Lo spread era ancora sotto i livelli di guardia, ma la paura del contagio della “sindrome greca” si faceva sempre più forte. In quei mesi, mentre diventava ogni giorno più importante il destino del differenziale tra Bund tedeschi e Btp, il presidente della Repubblica aveva già in testa come agire: nel giugno 2011 Giorgio Napolitano cominciò a sondare la possibilità di affidare il governo dell’Italia a una personalità con le competenze giuste per tirare via l’Italia dal pantano della crisi e dal baratro del default. E già allora, all’inizio dell’estate, contattò Mario Monti che poi avrebbe nominato senatore a vita e al quale a metà novembre di quell’anno avrebbe affidato il mandato di presidente del Consiglio in sostituzione di Silvio Berlusconi. Ma non fu un complotto, scrive lo stesso Napolitano in una lettera al Corriere della Sera: “Quello è fumo, solo fumo” (qui la lettera integrale).
Certo, una manovra “extraparlamentare” piena di buone intenzioni che però non dette gli effetti sperati: l’Italia ha evitato il baratro – e non è secondario – ma i risultati del governo del Professore sono stati come minimo controversi. Dall’altro lato con quella mossa Napolitano esautorò il diritto di voto degli italiani: in un periodo, tra l’altro, in cui il Movimento Cinque Stelle era lontano dall’esplosione di successo del 2013 e Pierluigi Bersani sembrava avere la vittoria in tasca. Infine, con Monti a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi – ai minimi storici di popolarità a fine 2011 – poté nascondersi da buon Caimano per poi riemergere a ridosso delle elezioni, tornando a nuova vita – l’ennesima – nonostante ora Forza Italia ora gridi al colpo di Stato.
La ricostruzione di Friedman: “Napolitano sondò Monti a giugno 2011”
Dunque Napolitano cominciava a pensare alla sua “mossa del cavallo” da giugno. La ricostruzione è quella del giornalista economico Alan Friedman nel libro Ammazziamo il Gattopardo (in uscita il 12 febbraio). Sul Corriere della Sera il giornalista svela, dopo aver intervistato lo stesso Monti, che mesi prima dell’incarico Napolitano sondò il terreno per portare l’ex commissario europeo per la concorrenza a Palazzo Chigi. Insomma: la conferma che quello che da un po’ di tempo viene chiamato Re Giorgio cominciò a preparare l’uscita di scena del Cavaliere, avvenuta poi il 12 novembre 2011, molto prima di quanto si pensasse. Il presidente della Repubblica però risponde: “
“Proprio mercoledì scorso Napolitano – scrive Friedman – durante un incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento europeo di Strasburgo, e riferendosi ai governi Monti e Letta, ha detto che ‘sono stati presentati quasi come inventati per capriccio dalla persona del presidente della Repubblica’. Questo, ha tenuto a precisare il presidente della Repubblica, non è vero perché non si tratta di nomi diversi da quelli indicati nel corso delle ‘consultazioni con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene’. Stando alle parole di Carlo De Benedetti e Romano Prodi, entrambi amici di Monti, e per ammissione dello stesso ex premier, in una serie di video interviste rilasciate per il libro, le cose sono andate diversamente”.
De Benedetti: “Monti mi chiese consigli”. Prodi: “Gli dissi: non puoi dire di no”
Secondo l’Ingegnere, infatti, Monti nell’estate del 2011 gli avrebbe chiesto un consiglio, se accettare o meno l’offerta del Quirinale a sostituire Berlusconi “in caso fosse stato necessario”. Romano Prodi “ricorda una lunga conversazione con Monti sullo stesso tema nel giugno 2011. Il succo della mia posizione è stato molto semplice: Mario, non puoi fare nulla per diventare presidente del Consiglio, ma se te lo offrono non puoi dire di no. Quindi non ci può essere al mondo una persona più felice di te”.
Monti: “Sì, Napolitano mi chiese se ero disponibile. Ma non è un’anomalia”
E lo stesso Monti ha confermato parlando con Friedman di aver parlato con Prodi, a fine giugno 2011, e con De Benedetti, nell’agosto 2011. Alla domanda di Friedman: “Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?”, l’ex premier risponde: “Sì, mi ha dato segnali in quel senso“.
Parole che vengono confermate oggi dallo stesso Monti, intervistato dal Tg1: “Nell’estate del 2011 ho avuto dal presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che che in caso di necessità dovevo essere disponibile. Ma è assurdo che che venga considerato anomalo che un presidente della Repubblica si assicuri di capire se ci sia un’alternativa se si dovesse porre un problema”. D’altra parte Monti rivela di essere stato contattato anche dal predecessore di Napolitano al Quirinale per un incarico da presidente del consiglio: “Anni prima – dice Monti – anche Ciampi discretamente mi contattò per sapere se a certe condizioni sarei potuto essere disponibile”.
