Libération non è un bar o un incubatore di start up. “Su questo sono tutti d’accordo, ma non dimentichiamo che siamo nel 21esimo secolo”. La risposta ai giornalisti dello storico quotidiano di sinistra francese, in sciopero contro gli azionisti, la firma un collega, il giornalista olandese Stefan De Vries. Se la protesta della redazione è comparsa su una copertina a sfondo bianco e caratteri neri in tutte le edicole di Francia, il commento dei lettori si è espresso in rete. Con qualche perplessità. “Non chiudete Libération”, hanno scritto in molti. Ma non solo: tra i fedeli del quotidiano c’è anche chi chiede di adeguarsi alla crisi e cercare di pensare in modo diverso. Gli azionisti hanno presentato al gruppo di 258 salariati un piano d’azione che prevede la trasformazione della sede di rue Béranger (pieno centro di Parigi) in uno spazio culturale, con bar e ristoranti, ma anche eventi, concerti con un punto di incontro per start up e nuovi media. “Nessun riferimento alla sorte di noi giornalisti”, lamenta la redazione. Così, dopo la seconda assemblea dei lavoratori, la nuova risposta sarà in edicola domani mattina con un approfondimento sulla questione. Del resto a Libération il clima è di quelli difficili da alcuni mesi: lo scorso novembre i dipendenti hanno votato una mozione di sfiducia (approvata con quasi il 90% dei voti) contro la direzione e hanno chiesto la partenza dei due direttori Nicolas Demorand e Philippe Nicolas “per rendere possibile un vero progetto di sviluppo e un piano di rinnovamento legale e credibile”. Le ultime notizie non sono migliorate: vendite in calo del 15%, il rifiuto degli editori (Bruno Ledoux, Edouard de Rothschild e il gruppo italiano Ersel) di cacciare il direttore, salari abbassati fino al 15% su base volontaria e un taglio per il futuro di circa 4 milioni di euro. Gli azionisti per la rinascita sognano un Cafè de Flore contemporaneo, un luogo di incontro e dibattito. Ma l’idea non piace a tutti.
Il quotidiano fondato dal filosofo Sartre fa i conti con una guerra interna che tanto assomiglia al dibattito internazionale sul futuro dei giornalisti della carta stampata. Così la redazione è finita nel mirino di attacchi di lettori e osservatori che criticano la poca attitudine all’evoluzione e al cambiamento. “C’è qualcosa di marcio nello stato di Libération”, scrive sul suo blog il giornalista De Vries, “Io, lettore fedele del quotidiano da almeno 20 anni, sono rimasto un po’ perplesso dall’apertura del giornale di sabato scorso”. Per questo il cronista ha deciso di ricreare una falsa prima pagina del giornale, subito diventata virale su tutti i social media. Il titolo, in risposta all’apertura di Libération “Noi siamo un giornale”, recitava così: “Noi siamo nel 21esimo secolo“. “Dietro questa parodia”, spiega De Vries, “c’è una vera riflessione che io faccio da molto tempo. Una riflessione sui media in generale, ma anche sul quotidiano di rue Béranger. Gli stipendiati di Libération hanno paura che i loro giornali spariscano. Io li capisco e condivido lo stesso timore. Ma non per forza per gli stessi motivi. Credo di aver cominciato a leggere Libération più o meno nel 1992. In quel momento, la carta era ancora la regina. Oggi il mondo è diverso. E’ la vita. Bisogna adattarsi oppure morire. I tempi sono difficili. Cioè ci vuole un altro modello economico, ma anche è necessario avere un altro atteggiamento. Più creativo, meno timoroso, più intraprendente. Da mesi, i giornalisti e la direzione lavoravano a un progetto per il futuro. Senza risultati”.
De Vries guarda con occhio critico anche alla paura del giornale di essere “trasformato in un ristorante”: “Il quotidiano NRC a Amsterdam ha sperimentato lo stesso cambiamento. E il risultato non è per niente male. I clienti e chi assiste ai dibattiti possono vedere i giornalisti al lavoro. Nel 2013 il quotidiano olandese aveva una diffusione di 276.973 esemplari (compresi gli abbonati online). Libé circa 105.813. E’ chiaro che il successo di NRC non dipende dall’edificio nuovo, ma è stata una risposta efficace alla crisi”. I giornalisti di Libération, tra i vari punti, contestano agli azionisti di voler monetizzare un marchio. “E cosa c’è di male?”, ribatte De Vries, proponendo alcuni suggerimenti. “Come giornalista, lettore e ottimista vi propongo tre idee: innanzitutto dimenticate la carta. Trasformate il sito internet, non riprendete solo le agenzie, ma seguite avvenimenti in tempo reale, con i fatti e le analisi insieme”. Ma non solo, l’idea proposta è quella di “andare a fondo“. “La direzione vi chiede di chiudere il quotidiano alle 20? Non c’è nulla di male, se non il fatto di doversi alzare prima. E per la carta non servono le breaking news, ma bisognerebbe solo analizzare le singole questioni. Osare con articoli più lunghi e con più scoop”. E infine, spingersi per essere più locali: “Perché non avere un quotidiano che punta ai lettori di Parigi? Manca un quotidiano simile in città”. ‘Bref’, chiude il giornalista: “La vita è semplice: adapt or die, adattati o muori. Per lunedì vi propongo una prima pagina diversa, il titolo potrebbe essere così: ‘Ecco le nostre soluzioni‘”.