 123 milioni di euro. Inoltre sono stati eseguiti oltre 400 mila controlli sul rilascio di scontrini e ricevute fiscali, sia attraverso il sempre più frequente ricorso a piani coordinati di controllo calibrati sulle singole realtà territoriali che nell’ambito dei quotidiani servizi rivolti al contrasto delle varie forme di abusivismo ed illeciti in campo economico: rilevate irregolarità nel 32% dei casi.
Contanti alle frontiere – A questo si aggiungono oltre 298 milioni di euro in contanti intercettati e titoli illecitamente trasportati attraverso i confini nazionali, con un forte incremento (+ 140% rispetto al 2012) della valuta sequestrata in frontiera, pari ad oltre 258 milioni, anche grazie ad un sistema sanzionatorio più severo ed incisivo entrato in vigore nel corso del 2012. Le violazioni contestate sono state 4.760. Da segnalare anche la cooperazione delle altre istituzioni e della collettività nel contrasto all’evasione fiscale che ogni giorno affiancano la gdf e le altre istituzioni da sempre impegnate in prima linea: comuni, ordini professionali, associazioni di categoria e non solo. Tra i molti casi, si segnala il “Patto Antievasione” contro gli affitti in nero recentemente siglato dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma con Regione Lazio, Roma Capitale e tre Università capitoline (“La Sapienza”, “Tor Vergata” e “Roma Tre) secondo una strategia che muove su due direttrici parallele: da una parte più peso all’intelligence ed alle sinergie per smascherare i proprietari disonesti.
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Roma, 10 mar. - (Adnkronos) - Presente in Italia dal 2003, Hisense ha chiuso lo scorso anno con risultati eccellenti nel nostro mercato con un fatturato di 3,1 miliardi di euro e una crescita annua del 33%. Il settore TV ha terminato con una quota di mercato in volume del 12,5%, pari a un incremento di 3,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente, e quota di mercato in valore dell’11,9% (+3,5 punti percentuali), entrambi i migliori risultati del settore.
A gennaio 2025, peraltro, la quota di mercato in volume ha superato il 15%, posizionando Hisense al secondo posto nel settore. Anche nel segmento premium, il brand cinese ha registrato ottimi risultati: nel 2024, la quota di mercato in valore dei prodotti di fascia medio-alta ha raggiunto l’8,4%, con un aumento di 4,1 punti percentuali, il più alto del settore. Nel segmento dei TV di grandi dimensioni (98 pollici e oltre), la quota di mercato in volume ha raggiunto il 37,8%, classificandosi al primo posto nel settore, con un ulteriore incremento al 40,4% nel gennaio 2025. Anche il settore frigoriferi ha registrato una crescita costante, con una quota di mercato del 6,7% nel 2024, salendo al quarto posto nel settore, con un continuo miglioramento della struttura dei prodotti.
Per quanto riguarda l'espansione della rete distributiva, i prodotti Hisense sono presenti in oltre 1.200 negozi in Italia, con una copertura dell’84%. Nel 2024 sono stati aggiunti oltre 500 nuovi punti vendita con marchio Hisense, inclusi negozi flagship. Nei principali canali di vendita come Mediaworld e Unieuro, il fatturato delle TV Hisense è aumentato del 46% su base annua, con una crescita del 95% nel segmento di fascia medio-alta; il fatturato dei frigoriferi è aumentato del 27%, con una crescita del 43% nel segmento premium. Inoltre, nel 2024 il gruppo ha inaugurato il suo centro europeo di ricerca e sviluppo HVAC (riscaldamento, ventilazione e condizionamento) a Milano, con attività di ricerca che coprono prodotti residenziali, commerciali leggeri, VRF (sistemi di climatizzazione a flusso variabile) e pompe di calore, rafforzando ulteriormente la sua capacità tecnologica nel mercato italiano.