Letta: “Vergognosa mistificazione”
A difendere il presidente della Repubblica è il presidente del Consiglio Enrico Letta: “Nei confronti delle funzioni di garanzia che il Quirinale ha svolto nel nostro Paese in questi anni, in particolare nel 2011, è in atto un vergognoso tentativo di mistificazione della realtà” dice. “Le strumentalizzazioni in corso tentano – aggiunge – infatti di rovesciare ruoli e responsabilità in una crisi i cui contorni sono invece ben evidenti e chiari agli occhi dell’opinione pubblica italiana ed europea. Il Quirinale, di fronte a una situazione fuori controllo, si attivò con efficacia e tempestività per salvare il Paese ed evitare quel baratro verso il quale lo stavano conducendo le scelte di coloro che in queste ore si scagliano contro il presidente Napolitano. Stupisce la contemporaneità di queste insinuazioni con il tentativo in corso da tempo da parte del M5S di delegittimare il ruolo di garanzia della Presidenza della Repubblica. A questi attacchi si deve reagire con fermezza. E si devono semmai ricordare agli smemorati le vere responsabilità della crisi del 2011, i cui danni economici, finanziari e sociali sono ancora una zavorra che mette a repentaglio la possibilità di aggancio della auspicata ripresa economica”.
Forza Italia: “E’ rispettoso della Costituzione stravolgere il responso delle urne?”
Ma ora è Forza Italia che protesta per quel governo – frutto delle elezioni politiche del 2008 – messo da parte con “premeditazione” e non tanto su spinta dell’urgenza dell’impennata dello spread e il rischio default. “Squarci inquietanti” dice il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. “Ci domandiamo – dichiarano i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani – se sia rispettoso della Costituzione e del voto degli italiani preordinare un governo che stravolgeva il responso delle urne, quando la bufera dello spread doveva ancora abbattersi sul nostro Paese. Chiediamo al Capo dello Stato di condurre innanzitutto verso i propri comportamenti un’operazione verità. Non nascondiamo amarezza e sconcerto, mentre attendiamo urgenti chiarimenti e convincenti spiegazioni”. Erano “consultazioni private e segrete” rilancia Brunetta.
Grillo: “Un Savoia avrebbe avuto più ritegno”
Nell’agosto del 2011 Monti raggiunse il grande industriale” Carlo De Benedetti “nella sua villa a Saint Moritz. Sembra l’inizio di un film di Natale con Boldi e De Sica”. Beppe Grillo, sul suo blog commenta: “Con un governo in carica, mai sfiduciato dal Parlamento, e con lo spread ancora sotto la soglia critica, Napolitano fa sapere a Monti che è candidato alla presidenza del Consiglio e Monti va in pellegrinaggio in Svizzera da De Benedetti a chiedere la sua benedizione. Un Savoia al posto di Napolitano avrebbe avuto più ritegno”. “Berlusconi – scrive il leader M5S – era allora un presidente del Consiglio regolarmente eletto, non era ancora stato condannato e fatto decadere. Fu sostituito con un tecnocrate scelto da Napolitano senza che il Parlamento sfiduciasse il governo in carica. Oggi, dopo due anni e mezzo, sappiamo che lo spread non ha (né aveva) nulla a che fare con l’economia reale. Infatti lo spread è sceso mentre l’Italia è in profonda recessione, stiamo molto peggio del 2011. Sappiamo anche – aggiunge – che un Presidente della Repubblica ha svolto funzioni che non gli sono attribuite dal suo incarico senza che gli italiani ne fossero informati. Sappiamo inoltre che De Benedetti, un privato cittadino italiano diventato svizzero, può condizionare la politica italiana dalla sua villa di Saint Moritz e lo dice pure. E infine sappiamo che i cittadini italiani sono espropriati da qualunque decisione e che il loro voto non conta nulla per i registi dei cinepanettoni della democrazia. Impeachment, e così sia!”, conclude Grillo.
Renzi: “Polemica inaccettabile, agì nell’interesse degli italiani”
Tra coloro che difendono quella scelta di Napolitano c’è il segretario del Pd Matteo Renzi: “È inaccettabile l’attacco di queste ore contro il presidente Napolitano – scrive in una nota – Al capo dello Stato, che come sempre anche in quella circostanza agì nell’interesse esclusivo degli italiani, va la più affettuosa solidarietà delle democratiche e dei democratici”. E’ la stessa linea tenuta infatti dal resto del partito: “Lascia sinceramente sconcertati la polemica aperta da Forza Italia nei confronti del presidente della Repubblica – dice il portavoce della segreteria Lorenzo Guerini – E’ singolare che si trasformi in complotto la normale attenzione di un capo dello Stato nei confronti delle istituzioni che rappresenta, soprattutto in un momento di difficoltà quale quello a cui si fa riferimento. Ora è necessario concentrarci sui problemi del Paese, cercando le soluzioni migliori per risolverli senza attardarci in inesistenti dietrologie”. Una ricostruzione più convinta la tenta il portavoce di Scelta Civica Benedetto Della Vedova: “Nell’estate del 2011 il crollo della credibilità dell’esecutivo (ormai allo sbando dopo essere scampato per tre voti alla sfiducia del dicembre 2010) comportò effetti pesantissimi sulla sostenibilità del nostro debito pubblico. Berlusconi reagì accettando supinamente tutti i (cosiddetti) diktat di Bruxelles, di cui oggi vuole scaricare la responsabilità sul successore, a partire dall’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio”.
