Il presidente del Consiglio “è espressione del Pd, e se il Pd sostiene Letta il governo va avanti, in caso contrario no. Si riuniscano e decidano cosa fare, il paese non può pagare le liti interne al Pd”. Così il vicepremier Angelino Alfano, a margine della manifestazione del Nuovo Centrodestra per la campagna elettorale in Abruzzo, ha parlato della tenuta del governo in riferimento alle riforme in arrivo. “Per anni quando il presidente del Consiglio era espressione del Pd la vita del governo è stata condizionata negativamente dalle dinamiche interne al partito, ma il paese non può sobbarcarsi l’onere e il peso dei litigi interni a quel partito”. Molto più ottimista il commento arrivato in giornata dal segretario Pd Matteo Renzi, che su Twitter scrive: “I conservatori non mollano, resistono, sperano nella palude. Ma l’Italia cambierà, dalla legge elettorale al lavoro. Questa è la volta buona”.
Sulla legge elettorale, Alfano si dice deciso a presentare un emendamento per introdurre le preferenze. “Ora presentiamo l’emendamento sulle preferenze, poi proporremo al Pd un contratto di governo per l’emergenza lavoro. E nel 2015 si potrà andare a votare”. E ha concluso: “Vi faccio notare una cosa: da quando è nato Ncd, il centrodestra è tornato in vantaggio: con la legge elettorale cercano di soffocarci nella culla, ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno. Ora presentiamo l’emendamento sulle preferenze, poi proporremo al Pd un contratto di governo per l’emergenza lavoro”.
Un’ipotesi contrastata invece da Forza Italia che sull’argomento non intende fare passi indietro. “Non abbiamo alcuna paura delle preferenze, io per esempio ne ho prese 17mila come consigliere regionale in provincia di Brescia, ma credo che siano un sistema sbagliato”, ha detto Mariastella Gelmini (FI), a margine di un incontro a Milano contro il ddl Delrio sulle Province. “Senza preferenze si deve comunque fare campagna elettorale – ha sottolineato la deputata -. Si sta facendo credere al Paese che le preferenze siano la panacea di tutti i mali e siano ampiamente democratiche. In molti casi alle preferenze si associano sistemi clientelari, rappresentano in realtà il trionfo delle lobby e spesso non sono gli elettori a scegliere gli eletti ma gli eletti e scegliere le categorie, le lobby, i portatori di voti. L’altro aspetto negativo è che fanno lievitare i costi delle campagne elettorali”.