Il gruppo Hisense ha peraltro partecipato di recente alle 'Due Sessioni 2025' - che si sono tenute a marzo - ovvero il più importante evento del calendario politico cinese. Il presidente del gruppo, Jia Shaoqian, delegato dell’Assemblea Nazionale del Popolo, è intervenuto per sottolineare l'importanza di rafforzare il ruolo delle imprese come protagoniste dell’innovazione tecnologica. Jia ha anche sostenuto l'esigenza di una profonda integrazione tra innovazione tecnologica e innovazione industriale proponendo di istituire un meccanismo di valutazione differenziata per i laboratori aziendali, così da incentivare l’uscita dei risultati scientifici dai laboratori per essere applicati nelle linee di produzione attraverso innovazioni normative.
Per Jia Shaoqian la creazione di una nuova produttività non può prescindere né dall’innovazione originale né dall’industrializzazione: di qui la necessità di connettere in modo efficace il laboratorio alla produzione come fa appunto Hisense. Un esempio, la tecnologia di visualizzazione avanzata RGB-Mini LED, che dopo essere rimasta confinata ai laboratori a causa di limiti tecnici, è stata perfezionata da Hisense che ne ha quindi promosso la prima produzione di massa al mondo, rafforzando la posizione della Cina nel settore dei display di nuova generazione.
Rimini, 10 mar- (Adnkronos) - "La nostra strategia si basa su un modello di partnership win-win, di lungo periodo e a investimenti zero per i nostri clienti. Per fare questo creiamo alleanze con tutti i principali operatori di settore, come sviluppatori, Esco, studi di progettazione, advisor che sono partner fondamentali in tutti i territori in cui operiamo. Per questo il nostro motto è 'Energy. Solutions. Together'". Così Federico Longo, Head of Sales Marketing di Elevion Group - Italia, all'Adnkronos, in occasione della partecipazione a Key 2025 (5-7 marzo, Fiera di Rimini).
Elevion è un gruppo attivo in Europa per la realizzazione di soluzioni integrate per la decarbonizzazione e l’efficienza energetica. Dalla sua fondazione nel 2020, si è consolidato in diversi mercati europei (compresi i Paesi Bassi, la Germania, l'Austria, l'Italia, Polonia, Romania e Ungheria) dove opera attraverso oltre 60 società indipendenti altamente specializzate, ma con la solidità finanziaria di un gruppo internazionale: con oltre 4500 dipendenti, 6000 progetti e 500 MW di nuovi impianti fotovoltaici costruiti ogni anno in tutta Europa, 2000 MWp di fotovoltaico in O&M, e 1,2 miliardi di ricavi realizzati nel 2024.
"Operiamo in Italia con un approccio B2B e ci rivolgiamo alle industrie energivore - in particolare dell’agroalimentare, del packaging, dell’acciaio e delle cartiere - ma anche al settore terziario, ospedali, grandi centri sportivi, enti fieristici e centri commerciali. Realizziamo soluzioni integrate e su misura in base alle esigenze specifiche del cliente, combinando le migliori tecnologie disponibili sul mercato come trigenerazione e pompe di calore, fino alla produzione di energia sostenibile, dal biometano al fotovoltaico con batterie", spiega.
"Partiamo dalla consapevolezza che fare efficienza energetica e decarbonizzazione è un processo complesso che richiede l’integrazione di competenze e capacità diversificate - dice - Come gruppo, abbiamo progettato la nostra struttura per gestire da un'unica posizione tutta la portata e le complessità richieste da seri sforzi di decarbonizzazione e soddisfare nel tempo tutte le complessità e le esigenze del processo tecnico".
"Per noi, una transizione energetica giusta è una transizione sostenibile, che genera vantaggi per tutti i soggetti coinvolti. Ciò vuol dire aiutare i nostri clienti e partner a concentrarsi sul loro core business, mentre noi ci occupiamo di garantire una gestione efficiente dell’energia. Per questo investiamo nei progetti dei nostri clienti, che non devono intervenire con capitali propri, possono beneficiare di un controllo adeguato dei costi per l’energia e rimanere competitivi sul mercato", conclude.