Ranieri (Pd): “Monti vanesio e con scarsa sensibilità istituzionale”
Ma c’è anche spazio per una visione alternativa alla difesa d’ufficio. Quella di Umberto Ranieri, tra l’altro, che è una figura da anni molto vicina a quella di Napolitano. “E’ mia convinzione – dice – che il presidente si sia mosso consapevole della gravità della situazione e nell’ ambito delle proprie prerogative. Che Monti poi parli con Prodi e De Benedetti dei suoi contatti con il presidente della Repubblica e trasformi dei colloqui, probabilmente, genericamente informativi in una sorta di designazione di fatto, fa emergere una mancanza di sensibilità politica e istituzionale se non il carattere vanesio del personaggio. Non averlo capito, forse, mi permetto di dire, è il vero errore di Napolitano. Ma in verità fummo in molti a non capirlo”.
Minzolini: “Rivalutare la proposta M5s sull’impeachment”
Ma Mariastella Gelmini rincara la dose: “La dimissioni del premier Silvio Berlusconi, nel novembre 2011, furono invece il risultato di una trama politica, secondo le cronache di Friedman, che ebbe una lunga gestazione sotto la regia del presidente della Repubblica” scrive l’ex ministro su facebook. In questo clima di scontro finale, dunque, si fa presto ad arrivare alla parolina magica: impeachment. La pronuncia Augusto Minzolini: “Di fronte a queste nuove rivelazioni andrà valutata sempre con maggiore attenzione – non fosse altro come occasione per ricostruire quei mesi e gettare una luce di verità sulla Storia del nostro Paese – la procedura di impeachment nei confronti del presidente Napolitano promossa da altri gruppi politici in Parlamento”. Proprio in queste ore il comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa ha iniziato la discussione generale sulla richiesta di messa in stato d’accusa avanzata dal Movimento 5 Stelle. I numeri nel comitato sono tutti contrari alla proposta dei Cinque Stelle. Ma un eventuale riposizionamento di Forza Italia avrebbe comunque un significato politico.
Politica
Napolitano “voleva Monti al governo dal giugno 2011”. Il Colle: “Vero, ma è fumo”
Il Professore intervistato da Friedman sul Corriere: "Sì, il Colle mi chiese di essere disponibile in caso di necessità". Forza Italia si infuria: "Fu rispettoso della Costituzione preordinare un governo che stravolgeva il responso delle urne?". Minzolini: "Rivalutare la procedura dell'impeachment". Grillo: "Un Savoia avrebbe avuto più ritegno". Letta: "Vergognosa mistificazione". Renzi: "Polemica inaccettabile"
Lo spread era ancora sotto i livelli di guardia, ma la paura del contagio della “sindrome greca” si faceva sempre più forte. In quei mesi, mentre diventava ogni giorno più importante il destino del differenziale tra Bund tedeschi e Btp, il presidente della Repubblica aveva già in testa come agire: nel giugno 2011 Giorgio Napolitano cominciò a sondare la possibilità di affidare il governo dell’Italia a una personalità con le competenze giuste per tirare via l’Italia dal pantano della crisi e dal baratro del default. E già allora, all’inizio dell’estate, contattò Mario Monti che poi avrebbe nominato senatore a vita e al quale a metà novembre di quell’anno avrebbe affidato il mandato di presidente del Consiglio in sostituzione di Silvio Berlusconi. Ma non fu un complotto, scrive lo stesso Napolitano in una lettera al Corriere della Sera: “Quello è fumo, solo fumo” (qui la lettera integrale).
Certo, una manovra “extraparlamentare” piena di buone intenzioni che però non dette gli effetti sperati: l’Italia ha evitato il baratro – e non è secondario – ma i risultati del governo del Professore sono stati come minimo controversi. Dall’altro lato con quella mossa Napolitano esautorò il diritto di voto degli italiani: in un periodo, tra l’altro, in cui il Movimento Cinque Stelle era lontano dall’esplosione di successo del 2013 e Pierluigi Bersani sembrava avere la vittoria in tasca. Infine, con Monti a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi – ai minimi storici di popolarità a fine 2011 – poté nascondersi da buon Caimano per poi riemergere a ridosso delle elezioni, tornando a nuova vita – l’ennesima – nonostante ora Forza Italia ora gridi al colpo di Stato.
