Spari, due agenti feriti (e dimessi poco dopo), un bandito morto e un detenuto evaso. Un commando di quattro uomini, armato di kalashnikov, intorno alle 15 ha assaltato un furgone della polizia penitenziaria a Gallarate, in provincia di Varese, tra viale Milano e via Pacinotti, vicino alla sede distaccata del Tribunale di Busto Arsizio e ha liberato un ergastolano. Si tratta di Domenico Cutrì, 32 anni. Dal 2009 al 2013 è rimasto nel carcere carcere Cerialdo di Cuneo poi, a seguito del sospetto di un tentativo di fuga, era stato trasferito a Busto Arsizio. Era a processo a Gallarate per truffa a causa di una serie di assegni falsi. Il ministro Cancellieri, che segue il caso, spera che “al più presto l’ergastolano evaso e la banda complice, venga assicurata alla giustizia” ed esprime solidarietà alle famiglie degli agenti.

Nell’agguato è morto il trentenne Antonino Cutrì, suo fratello e tra i membri del commando. L’uomo, che viveva a Trecate (Novara), è rimasto ferito nella sparatoria durante l’assalto ed è stato poi portato dai banditi a casa della madre, a Cuggiono. E’ stata lei a portarlo, in fin di vita, all’ospedale di Magenta, dove è morto. La donna è stata ascoltata dai carabinieri. 

Video di Alessandro Madron

Secondo la ricostruzione, Cutrì, a bordo di un mezzo della polizia penitenziaria con una scorta di quattro agenti, era stato portato dal carcere di Busto Arsizio a Gallarate. All’arrivo la scorta è stata affrontata da due banditi che hanno intimato ai poliziotti di lasciare le armi a terra. Hanno così fatto evadere il detenuto. Ne è seguita una sparatoria. Gli assalitori hanno aggredito gli agenti, rimasti feriti ma non a causa dei colpi di arma da fuoco, mentre stavano per uscire dal Tribunale, favorendo la fuga del complice.

Uno dei due, spinto dalle scale ha riportato un trauma cranico. L’altro ha dei problemi agli occhi perché i malviventi hanno usato uno spray urticante. Non è stato ancora precisato il numero degli assalitori, arrivati su due auto, una delle quali abbandonata, con a bordo armi. La polizia ha comunque diramato le caratteristiche dell’auto usata per la fuga dai banditi: una C3 di colore nero targata EM 197 ZE. Il commando è fuggito prima verso Gallarate, poi Legnano e infine Busto Garolfo. I carabinieri hanno disposto posti di blocco in tutta la provincia di Novara, in particolare al confine tra Piemonte e Lombardia

Antonino Cutrì, morto all’ospedale di Magenta, ha una lunga lista di precedenti: estorsione, rapina, resistenza, armi, percosse, violenza privata. Secondo la prima ricostruzione sarebbe stato colpito da un solo proiettile.

“È stato tutto velocissimo, noi abbiamo cercato soprattutto di evitare rischi inutili e limitare le conseguenze ad altre persone”, hanno detto i quattro agenti della polizia penitenziaria feriti nell’assalto di Gallarate, al segretario della Uilpa Nazionale Angelo Urso che è andato a trovarli in ospedale a Busto Arsizio. “Sono già stati dimessi (con 15 e 8 giorni di prognosi, ndr) – ha detto Urso – Sono stati davvero bravi, hanno pensato a proteggersi ma anche a proteggere l’ostaggio e altre persone che avrebbero potuto restare coinvolte”. 

Osapp: “Episodio che segnala l’emergenza nelle carceri italiane” –  “E’ un evidente segnale di quali siano le vere emergenze del carcere in Italia visto che la politica e la guardasigilli Cancellieri si preoccupano di fare uscire dal carcere i detenuti e non delle condizioni del personale di polizia penitenziaria che vi lavora”, spiega Leo Beneduci, il segretario dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria). “In questo caso – aggiunge – la pericolosità del detenuto non è stata sottovalutata visto che la scorta era composta da quattro unità di polizia penitenziaria ma nella maggior parte dei casi non è mai così e in carcere ci sono oltre 12mila soggetti di rilevanza analoga a quello fuggito oggi”.

Cutrì, la condanna all’ergastolo – L’evaso è un italiano nativo di Cuggiono (Milano) e di origini calabresi, già condannato all’ergastolo per l’omicidio del giovane polacco Luchasz Kobrzeniecki, avvenuto a Trecate la sera del 16 giugno 2006. L’uomo, secondo le accuse, era al volante dell’auto da cui partirono gli spari che la notte del 15 giugno di otto anni fa uccisero la vittima. Arrestato tre anni dopo, si è sempre professato innocente. La condanna all’ergastolo in primo grado nel luglio 2011 è stata poi confermata in appello nel 2012.

Cutrì, secondo l’accusa, fece eliminare il magazziniere 22enne Kobrzeniecki perché riteneva che avesse fatto delle avances alla sua fidanzata. A compiere materialmente l’omicidio Manuel Martelli, 32enne di Trecate, condannato nell’ottobre 2012 a 16 anni di carcere con il rito abbreviato. Tre anni per lo stesso omicidio a Luca Greco, imputato di favoreggiamento (avrebbe intralciato le indagini e fornito un alibi fasullo a Cutrì). Nel processo d’appello a favore di Cutrì, difeso dall’avvocato Giulia Bongiorno, testimoniò una donna di origini calabresi, sostenendo che all’ora del delitto avevano avuto un appuntamento galante nell’abitazione di Cutrì. Una versione emersa soltanto a distanza di anni, perché la donna temeva che il marito potesse scoprire quella relazione clandestina. L’alibi, però, non convinse il procuratore generale di Torino Vittorio Corsi, che dispose ulteriori accertamenti. A smontarlo le testimonianze del titolare e del portiere di un albergo di Vittuone (Milano), dove l’uomo si trovava realmente come hanno poi confermato anche i registri dell’hotel. 

La famiglia di Cutrì emigrò negli anni ’60 da Melicuccà (Reggio Calabria), suo paese d’origine, prima in Piemonte e poi in Lombardia. Le ricerche dell’evaso sono state estese anche alla Calabria nell’ipotesi, che al momento comunque non ha trovato alcun riscontro, che l’ergastolano possa avere trovato rifugio o appoggi anche nella regione.

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