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Elevion è un gruppo attivo in Europa per la realizzazione di soluzioni integrate per la decarbonizzazione e l’efficienza energetica. Dalla sua fondazione nel 2020, si è consolidato in diversi mercati europei (compresi i Paesi Bassi, la Germania, l'Austria, l'Italia, Polonia, Romania e Ungheria) dove opera attraverso oltre 60 società indipendenti altamente specializzate, ma con la solidità finanziaria di un gruppo internazionale: con oltre 4500 dipendenti, 6000 progetti e 500 MW di nuovi impianti fotovoltaici costruiti ogni anno in tutta Europa, 2000 MWp di fotovoltaico in O&M, e 1,2 miliardi di ricavi realizzati nel 2024.
"Operiamo in Italia con un approccio B2B e ci rivolgiamo alle industrie energivore - in particolare dell’agroalimentare, del packaging, dell’acciaio e delle cartiere - ma anche al settore terziario, ospedali, grandi centri sportivi, enti fieristici e centri commerciali. Realizziamo soluzioni integrate e su misura in base alle esigenze specifiche del cliente, combinando le migliori tecnologie disponibili sul mercato come trigenerazione e pompe di calore, fino alla produzione di energia sostenibile, dal biometano al fotovoltaico con batterie", spiega.
"Partiamo dalla consapevolezza che fare efficienza energetica e decarbonizzazione è un processo complesso che richiede l’integrazione di competenze e capacità diversificate - dice - Come gruppo, abbiamo progettato la nostra struttura per gestire da un'unica posizione tutta la portata e le complessità richieste da seri sforzi di decarbonizzazione e soddisfare nel tempo tutte le complessità e le esigenze del processo tecnico".
"Per noi, una transizione energetica giusta è una transizione sostenibile, che genera vantaggi per tutti i soggetti coinvolti. Ciò vuol dire aiutare i nostri clienti e partner a concentrarsi sul loro core business, mentre noi ci occupiamo di garantire una gestione efficiente dell’energia. Per questo investiamo nei progetti dei nostri clienti, che non devono intervenire con capitali propri, possono beneficiare di un controllo adeguato dei costi per l’energia e rimanere competitivi sul mercato", conclude.
Roma, 10 mar. (Adnkronos/Labitalia) - La formazione universitaria come motore di sviluppo per il territorio. In Campania, una regione che negli ultimi anni ha registrato una crescita economica significativa, ma che continua a confrontarsi con il fenomeno della fuga di talenti, l’orientamento alle professioni del futuro assume un ruolo strategico. Questo il tema al centro dell’evento 'Muoversi nelle professioni e sul territorio', dedicato alle lauree magistrali Luiss e in programma giovedì 13 marzo alle 16 presso la Sala D’Amato dell’Unione Industriale Napoli.
Un recente studio Deloitte evidenzia come, nell’ultimo decennio, la Campania abbia registrato una crescita del Pil pro-capite superiore alla media italiana. Tuttavia, nel 2023 il tasso di occupazione dei laureati si attestava al 70,8%, oltre 10 punti percentuali al di sotto della media nazionale. Un divario che spinge molti giovani a cercare opportunità altrove, alimentando un costante esodo di talenti. Dal 2013 al 2022, secondo l’Istat, la regione ha perso 46.000 laureati tra i 25 e i 34 anni, con un impatto significativo in termini di impoverimento del tessuto economico, sociale e culturale. Per affrontare questa sfida, diventa essenziale il dialogo tra istituzioni, imprese e università. Queste ultime sono chiamate ad agire da ponte tra le aspettative dei giovani e le esigenze del mercato, contribuendo poi a restituire al territorio professionisti con competenze richieste dal mondo del lavoro che cambia.
Di queste tematiche si parlerà nel corso dell’appuntamento promosso dalla Luiss, Muoversi nelle professioni e sul territorio, al quale prenderanno parte manager ed esperti di importanti realtà: Tommaso Bianchini, chief revenue officer della Ssc Napoli; Giancarlo Fimiani, vicepresidente alla valorizzazione del capitale umano, innovazione, ricerca & sviluppo e università presso l’Unione Industriali Napoli; Simone Neri, dirigente del servizio studi, documentazione giuridica e parlamentare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Linda Langella, head of talent and development di Avio.