La ricostruzione di Friedman: “Napolitano sondò Monti a giugno 2011”
Dunque Napolitano cominciava a pensare alla sua “mossa del cavallo” da giugno. La ricostruzione è quella del giornalista economico Alan Friedman nel libro Ammazziamo il Gattopardo (in uscita il 12 febbraio). Sul Corriere della Sera il giornalista svela, dopo aver intervistato lo stesso Monti, che mesi prima dell’incarico Napolitano sondò il terreno per portare l’ex commissario europeo per la concorrenza a Palazzo Chigi. Insomma: la conferma che quello che da un po’ di tempo viene chiamato Re Giorgio cominciò a preparare l’uscita di scena del Cavaliere, avvenuta poi il 12 novembre 2011, molto prima di quanto si pensasse. Il presidente della Repubblica però risponde: “
“Proprio mercoledì scorso Napolitano – scrive Friedman – durante un incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento europeo di Strasburgo, e riferendosi ai governi Monti e Letta, ha detto che ‘sono stati presentati quasi come inventati per capriccio dalla persona del presidente della Repubblica’. Questo, ha tenuto a precisare il presidente della Repubblica, non è vero perché non si tratta di nomi diversi da quelli indicati nel corso delle ‘consultazioni con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene’. Stando alle parole di Carlo De Benedetti e Romano Prodi, entrambi amici di Monti, e per ammissione dello stesso ex premier, in una serie di video interviste rilasciate per il libro, le cose sono andate diversamente”.
De Benedetti: “Monti mi chiese consigli”. Prodi: “Gli dissi: non puoi dire di no”
Secondo l’Ingegnere, infatti, Monti nell’estate del 2011 gli avrebbe chiesto un consiglio, se accettare o meno l’offerta del Quirinale a sostituire Berlusconi “in caso fosse stato necessario”. Romano Prodi “ricorda una lunga conversazione con Monti sullo stesso tema nel giugno 2011. Il succo della mia posizione è stato molto semplice: Mario, non puoi fare nulla per diventare presidente del Consiglio, ma se te lo offrono non puoi dire di no. Quindi non ci può essere al mondo una persona più felice di te”.
Monti: “Sì, Napolitano mi chiese se ero disponibile. Ma non è un’anomalia”
E lo stesso Monti ha confermato parlando con Friedman di aver parlato con Prodi, a fine giugno 2011, e con De Benedetti, nell’agosto 2011. Alla domanda di Friedman: “Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?”, l’ex premier risponde: “Sì, mi ha dato segnali in quel senso“.
Parole che vengono confermate oggi dallo stesso Monti, intervistato dal Tg1: “Nell’estate del 2011 ho avuto dal presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che che in caso di necessità dovevo essere disponibile. Ma è assurdo che che venga considerato anomalo che un presidente della Repubblica si assicuri di capire se ci sia un’alternativa se si dovesse porre un problema”. D’altra parte Monti rivela di essere stato contattato anche dal predecessore di Napolitano al Quirinale per un incarico da presidente del consiglio: “Anni prima – dice Monti – anche Ciampi discretamente mi contattò per sapere se a certe condizioni sarei potuto essere disponibile”.
Letta: “Vergognosa mistificazione”
A difendere il presidente della Repubblica è il presidente del Consiglio Enrico Letta: “Nei confronti delle funzioni di garanzia che il Quirinale ha svolto nel nostro Paese in questi anni, in particolare nel 2011, è in atto un vergognoso tentativo di mistificazione della realtà” dice. “Le strumentalizzazioni in corso tentano – aggiunge – infatti di rovesciare ruoli e responsabilità in una crisi i cui contorni sono invece ben evidenti e chiari agli occhi dell’opinione pubblica italiana ed europea. Il Quirinale, di fronte a una situazione fuori controllo, si attivò con efficacia e tempestività per salvare il Paese ed evitare quel baratro verso il quale lo stavano conducendo le scelte di coloro che in queste ore si scagliano contro il presidente Napolitano. Stupisce la contemporaneità di queste insinuazioni con il tentativo in corso da tempo da parte del M5S di delegittimare il ruolo di garanzia della Presidenza della Repubblica. A questi attacchi si deve reagire con fermezza. E si devono semmai ricordare agli smemorati le vere responsabilità della crisi del 2011, i cui danni economici, finanziari e sociali sono ancora una zavorra che mette a repentaglio la possibilità di aggancio della auspicata ripresa economica”.
Forza Italia: “E’ rispettoso della Costituzione stravolgere il responso delle urne?”
Ma ora è Forza Italia che protesta per quel governo – frutto delle elezioni politiche del 2008 – messo da parte con “premeditazione” e non tanto su spinta dell’urgenza dell’impennata dello spread e il rischio default. “Squarci inquietanti” dice il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. “Ci domandiamo – dichiarano i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani – se sia rispettoso della Costituzione e del voto degli italiani preordinare un governo che stravolgeva il responso delle urne, quando la bufera dello spread doveva ancora abbattersi sul nostro Paese. Chiediamo al Capo dello Stato di condurre innanzitutto verso i propri comportamenti un’operazione verità. Non nascondiamo amarezza e sconcerto, mentre attendiamo urgenti chiarimenti e convincenti spiegazioni”. Erano “consultazioni private e segrete” rilancia Brunetta.
