Il registro dei lobbisti delle istituzioni Ue esiste ma non è trasparente. Secondo l’associazione Alter Eu, l’intero procedimento di revisione del registro unico rischia di diventare un enorme buco nell’acqua a causa della mancanza di volontà politica di mostrare ai cittadini quello che realmente succede a Bruxelles e Strasburgo.
Intanto i poteri dell’Unione europea si moltiplicano nei campi più disparati e le lobby a Bruxelles crescono come i funghi. Lanciato nel giugno 2011, il procedimento di revisione delle regole del gioco che regolano il registro di chi fa lobby nei confronti delle istituzioni europee, avrebbe dovuto assicurare maggiore trasparenza all’intero processo di influenza dei “policy maker”, come si dice in gergo. Ma le dieci raccomandazioni stilate da Alter Eu risultano tutte ampiamente disattese. Si tratta del registro pubblico che elenca associazioni, aziende e singoli individui che svolgono azione di lobby nei confronti del Parlamento europeo e della Commissione europea.
Con “lobby” si intende “un gruppo di persone legate da interessi comuni e in grado di esercitare pressioni sul potere politico per ottenere provvedimenti a proprio favore”. Una precisazione a questo riguardo è d’obbligo: lobby non vuol dire per forza espressione di poteri forti e oscuri, in quanto può essere esercitata, ad esempio, anche da associazioni senza scopo di lucro e sindacati. Spesso gli eurodeputati si avvalgono della consulenza di alcune lobby, come possono essere determinate associazioni di categoria, per avere dei pareri qualificati su certi argomenti di lavoro. Quello che è sicuro è che, per evitare il proliferarsi di interessi totalmente di parte e contrari a quelli dei cittadini europei, la trasparenza di questi “gruppi di persone” dovrebbe essere garantita. Non a caso nel corso del 2011 sono state chieste a gran voce nuove regole del gioco e un registro unico di tutti i lobbisti attivi nei confronti delle istituzioni Ue.
Inutile a dirlo, i problemi sono tanti: prima di tutto l’iscrizione a questo registro non è obbligatoria. Insomma un’organizzazione non è costretta a registrarsi né a dichiarare pubblicamente i propri interessi. Le regole si limitano a incoraggiare l’iscrizione con una serie di incentivi, come la possibilità di organizzare eventi o di partecipare come relatori a delle conferenze, ma se ne può fare tranquillamente a meno. E non finita qui. Alter Eu denuncia poca trasparenza lungo l’intero processo di revisione fatto praticamente a porte chiuse. Secondo l’associazione, la responsabilità principale sembrerebbe della Commissione europea che starebbe frenando i tentativi del Parlamento di rendere il tutto più trasparente. Ma il problema potrebbe essere ben più complesso.
A quanto pare l’obbligatorietà di iscrizione al registro può essere introdotta solo con l’implicito consenso dei 28 governi nazionali, ma ad oggi solo quattro (Paesi Bassi, Austria, Francia e Danimarca) hanno simili legislazioni a livello nazionale, il che la dice lunga sulla reale volontà politica di compiere questo passo in Europa. Duro il commento di Ronny Patz di Transparency international: “Il percorso politico verso l’obbligatorietà di registrazione per le lobby è a dir poco deludente. Chiediamo al prossimo Parlamento europeo e Commissione europea a mostrare più determinazione nel regolare il mondo delle lobby”.
Gli stessi eurodeputati si sono resi conto dell’importanza di aprire le finestre su quello che succede all’interno della “European bubble”. In una lettera inviata da Rainer Wieland, eurodeputato tedesco della Cdu a capo del gruppo parlamentare creato per coordinare il processo di revisione, al Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, si si legge a chiare lettere: “La Commissione europea dovrebbe modificare l’attuale articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell’Ue per rendere l’iscrizione obbligatoria. E se questo non fosse possibile, il Parlamento europeo dovrebbe adoperarsi affinché sia creato un nuovo registro sulle attuali basi legali. Insomma per arrivare al sistema americano, dove per parlare con deputati e funzionari è quanto meno obbligatorio registrarsi in un apposito registro, di strada da fare ce n’è parecchia.
twitter @AlessioPisano
Lobby
Boom di lobbisti a Bruxelles e Strasburgo. “Ma il registro non è trasparente”
L'associazione Alter Eu denuncia la mancanza di volontà di fare luce sull'attività di chi fa lobby nei confronti di Parlamento europeo e Commissione Ue. Iscriversi al registro non è nemmeno obbligatorio e l'intero processo di revisione è stato fatto quasi a porte chiuse
Il registro dei lobbisti delle istituzioni Ue esiste ma non è trasparente. Secondo l’associazione Alter Eu, l’intero procedimento di revisione del registro unico rischia di diventare un enorme buco nell’acqua a causa della mancanza di volontà politica di mostrare ai cittadini quello che realmente succede a Bruxelles e Strasburgo.