Insieme a loro, Enzo Peruffo, Dean della Graduate School Luiss, responsabile dello sviluppo dei percorsi magistrali dell’ateneo, che spiega: “La Luiss, grazie a un rapporto consolidato con il mondo delle imprese, lavora in prima linea per costruire Corsi di Laurea Magistrale strettamente legati alle reali necessità del mercato del lavoro. Pur avendo sede a Roma – aggiunge il professore – dedichiamo particolare attenzione alla Campania, non solo perché è la seconda regione di provenienza dei nostri studenti, ma anche per la vivacità del suo tessuto economico e imprenditoriale. Un territorio che si distingue in settori chiave come il turismo, l’agroalimentare e l’aerospazio, offrendo opportunità concrete ai neolaureati che vogliono costruire qui il proprio futuro”.
L’incontro sarà anche l’occasione per illustrare le caratteristiche dell’offerta formativa Luiss, in vista delle prove di ammissione per le lauree magistrali. La selezione è attualmente aperta, con possibilità di iscriversi entro il 2 aprile all’unica sessione di test.
Roma, 10 mar. (Adnkronos Salute) - E' stato presentato oggi in Italia il sistema smart di Medtronic, azienda leader di Healthcare Technology, per la gestione del diabete per le persone in terapia insulinica multi-iniettiva (Mdi). Questa soluzione innovativa risponde alla sfida del controllo costante della glicemia e dei livelli di insulina attiva. Consentire un corretto dosaggio di insulina, infatti, risulta essere il bisogno del 60% delle persone con diabete. Il sistema Smart Mdi - riporta una nota - integra i dati del sensore per il monitoraggio continuo del glucosio (Cgm) con quelli della penna intelligente, registrando simultaneamente i valori. Una App calcolerà e indicherà la dose esatta di insulina da somministrare. Questo sistema, grazie a queste funzioni, è in grado di consigliare i boli insulinici, sia in corrispondenza dei pasti, sia per correggere i valori glicemici.
In Italia, tra diabete di tipo 1 e tipo 2, circa 500mila persone seguono una terapia insulinica, con un impatto significativo sulla loro quotidianità. Secondo gli Annali Amd (2023), circa l'80% delle persone con diabete di tipo 1 utilizza ancora la terapia multi-iniettiva. Il 44% delle persone con diabete di tipo 2 e il 64% delle persone con il tipo 1 che utilizzano il supporto Cgm non raggiunge comunque un adeguato controllo glicemico, registrando valori di emoglobina glicata (HbA1c) superiori a 7. Il sistema Smart Mdi di Medtronic - si legge - rappresenta un'opzione innovativa per le persone che, per scelta o per mancanza di accesso alla tecnologia, non utilizzano un microinfusore, facilitando così un primo passo per un approccio personalizzato della gestione della terapia con un miglioramento dei risultati clinici.
"Ottenere un buon controllo della glicemia è fondamentale per prevenire la comparsa delle complicanze legate al diabete e per migliorare la qualità di vita delle persone che presentano questa condizione - afferma Dario Pitocco, professore associato di Endocrinologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uosd di Diabetologia della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma - La terapia insulinica che prevede più somministrazioni al giorno richiede molta attenzione nella sua gestione. Attualmente la disponibilità di un sistema smart ha comportato un alleggerimento della pressione legata a questo tipo di terapia. Il sistema smart integra e connette i dati ricavabili dal monitoraggio in continuo della glicemia con sensore con la penna di insulina che si utilizza per la somministrazione, mediante un'applicazione presente sullo smartphone, che raccoglie i dati relativi alla terapia fornendo suggerimenti utili per la definizione del dosaggio di insulina".
Nello specifico - dettaglia la nota - il sistema Smart Mdi di Medtronic è composto da Simplera™, un sensore all-in-one con trasmettitore integrato, più piccolo di oltre la metà dei precedenti Cgm di Medtronic. Il sensore fornisce letture dei livelli del glucosio in tempo reale e comunica direttamente con l'applicazione per cellulare della penna intelligente InPen™, una penna per la somministrazione di insulina ad azione rapida riutilizzabile che monitora anche la temperatura dell'insulina. L'App InPen™ invia notifiche in caso di dosi dimenticate, segnala valori di glucosio elevati e calcola le necessarie correzioni. L'obiettivo è contrastare il rischio di incorrere in ipo o iperglicemie. Un ulteriore strumento a disposizione dei clinici per ottimizzare la terapia grazie a dati significativi.