Grillo: “Un Savoia avrebbe avuto più ritegno”
Nell’agosto del 2011 Monti raggiunse il grande industriale” Carlo De Benedetti “nella sua villa a Saint Moritz. Sembra l’inizio di un film di Natale con Boldi e De Sica”. Beppe Grillo, sul suo blog commenta: “Con un governo in carica, mai sfiduciato dal Parlamento, e con lo spread ancora sotto la soglia critica, Napolitano fa sapere a Monti che è candidato alla presidenza del Consiglio e Monti va in pellegrinaggio in Svizzera da De Benedetti a chiedere la sua benedizione. Un Savoia al posto di Napolitano avrebbe avuto più ritegno”. “Berlusconi – scrive il leader M5S – era allora un presidente del Consiglio regolarmente eletto, non era ancora stato condannato e fatto decadere. Fu sostituito con un tecnocrate scelto da Napolitano senza che il Parlamento sfiduciasse il governo in carica. Oggi, dopo due anni e mezzo, sappiamo che lo spread non ha (né aveva) nulla a che fare con l’economia reale. Infatti lo spread è sceso mentre l’Italia è in profonda recessione, stiamo molto peggio del 2011. Sappiamo anche – aggiunge – che un Presidente della Repubblica ha svolto funzioni che non gli sono attribuite dal suo incarico senza che gli italiani ne fossero informati. Sappiamo inoltre che De Benedetti, un privato cittadino italiano diventato svizzero, può condizionare la politica italiana dalla sua villa di Saint Moritz e lo dice pure. E infine sappiamo che i cittadini italiani sono espropriati da qualunque decisione e che il loro voto non conta nulla per i registi dei cinepanettoni della democrazia. Impeachment, e così sia!”, conclude Grillo.
Renzi: “Polemica inaccettabile, agì nell’interesse degli italiani”
Tra coloro che difendono quella scelta di Napolitano c’è il segretario del Pd Matteo Renzi: “È inaccettabile l’attacco di queste ore contro il presidente Napolitano – scrive in una nota – Al capo dello Stato, che come sempre anche in quella circostanza agì nell’interesse esclusivo degli italiani, va la più affettuosa solidarietà delle democratiche e dei democratici”. E’ la stessa linea tenuta infatti dal resto del partito: “Lascia sinceramente sconcertati la polemica aperta da Forza Italia nei confronti del presidente della Repubblica – dice il portavoce della segreteria Lorenzo Guerini – E’ singolare che si trasformi in complotto la normale attenzione di un capo dello Stato nei confronti delle istituzioni che rappresenta, soprattutto in un momento di difficoltà quale quello a cui si fa riferimento. Ora è necessario concentrarci sui problemi del Paese, cercando le soluzioni migliori per risolverli senza attardarci in inesistenti dietrologie”. Una ricostruzione più convinta la tenta il portavoce di Scelta Civica Benedetto Della Vedova: “Nell’estate del 2011 il crollo della credibilità dell’esecutivo (ormai allo sbando dopo essere scampato per tre voti alla sfiducia del dicembre 2010) comportò effetti pesantissimi sulla sostenibilità del nostro debito pubblico. Berlusconi reagì accettando supinamente tutti i (cosiddetti) diktat di Bruxelles, di cui oggi vuole scaricare la responsabilità sul successore, a partire dall’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio”.
Ranieri (Pd): “Monti vanesio e con scarsa sensibilità istituzionale”
Ma c’è anche spazio per una visione alternativa alla difesa d’ufficio. Quella di Umberto Ranieri, tra l’altro, che è una figura da anni molto vicina a quella di Napolitano. “E’ mia convinzione – dice – che il presidente si sia mosso consapevole della gravità della situazione e nell’ ambito delle proprie prerogative. Che Monti poi parli con Prodi e De Benedetti dei suoi contatti con il presidente della Repubblica e trasformi dei colloqui, probabilmente, genericamente informativi in una sorta di designazione di fatto, fa emergere una mancanza di sensibilità politica e istituzionale se non il carattere vanesio del personaggio. Non averlo capito, forse, mi permetto di dire, è il vero errore di Napolitano. Ma in verità fummo in molti a non capirlo”.
