Non c’è la ‘ndrangheta, ma un’agguerrita batteria di giovani gangster. Armati, violenti, disposti a tutto. Balordi dal grilletto facile. Capaci di sparare con fucili da guerra per un rissa di strada. Era il maggio 2012 in via Zuretti a Milano. La polizia sequestrò fucili a pompa e pistole. Sono loro gli amici di Mimmo Cutrì, ergastolano e latitante da tre giorni. Loro, ragionano i carabinieri e la Questura di Varese coordinati dalla procura di Busto Arsizio, stanno favorendo la fuga del 32enne boss della mala lombarda. Amici e famiglia. Questo il cerchio magico che protegge il fuggiasco. Con nomi, cognomi e una valanga di precedenti alle spalle. Dove? A pochi metri da casa, nel triangolo geografico compreso tra Cuggiono e Inveruno (leggi). Sono due, forse tre persone più il latitante. E uno di questi, già identificato, ha partecipato all’evasione.
IDENTIFICATO SECONDO UOMO DEL COMMANDO
Strada stretta e lunga. Villette e palazzine residenziali sui lati. In via Adua a Castano Primo piove fitto. Le indagini arrivano in questo comune dell’alto Ticino. Qui, stando agli ultimi sviluppi investigativi, vive un componente del commando che lunedì pomeriggio ha liberato il boss della droga. Si tratta di A.B, 32 anni, originario di Napoli. L’uomo, fino al 2010 titolare di un’impresa di pellame a Turbigo, era presente in viale Milano davanti al tribunale di Gallarate da dove è fuggito Mimmo Cutrì. Nel blitz sono stati esplosi 15 colpi, numero compatibile con il caricatore di una pistola semiautomatica. Resta, però, ancora da capire chi ha sparato. Di certo c’è che non sono stati utilizzati i fucili a pompa e i canne mozze poi ritrovati in una Nissan parcheggiata vicino al tribunale. Durante la fuga è stato colpito alla schiena Antonino Cutrì, fratello minore di Mimmo. Morto all’ospedale di Magenta, il ragazzo aveva addosso un caricatore pieno.
E così, tre giorni dopo la clamorosa evasione, gli investigatori ripartono dal morto per mettere a fuoco chi attualmente può favorire o addirittura condividere la latitanza di Domenico Cutrì. Il ragionamento messo sul tavolo dagli investigatori è molto semplice: visto che Mimmo era in carcere dal 2009 e visto che i due fratelli, secondo la testimonianza della madre e del padre, erano legatissimi, individuare le frequentazioni di Nino significa avvicinarsi e non poco alle persone che attualmente supportano la latitanza di Mimmo.
AMICI E PARENTI PER PROTEGGERE IL BOSS DELLA MALA
Una logica che ha fatto emergere il nome del napoletano controllato in auto assieme ad Antonino nell’ottobre 2013. Sotto la lente dei carabinieri e della questura di Varese finisce così un gruppetto di ragazzi tutti legati ai fratelli Cutrì con decine di precedenti alle spalle. E tutti residenti tra i comuni di Cuggiono, Castano Primo, Magenta e Inveruno. Il particolare non di poco conto irrobustisce la convinzione che Mimmo Cutrì stia trascorrendo la sua latitanza proprio in queste zone protetto da familiari e amici. Le ricerche comunque restano estese in tutta Italia. Ma è nell’alto Ticino che gli investigatori contano di chiudere il cerchio. Tanto più che lunedì pomeriggio, i banditi fuggiti a bordo di una C3 – poi ritrovata vicino all’ospedale di Magenta – sono usciti da Gallarate, hanno attraversato Legnano e Busto Garolfo, finendo proprio in quello spicchio di territorio compreso tra Inveruno, Castano e Cuggiono.
ARMI DA GUERRA, SPARATORIA A MILANO
Si tratta degli stessi uomini che in via Zuretti a Milano sono protagonisti di una scena da far west metropolitano. E’ la sera del 15 maggio 2012, Nino Cutrì assieme agli amici sta davanti a un bar. Il gruppo interviene per difendere una giovane tunisina che sta litigando con il fidanzato. L’uomo finisce a terra colpito da un pugno. Dal balcone di un palazzo vicino, alcuni suoi connazionali vedono tutti e scendono per aiutarlo. Scoppia la rissa. Che si conclude con alcuni colpi di pistola sparati dal gruppo di Cutrì. Un tunisino resta ferito. Pochi minuti dopo, gli agenti della volante trovano un arsenale nascosto dentro a una C3. Saltano fuori un revolver, una semiautomatica e un fucile a pompa. Tutte le armi hanno la matricola abrasa. Cutrì finisce in carcere per porto e detenzione di armi da guerra e clandestine. Con lui vengono arrestati Giuliano Domenico Lomuscio, classe ’73 residente a Magenta e Dario Faccendini, classe ’71 di Cuggiono. Entrambi hanno precedenti specifici per armi. Ed è su di loro che oggi si fissa l’attenzione degli investigatori che indagano sulla fuga di Mimmo Cutrì.