"Siamo impegnati a semplificare la vita delle persone con diabete attraverso una completa piattaforma di gestione. Fermo restando che il trattamento ottimale è dato dall'integrazione del Cgm con i microinfusori di insulina, come il MiniMed™ 780G, le penne intelligenti rappresentano un'alternativa efficace per ottimizzare i risultati clinici e ridurre il peso quotidiano per le persone con diabete di tipo 1, in modo che possano vivere la loro vita al meglio", conclude Luigi Morgese, Senior Business Director di Medtronic Diabete Italia, Grecia e Israele.
Milano, 10 mar. (Adnkronos Salute) - Quello che i cani non dicono, ma anche quello che gli esseri umani non capiscono. In assenza di un linguaggio 'comune' fra uomo e quattrozampe, la capacità di comunicare fra queste due specie che si fanno compagnia e convivono dall'antichità si basa sulla comprensione e sulla lettura del proprio animale domestico, e viceversa. Questo processo può sembrare fluido: dai un premio al tuo cane, lo guardi negli occhi, lui scodinzola lievemente, sembra dire di essere felice di avere quel premio, lo accetta e si allontana in un'altra stanza per goderselo. C'è connessione, almeno questo è quello che si pensa. Perché in realtà un nuovo studio dimostra che gli esseri umani hanno ancora molta strada da fare per comprendere le emozioni di un cane.
La ricerca, pubblicata sulla rivista 'Anthrozoos', è dell'Arizona State University (Asu) e rileva che spesso le persone possono fraintendere. Le ragioni sono molteplici e includono un'incomprensione delle espressioni canine dovuta a un pregiudizio nel proiettare le emozioni umane sui propri animali domestici. Insomma, la realtà potrebbe essere che non si riesce a percepire il vero significato delle emozioni di fido. I ricercatori dell'Asu Holly Molinaro e Clive Wynne hanno condotto una serie di esperimenti per verificare questi malintesi. Emerge che "le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma piuttosto guardano la situazione che circonda il cane e basano la loro percezione emotiva su quella", spiega Molinaro, scienziato esperto di benessere degli animali dell'Asu.
Nel dettaglio, la ricerca mostra che gli esseri umani in genere non hanno una buona comprensione dello stato emotivo del loro cane perché giudicano appunto le sue emozioni in base al contesto dell'evento a cui assistono. "I nostri cani cercano di comunicare con noi, ma noi umani sembriamo determinati a guardare tutto tranne l'animale in sé", aggiunge Wynne, professore di psicologia all'Asu che studia il comportamento dei cani e il legame tra uomo e cane. A peggiorare l'incomprensione c'è poi una proiezione umana dei propri sentimenti sul cane. Questa "antropomorfizzazione" dell'interazione, sottolineano gli esperti, offusca ulteriormente la capacità di capire quale possa essere realmente lo stato emotivo dell'animale, cosa sta cercando di dire.
In due esperimenti, Molinaro e Wynne hanno filmato un cane in quelle che ritenevano fossero situazioni positive (che rendevano felici) o negative (che rendevano meno felici). Le situazioni felici erano cose come offrire il guinzaglio o un premio, e gli scenari infelici includevano un castigo gentile o il tirare fuori l'odiato aspirapolvere. I video sono poi stati mostrati a un gruppo di persone con e senza il loro sfondo visivo, il contesto.
Nel secondo esperimento i ricercatori hanno proprio modificato i video in modo che il cane, filmato in un contesto felice, sembrasse immerso nella situazione infelice, e viceversa il cane filmato in una situazione infelice sembrasse ripreso nel contesto felice. In entrambi gli esperimenti, le persone hanno valutato quanto felici ed eccitati pensavano fossero i cani. La dimensione del campione per il primo esperimento era 383 e per il secondo esperimento era 485.
Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che la percezione che le persone hanno dell'umore del cane si basa su tutti gli elementi presenti nei video, eccetto che sul cane stesso. "Le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma guardano la situazione circostante e basano la loro percezione emotiva su quella", conferma Molinaro. "Vedi un cane che riceve un premio, presumi che si senta bene. Vedi un cane che viene sgridato, presumi che si senta male. Queste supposizioni su come pensi che si senta il cane non hanno nulla a che fare con il comportamento del cane o con i segnali emotivi, il che è molto sorprendente".
Nello studio, continua Molinaro, "quando le persone hanno visto un video di un cane che apparentemente reagiva all'aspirapolvere, tutti hanno detto che il cane si sentiva male e agitato. Ma quando hanno visto il video del cane che faceva esattamente la stessa cosa, ma stavolta sembrava reagire alla vista del suo guinzaglio, tutti hanno riferito che il cane si sentiva felice e calmo. Le persone non giudicavano le emozioni di un cane in base al comportamento del cane, ma in base alla situazione in cui si trovava".
A complicare ulteriormente il processo di comunicazione è la proiezione delle emozioni delle persone sul cane. Molinaro precisa che, sebbene gli esseri umani e i cani abbiano condiviso un legame nel corso dei secoli, ciò non significa che la loro elaborazione emotiva, o persino le espressioni emotive, siano le stesse.
"Ho sempre trovato distorta l'idea che cani e umani debbano provare le stesse emozioni e priva di una vera prova scientifica a sostegno, quindi ho voluto vedere se ci sono fattori che potrebbero effettivamente influenzare la nostra percezione", riflette la scienziata. Studi simili sono stati condotti sulla percezione umana delle emozioni umane, ma non c'è stata la stessa attenzione per le emozioni animali, evidenzia. La nuova ricerca mostra dunque che un'influenza, almeno da parte di un fattore, "il contesto situazionale", c'è. Come può un buon padrone comprendere il vero stato emotivo del proprio animale domestico? "Il primo passo è semplicemente essere consapevoli che non siamo così bravi a leggere le emozioni dei cani", conclude Molinaro. "Dobbiamo essere più umili nella comprensione dei nostri cani". Capendo i "nostri pregiudizi, possiamo iniziare a guardare i nostri cuccioli sotto una nuova luce. La personalità di ogni cane, e quindi le sue espressioni emotive, sono uniche. Prestate dunque molta attenzione ai segnali e ai comportamenti".
Milano, 10 mar. (Adnkronos Salute) - Quello che i cani non dicono, ma anche quello che gli esseri umani non capiscono. In assenza di un linguaggio 'comune' fra uomo e quattrozampe, la capacità di comunicare fra queste due specie che si fanno compagnia e convivono dall'antichità si basa sulla comprensione e sulla lettura del proprio animale domestico, e viceversa. Questo processo può sembrare fluido: dai un premio al tuo cane, lo guardi negli occhi, lui scodinzola lievemente, sembra dire di essere felice di avere quel premio, lo accetta e si allontana in un'altra stanza per goderselo. C'è connessione, almeno questo è quello che si pensa. Perché in realtà un nuovo studio dimostra che gli esseri umani hanno ancora molta strada da fare per comprendere le emozioni di un cane.
La ricerca, pubblicata sulla rivista 'Anthrozoos', è dell'Arizona State University (Asu) e rileva che spesso le persone possono fraintendere. Le ragioni sono molteplici e includono un'incomprensione delle espressioni canine dovuta a un pregiudizio nel proiettare le emozioni umane sui propri animali domestici. Insomma, la realtà potrebbe essere che non si riesce a percepire il vero significato delle emozioni di fido. I ricercatori dell'Asu Holly Molinaro e Clive Wynne hanno condotto una serie di esperimenti per verificare questi malintesi. Emerge che "le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma piuttosto guardano la situazione che circonda il cane e basano la loro percezione emotiva su quella", spiega Molinaro, scienziato esperto di benessere degli animali dell'Asu.