Minzolini: “Rivalutare la proposta M5s sull’impeachment”
Ma Mariastella Gelmini rincara la dose: “La dimissioni del premier Silvio Berlusconi, nel novembre 2011, furono invece il risultato di una trama politica, secondo le cronache di Friedman, che ebbe una lunga gestazione sotto la regia del presidente della Repubblica” scrive l’ex ministro su facebook. In questo clima di scontro finale, dunque, si fa presto ad arrivare alla parolina magica: impeachment. La pronuncia Augusto Minzolini: “Di fronte a queste nuove rivelazioni andrà valutata sempre con maggiore attenzione – non fosse altro come occasione per ricostruire quei mesi e gettare una luce di verità sulla Storia del nostro Paese – la procedura di impeachment nei confronti del presidente Napolitano promossa da altri gruppi politici in Parlamento”. Proprio in queste ore il comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa ha iniziato la discussione generale sulla richiesta di messa in stato d’accusa avanzata dal Movimento 5 Stelle. I numeri nel comitato sono tutti contrari alla proposta dei Cinque Stelle. Ma un eventuale riposizionamento di Forza Italia avrebbe comunque un significato politico.
B.COME BASTA!
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Pd, Renzi: “Mai chiesto di prendere il governo. Non farò io la lista della spesa”
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L’unico sentimento che lega Renzi al Pd è la convenienza. Ma quanto può durare?
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Roma, 15 gen. (Adnkronos) - “Il costo dei carburanti è al livello più alto dall’agosto 2023. Sulla rete autostradale i prezzi sono alle stelle". Così il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia.
"L’unica certezza per gli automobilisti italiani è che con Salvini ministro il pieno dell’auto costa sempre di più. Mentre il Ministro Urso non convoca le parti e non dà segni di vita alle associazioni dei consumatori e alle imprese che pagano costi sempre più salati all’insiepienza del Governo. Chiediamo al governo di sapere il motivo di questi aumenti che sono “ingiustificati” e non trovano alcuna spiegazione nell’andamento delle quotazioni petrolifere. Pesa l’extra-costo addebitato da inizio anno a rivenditori e gestori per la quota d’obbligo di miscelazione annuale dei biocarburanti, in vigore dal 1° gennaio e pari a circa 2 centesimi al litro, che è stato interamente scaricato sui consumatori attraverso un incremento dei prezzi".
"Che saranno ancora più alti anche a causa del riallineamento delle accise sul diesel che il Pd aveva contestato in sede di presentazione del Psb nello scorso ottobre, prima negato dal Governo e poi confermato da un decreto legislativo ad hoc su cui le commissioni parlamentari competenti si esprimeranno nei prossimi giorni. E’ necessario che Giorgia Meloni spieghi al Parlamento e al Paese cosa sta avvenendo: è sempre più evidente che questo governo non si occupa dei problemi reali degli italiani ma sa solo portare avanti la propria propaganda e alimentare tensioni nel Paese”.
Roma, 15 gen. (Adnkronos) - Con 93 voti a favore espressi dalla maggioranza e 62 astenuti dell'opposizione, il Senato ha approvato il decreto legge contenente misure urgenti in materia di giustizia.
Il provvedimento affronta temi come l'organizzazione della magistratura, la gestione dell'edilizia penitenziaria e l'uso dei braccialetti elettronici. Tra le misure principali, il rinvio al 2025 delle elezioni per i consigli giudiziari, l'eliminazione del requisito di servizio residuo per incarichi direttivi, la proroga dei magistrati esperti in diritto di famiglia, e l'estensione della copertura Inail ai lavori di pubblica utilità. Sono previsti anche interventi per la formazione dei magistrati e la gestione delle crisi d'impresa. Il testo passa ora all'esame della Camera e andrà convertito in legge entro il prossimo 27 gennaio.
Roma, 15 gen. (Adnkronos) - “Grazie alle politiche migratorie messe in campo dal governo Meloni si riduce il numero dei morti in mare. Il dato è significativo: il 33% in meno di vittime nel 2024, centinaia di uomini e donne cui è salva la vita. A dirlo è l’Agenzia Onu per le migrazioni che attesta come l’inversione di tendenza rispetto al passato sia frutto di fatto in gran parte dei Memorandum d’Intesa siglati dall’Italia con Libia e Tunisia grazie ai quali, secondo i dati Frontex, sono crollati del 59% gli arrivi irregolari in Europa dal Mediterraneo. Invitiamo le opposizioni a condividere la soddisfazione per questo risultato significativo visto che, tra l’altro, ‘un mare non un cimitero’, era lo slogan scelto dal Pd per le Europee". Lo afferma il capogruppo di Fratelli d'Italia allla Camera, Galeazzo Bignami. "Anche se va ricordato -aggiunge- che il maggior numero di vittime nel Mediterraneo si è registrato proprio sotto i governi a guida Pd di Letta e Renzi. Grazie agli italiani, noi oggi siamo al Governo e loro all’opposizione”.
Roma, 15 gen. (Adnkronos) - A poche settimane dall'uscita del nuovo album 'DIY', gli Psicologi si esibiranno dal vivo nelle loro città d'origine venerdì 17 gennaio al Palapartenope di Napoli e sabato 18 gennaio al Palaeur di Roma. Il duo formato da Drast (Marco De Cesaris) e Lil Kvneki (Alessio Akira Aresu) torna sul palco dopo due anni da solisti. Ora più grandi, maturi e consapevoli, trasmettono in queste 13 nuove tracce la loro innata capacità di parlare ai giovani e, in particolare, alla Generazione Z a cui appartengono.
