La nuova legge italiana contro la corruzione “lascia irrisolti” vari problemi perché “non modifica la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio e non introduce reati per il voto di scambio“. E poi basta con le leggi ad personam e bisogna mettere mano finalmente alla legge sul conflitto d’interesse, questione annosa e costantemente rimandata in Italia. A dirlo all’Italia è la Commissione europea nel Rapporto 2014 anticorruzione. Un’emergenza tale, secondo l’Ue, che il totale dei costi diretti della corruzione in Italia ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno, pari al 4% del Pil italiano, cioè metà dei danni provocati in Europa, indicati dalla Commissione in 120 miliardi di euro l’anno. Il dato, derivato da una vecchia stima della Banca mondiale sull’incidenza della corruzione sul Pil a livello globale, è in realtà riduttivo. “Indica soltanto il probabile ordine di grandezza del puro costo monetario della corruzione, cioè delle risorse che dal bilancio pubblico finiscono in tasche private”, rileva Alberto Vannucci, coordinatore del master su corruzione e criminalità organizzata dell’Università di Pisa (e blogger di ilfattoquotidiano.it). “Uno studio della Corte dei conti stima per esempio che le tangenti comportino un costo aggiuntivo del 40% sugli appalti pubblici, che in Italia ammontano a 100 miliardi di euro l’anno. Ma il problema”, continua, “è che non si possono calcolare i costi che gravano sul sistema: le aziende costrette a investire in mazzette invece che in Ricerca e sviluppo, i fondi pubblici allocati secondo la convenienza delle cricche e in generale una minore efficienza del mercato”.  

Secondo il rapporto presentato oggi, tre quarti dei cittadini europei e il 97% degli italiani, ritengono che la corruzione sia diffusa nel proprio Paese. E per due europei su tre, e per l’88% degli italiani, le mazzette e l’utilizzo di legami, sono il modo più semplice per ottenere alcuni servizi pubblici. Bruxelles suggerisce di perfezionare la legge sulla corruzione, anche perché tra l’altro “frammenta” le disposizioni su concussione e corruzione, “rischiando di dare adito ad ambiguità nella pratica e limitare ulteriormente la discrezionalità dell’azione penale”. Sono “ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. La prescrizione è un problema “particolarmente serio per la lotta alla corruzione in Italia”, secondo Bruxelles, perché termini, regole e metodi di calcolo, sommati alla lunghezza dei processi, “determinano l’estinzione di un gran numero di procedimenti”.

La relazione rileva come “negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale”. Scandali che hanno portato ad una serie di dimissioni, anche di leader e di alte cariche di partito, a elezioni regionali anticipate in un caso, ed hanno spinto il governo a sciogliere alcuni consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose. Come caso “degno di nota” il report segnala quello di “un parlamentare indagato per collusione con il clan camorristico dei Casalesi (richiamando il caso di Nicola Cosentino, ma senza farne il nome). Il rapporto evidenzia inoltre come solo nel 2012 sono scattate indagini penali e ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti politici locali in circa metà delle 20 Regioni italiane, sono stati sciolti 201 consigli municipali, di cui 28 dal 2010 per presunte infiltrazioni criminali e più di 30 deputati della precedente legislatura sono stati indagati per reati collegati a corruzione o finanziamento illecito ai partiti.

Come esempio si indica (pur senza fare nomi) il processo Mills, con l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prosciolto “per scadenza dei termini di prescrizione”. L’Ue ribadisce la necessità di colmare le lacune e di dare priorità a procedimenti per corruzione a rischio prescrizione. La Commissione raccomanda inoltre di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’autorità nazionale anticorruzione Civit in modo che possa reggere saldamente le redini del coordinamento e svolgere funzioni ispettive e di supervisione efficaci, anche in ambito regionale e locale”. Bruxelles evidenzia che la Civit “composta solo da tre membri e con un organico di supporto di appena 30 effettivi, soggetti a frequenti sostituzioni, sembra mancare della necessaria capacità per assolvere efficacemente” ai suoi compiti. E la stessa autorità – si legge nella relazione – “interpreta le proprie funzioni in modo piuttosto ristretto, limitandosi a svolgere un ruolo più reattivo che proattivo e concentrandosi in particolare sulla trasparenza, sulle funzioni consultive e sulla verifica formale dei documenti strategici predisposti dalle amministrazioni”.

Bruxelles suggerisce all’Italia di “bloccare l’adozione di leggi ad personam“. Dal lodo Alfano alla ex Cirielli; dalla depenalizzazione del falso in bilancio al legittimo impedimento: il report Ue sulla corruzione, rileva che “i tentativi” di darsi norme per garantire processi efficaci sono stati “più volte ostacolati da leggi ad personam“. Certo, la nuova legge anticorruzione ed il successivo decreto legislativo sull’incandidabilità ed il divieto di ricoprire cariche elettive o di governo in seguito a condanne definitive – continua il rapporto – segnano “un importante passo avanti” secondo la Commissione Ue, che segnala come la norma è stata applicata “nel caso della decadenza da senatore di un ex premier”.

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