Nel dettaglio, la ricerca mostra che gli esseri umani in genere non hanno una buona comprensione dello stato emotivo del loro cane perché giudicano appunto le sue emozioni in base al contesto dell'evento a cui assistono. "I nostri cani cercano di comunicare con noi, ma noi umani sembriamo determinati a guardare tutto tranne l'animale in sé", aggiunge Wynne, professore di psicologia all'Asu che studia il comportamento dei cani e il legame tra uomo e cane. A peggiorare l'incomprensione c'è poi una proiezione umana dei propri sentimenti sul cane. Questa "antropomorfizzazione" dell'interazione, sottolineano gli esperti, offusca ulteriormente la capacità di capire quale possa essere realmente lo stato emotivo dell'animale, cosa sta cercando di dire.
In due esperimenti, Molinaro e Wynne hanno filmato un cane in quelle che ritenevano fossero situazioni positive (che rendevano felici) o negative (che rendevano meno felici). Le situazioni felici erano cose come offrire il guinzaglio o un premio, e gli scenari infelici includevano un castigo gentile o il tirare fuori l'odiato aspirapolvere. I video sono poi stati mostrati a un gruppo di persone con e senza il loro sfondo visivo, il contesto. Nel secondo esperimento i ricercatori hanno proprio modificato i video in modo che il cane, filmato in un contesto felice, sembrasse immerso nella situazione infelice, e viceversa il cane filmato in una situazione infelice sembrasse ripreso nel contesto felice. In entrambi gli esperimenti, le persone hanno valutato quanto felici ed eccitati pensavano fossero i cani. La dimensione del campione per il primo esperimento era 383 e per il secondo esperimento era 485.
Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che la percezione che le persone hanno dell'umore del cane si basa su tutti gli elementi presenti nei video, eccetto che sul cane stesso. "Le persone non guardano cosa sta facendo il cane, ma guardano la situazione circostante e basano la loro percezione emotiva su quella", conferma Molinaro. "Vedi un cane che riceve un premio, presumi che si senta bene. Vedi un cane che viene sgridato, presumi che si senta male. Queste supposizioni su come pensi che si senta il cane non hanno nulla a che fare con il comportamento del cane o con i segnali emotivi, il che è molto sorprendente".
Nello studio, continua Molinaro, "quando le persone hanno visto un video di un cane che apparentemente reagiva all'aspirapolvere, tutti hanno detto che il cane si sentiva male e agitato. Ma quando hanno visto il video del cane che faceva esattamente la stessa cosa, ma stavolta sembrava reagire alla vista del suo guinzaglio, tutti hanno riferito che il cane si sentiva felice e calmo. Le persone non giudicavano le emozioni di un cane in base al comportamento del cane, ma in base alla situazione in cui si trovava".
A complicare ulteriormente il processo di comunicazione è la proiezione delle emozioni delle persone sul cane. Molinaro precisa che, sebbene gli esseri umani e i cani abbiano condiviso un legame nel corso dei secoli, ciò non significa che la loro elaborazione emotiva, o persino le espressioni emotive, siano le stesse. "Ho sempre trovato distorta l'idea che cani e umani debbano provare le stesse emozioni e priva di una vera prova scientifica a sostegno, quindi ho voluto vedere se ci sono fattori che potrebbero effettivamente influenzare la nostra percezione", riflette la scienziata. Studi simili sono stati condotti sulla percezione umana delle emozioni umane, ma non c'è stata la stessa attenzione per le emozioni animali, evidenzia. La nuova ricerca mostra dunque che un'influenza, almeno da parte di un fattore, "il contesto situazionale", c'è. Come può un buon padrone comprendere il vero stato emotivo del proprio animale domestico? "Il primo passo è semplicemente essere consapevoli che non siamo così bravi a leggere le emozioni dei cani", conclude Molinaro. "Dobbiamo essere più umili nella comprensione dei nostri cani". Capendo i "nostri pregiudizi, possiamo iniziare a guardare i nostri cuccioli sotto una nuova luce. La personalità di ogni cane, e quindi le sue espressioni emotive, sono uniche. Prestate dunque molta attenzione ai segnali e ai comportamenti".