Nei loro brani danno voce alla condizione sociale e ai conflitti che gli adolescenti e i giovani adulti si trovano ciclicamente a vivere: "Ci piace affrontare i nostri problemi scrivendo canzoni, al resto non ci pensiamo tanto", dicono all'Adnkronos. "Il fatto di aver intrapreso per un periodo strade diverse - affermano - ci ha sicuramente fatto crescere, ci ha portati a raffinare i nostri gusti e le nostre idee e ha rafforzato il nostro rapporto. Chissà come sarebbe stato questo disco altrimenti…".
Entrambi classe 2001, il loro sodalizio artistico è nato sul web grazie alla piattaforma alternativa Soundcloud. Con 'DIY' (Do It Yourself) aprono un nuovo capitolo della loro storia professionale, che inizia già dal titolo dell'album: "Abbiamo chiamato così il nostro disco perché l’abbiamo fatto noi, insieme ai nostri amici con i mezzi che avevamo, alcuni di loro neanche fanno musica nella vita, è una fotografia delle persone che siamo oggi".
'Do It Yourself' è un’etica nata e diffusa all’interno della cultura punk a partire dagli anni Ottanta, che celebra l’anticonformismo e l’anticonsumismo: "Ci affascina molto questa corrente punk, anche se è molto lontana da quello che facciamo. Piuttosto, abbiamo scelto il titolo 'DIY' nella speranza di lanciare alle persone un messaggio ben preciso: il nostro è un invito a non appiattirsi, a tenere accesa la fiamma della creatività", affermano i due artisti.
Con questo album Drast e Lil Kvneki, che non vogliono sentir parlare di reunion ("Per fare una reunion ci si deve prima sciogliere, noi non abbiamo mai smesso di esserci), dimostrano un’evoluzione a livello musicale. Se la direzione è più indie o più pop? "È decisamente 'PSICOLOGI', affermano.
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Nei loro brani danno voce alla condizione sociale e ai conflitti che gli adolescenti e i giovani adulti si trovano ciclicamente a vivere: "Ci piace affrontare i nostri problemi scrivendo canzoni, al resto non ci pensiamo tanto", dicono all'Adnkronos. "Il fatto di aver intrapreso per un periodo strade diverse - affermano - ci ha sicuramente fatto crescere, ci ha portati a raffinare i nostri gusti e le nostre idee e ha rafforzato il nostro rapporto. Chissà come sarebbe stato questo disco altrimenti…".
Entrambi classe 2001, il loro sodalizio artistico è nato sul web grazie alla piattaforma alternativa Soundcloud. Con 'DIY' (Do It Yourself) aprono un nuovo capitolo della loro storia professionale, che inizia già dal titolo dell'album: "Abbiamo chiamato così il nostro disco perché l’abbiamo fatto noi, insieme ai nostri amici con i mezzi che avevamo, alcuni di loro neanche fanno musica nella vita, è una fotografia delle persone che siamo oggi".
'Do It Yourself' è un’etica nata e diffusa all’interno della cultura punk a partire dagli anni Ottanta, che celebra l’anticonformismo e l’anticonsumismo: "Ci affascina molto questa corrente punk, anche se è molto lontana da quello che facciamo. Piuttosto, abbiamo scelto il titolo 'DIY' nella speranza di lanciare alle persone un messaggio ben preciso: il nostro è un invito a non appiattirsi, a tenere accesa la fiamma della creatività", affermano i due artisti.
Con questo album Drast e Lil Kvneki, che non vogliono sentir parlare di reunion ("Per fare una reunion ci si deve prima sciogliere, noi non abbiamo mai smesso di esserci), dimostrano un’evoluzione a livello musicale. Se la direzione è più indie o più pop? "È decisamente 'PSICOLOGI', affermano.
Roma, 15 gen. (Adnkronos) - "Dai senatori di Fratelli d' Italia auguri di buon compleanno alla nostra Giorgia Meloni. Orgogliosi per quello che stai facendo in Italia e nel mondo". Lo scrive su X il capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato, Lucio Malan.