Intanto i poteri dell’Unione europea si moltiplicano nei campi più disparati e le lobby a Bruxelles crescono come i funghi. Lanciato nel giugno 2011, il procedimento di revisione delle regole del gioco che regolano il registro di chi fa lobby nei confronti delle istituzioni europee, avrebbe dovuto assicurare maggiore trasparenza all’intero processo di influenza dei “policy maker”, come si dice in gergo. Ma le dieci raccomandazioni stilate da Alter Eu risultano tutte ampiamente disattese. Si tratta del registro pubblico che elenca associazioni, aziende e singoli individui che svolgono azione di lobby nei confronti del Parlamento europeo e della Commissione europea.
Con “lobby” si intende “un gruppo di persone legate da interessi comuni e in grado di esercitare pressioni sul potere politico per ottenere provvedimenti a proprio favore”. Una precisazione a questo riguardo è d’obbligo: lobby non vuol dire per forza espressione di poteri forti e oscuri, in quanto può essere esercitata, ad esempio, anche da associazioni senza scopo di lucro e sindacati. Spesso gli eurodeputati si avvalgono della consulenza di alcune lobby, come possono essere determinate associazioni di categoria, per avere dei pareri qualificati su certi argomenti di lavoro. Quello che è sicuro è che, per evitare il proliferarsi di interessi totalmente di parte e contrari a quelli dei cittadini europei, la trasparenza di questi “gruppi di persone” dovrebbe essere garantita. Non a caso nel corso del 2011 sono state chieste a gran voce nuove regole del gioco e un registro unico di tutti i lobbisti attivi nei confronti delle istituzioni Ue.
Inutile a dirlo, i problemi sono tanti: prima di tutto l’iscrizione a questo registro non è obbligatoria. Insomma un’organizzazione non è costretta a registrarsi né a dichiarare pubblicamente i propri interessi. Le regole si limitano a incoraggiare l’iscrizione con una serie di incentivi, come la possibilità di organizzare eventi o di partecipare come relatori a delle conferenze, ma se ne può fare tranquillamente a meno. E non finita qui. Alter Eu denuncia poca trasparenza lungo l’intero processo di revisione fatto praticamente a porte chiuse. Secondo l’associazione, la responsabilità principale sembrerebbe della Commissione europea che starebbe frenando i tentativi del Parlamento di rendere il tutto più trasparente. Ma il problema potrebbe essere ben più complesso.
A quanto pare l’obbligatorietà di iscrizione al registro può essere introdotta solo con l’implicito consenso dei 28 governi nazionali, ma ad oggi solo quattro (Paesi Bassi, Austria, Francia e Danimarca) hanno simili legislazioni a livello nazionale, il che la dice lunga sulla reale volontà politica di compiere questo passo in Europa. Duro il commento di Ronny Patz di Transparency international: “Il percorso politico verso l’obbligatorietà di registrazione per le lobby è a dir poco deludente. Chiediamo al prossimo Parlamento europeo e Commissione europea a mostrare più determinazione nel regolare il mondo delle lobby”.
Gli stessi eurodeputati si sono resi conto dell’importanza di aprire le finestre su quello che succede all’interno della “European bubble”. In una lettera inviata da Rainer Wieland, eurodeputato tedesco della Cdu a capo del gruppo parlamentare creato per coordinare il processo di revisione, al Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, si si legge a chiare lettere: “La Commissione europea dovrebbe modificare l’attuale articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell’Ue per rendere l’iscrizione obbligatoria. E se questo non fosse possibile, il Parlamento europeo dovrebbe adoperarsi affinché sia creato un nuovo registro sulle attuali basi legali. Insomma per arrivare al sistema americano, dove per parlare con deputati e funzionari è quanto meno obbligatorio registrarsi in un apposito registro, di strada da fare ce n’è parecchia.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.