Milano, 15 gen. (Adnkronos) - “Il progetto di company social housing di Edison 'Una casa per i giovani' nasce per dare un concreto e immediato aiuto ai giovani neolaureati, che assumiamo in tutte le sedi italiane, qualsiasi sia la tipologia di laurea in loro possesso, affinché possano avere un'abitazione di prossimità alla sede in cui operano. E’ un progetto funzionale a metterli in condizione di poter avviare, oltre a un progetto professionale con il nostro Gruppo, anche un progetto di vita personale dovendo pagare un affitto che, comprese le utenze, non supera un terzo del reddito di primo impiego che garantiamo”. Così, il direttore Hr e Ict di Edison, Giorgio Colombo, ha illustrato all'Adnkronos il piano di company social housing 'Una casa per i giovani', lanciato dall’azienda, società energetica che da 140 anni contribuisce all’innovazione e allo sviluppo nel Paese. (VIDEO)
L’iniziativa è parte di un più ampio impegno di Edison quale operatore responsabile che prevede per i più giovani un programma triennale di sviluppo e formazione, modalità di lavoro che garantiscono l’equilibrio tra vita personale e professionale, una dinamica retributiva che premia il merito e un sistema di welfare integrativo, da settembre arricchito dell’iniziativa 'Una casa per i giovani'. “Vogliamo creare le condizioni affinché i giovani possano rimanere nelle città dove hanno studiato per lavorare con Edison e possano avviare un proprio progetto di vita personale, oltre che professionale - spiega Colombo - Questo è molto importante per noi, poiché investiamo molto nei ragazzi fin dalla loro formazione all'università, pertanto, abbiamo interesse che rimangano per un periodo significativamente prolungato in azienda, non solo perché è funzionale alla loro crescita, ma anche perché è funzionale all'investimento importante che Edison fa per formarli e farli crescere”.
Il piano 'Una casa per i giovani', è rivolto ai neolaureati che non hanno un alloggio diverso da quello del proprio nucleo di origine. A loro Edison dà la possibilità di affittare un bilocale arredato, in una zona che si trova entro mezz’ora dalla sede di lavoro e collegato con mezzi pubblici. Un partner esterno specializzato nelle locazioni immobiliari si occupa della ricerca, identificazione e gestione contrattuale e amministrativa della locazione abitativa nonché di tutte le utenze a essa connesse. Al giovane è richiesto un contributo spese mensile che, considerate anche le utenze a suo carico, è ritenuto sostenibile e ha un valore non superiore a un terzo della retribuzione netta.
La ratio dell’iniziativa di Edison, pertanto, è investire sui giovani. “Abbiamo notato negli ultimi anni, purtroppo, un problema crescente di difficoltà dei giovani, soprattutto per coloro che hanno studiato nelle città metropolitane, a rimanere professionalmente in questi luoghi, in quanto il costo della vita, e in particolare degli alloggi, diventa sempre più insostenibile anche rispetto a un buon reddito di primo impiego - sottolinea - Ciò, spesso, determina una scelta, talvolta per motivi economici, di fuga dall'Italia e di lavoro all'estero, perché il primo impiego in alcuni paesi europei garantisce uno stipendio che, rapportato al costo della vita, è molto più interessante di quanto offerto in Italia”.
“Pertanto, siamo intervenuti per affrontare il tema del bisogno abitativo così che possano reggere il costo di un affitto in una città metropolitana rapportato al loro reddito. In questo modo, rendiamo possibile e sostenibile la scelta di rimanere a lavorare nella città in cui hanno studiato, effettivamente possibile e sostenibile, mitigando la necessità di una decisione dettata esclusivamente da motivi economici di un'esperienza lavorativa all'estero - prosegue Colombo - Noi abbiamo bisogno che questi giovani, una volta terminati gli studi scelgano di rimanere in Italia, iniziando un progetto con noi e che, una volta entrati continuino a rimanere in azienda per il tempo che riteniamo adeguato e ragionevole, affinché possano crescere e l'azienda possa avere un ritorno sul grande investimento che fa su di loro”.
L’Italia ha, rispetto agli altri grandi Paesi europei, un saldo import-export di giovani laureati negativo e questo dato ha un diretto collegamento anche con il problema abitativo. A questo riguardo Colombo ha sottolineato che "il sistema Italia, fortunatamente, ha compreso che quello dell’housing è un problema enorme per tutto il Paese, che contribuisce all’importante flusso migratorio dei giovani laureati italiani verso l’estero, che negli ultimi dieci anni ha raggiunto cifre importanti. Altro problema rilevante è il calo demografico. Il Paese ha bisogno di tornare a investire sui giovani in generale ed in particolare su quelli ad elevato titolo di studio. Nell'ultima legge di Bilancio ci sono già importanti segnali in questa direzione, come auspicato dal sistema delle imprese attraverso Confindustria. È stato infatti prorogato il sostegno ai giovani under 36 per l’acquisto della prima casa, un fondo di garanzia importante che dovrebbe possibilmente diventare strutturale”.
Per il direttore Hr e Ict di Edison si tratta di provvedimenti che vanno nella direzione auspicata ma che, al contempo, hanno bisogno di due condizioni. “La prima è quella di essere strutturali nel tempo - specifica Colombo - e la seconda è la capacità di mettere insieme il bisogno di un sostegno immediato con una progettualità futura sul lungo periodo, attraverso un piano edilizio che, anche con la rigenerazione del patrimonio, oggi scarsamente utilizzato, possa mettere a disposizione progressivamente delle soluzioni abitative a costo contenuto che soddisfino questo bisogno con una prospettiva di medio lungo termine. Il nostro intervento è una risposta immediata in attesa di un processo di sistema-Paese che dia uno sviluppo strutturale”.