Da martedì 11 febbraio il consiglio di fabbrica della Lucchini di Piombino sta occupando la direzione dello stabilimento siderurgico. I rappresentanti sindacali dei 2.200 dipendenti diretti (nell’indotto gravitano un altro migliaio di persone) chiedono garanzie sulla continuità dell’attività produttiva. Tutto ruota – spiega il coordinatore delle rsu Fiom Mirko Lami – intorno all’acquisto di nuovo materiale (minerale, pellets, fossile) per alimentare l’altoforno, cuore pulsante dello stabilimento.
“Se entro il prossimo 17 febbraio non saranno acquisite tre nuove navi di materie prime – continua Lami – l’altoforno rischia a metà marzo di fermarsi”. Gli fa eco il numero uno della Uilm Vincenzo Renda: “C’è un pericolo reale che senza materie prime l’altoforno si fermi: non possiamo permettere la morte dell’area a caldo”. Si tratterebbe di un contraccolpo durissimo per lo stabilimento nel quale da circa due anni si lavora con i contratti di solidarietà, dato che potrebbe significare anche l’apertura della cassa integrazione per 1.500 persone.
I sindacalisti si appellano perciò al commissario straordinario Piero Nardi (l’azienda è commissariata dal dicembre 2012) perché sblocchi la situazione: a quanto si capisce servirebbe intorno ai 20 milioni di euro. L’azienda, interpellata, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Non è però soltanto la questione materie prime a preoccupare le tute blu. Nel mirino finisce anche la procedura relativa alla vendita del gruppo. I sindacalisti chiedono di “accelerare i tempi e fare quanto prima chiarezza”. I termini per la presentazione delle manifestazioni d’interesse sono appena scaduti. E a meno di colpi di scena i soggetti interessati al complesso Piombino – Lecco dovrebbero essere tre: il fondo Klesch, la cordata Duferco-Feralpi-Acciaierie Venete e il gruppo tunisino Smc che fa riferimento a Khaled al Habahbeh.
“La speranza – prosegue Renda – è che si presenti un imprenditore in grado di garantirci un solido futuro“. Soltanto il progetto da 3 miliardi di euro illustrato dal finanziere giordano prevederebbe però il mantenimento del ciclo integrale. Un piano che dovrebbe far gola a lavoratori e sindacalisti. “Tutti i progetti in gara hanno pari dignità – precisa Lami – ma non possiamo fare a meno di evidenziare come il mantenimento dell’area a caldo sia garantito soltanto dal progetto giordano”. La procedura per individuare il vincitore finale richiederà però alcuni mesi di tempo. I sindacalisti auspicherebbero invece un’accelerazione.
Il timore è che “la dilatazione dei tempi burocratici” possa nuocere al futuro dello stabilimento e soprattutto allontanare l’ipotesi giordana: “La fermata dell’altoforno – osserva il segretario provinciale della Fim-Cisl Fausto Fagioli – potrebbe indurre l’imprenditore giordano a un ripensamento. Non possiamo permettercelo”. Il leader della Fim ricorda inoltre come nei mesi scorsi il ministero dello Sviluppo economico si fosse impegnato “a garantire la continuità dell’attività produttiva”. I sindacalisti si appellano perciò nuovamente a Zanonato affinché “garantisca il mantenimento della produzione dell’altoforno e l’approvvigionamento di materie prime”.
Al momento non è stato dichiarato alcuno sciopero ma se non arriveranno risposte è probabile che gli operai saranno chiamati alla mobilitazione. “Se non ci sarà una presa di posizione chiara da parte del ministero stanotte dormiremo qui”, taglia corto Fagioli. Alla Lucchini è arrivato anche il sindaco Gianni Anselmi, sempre al fianco degli operai. Nell’ottobre del 2012 il primo cittadino salì anche sul tetto dello stabilimento insieme a altri rappresentanti sindacali: “Sono dalla parte di chi difende il lavoro, sempre. Non li lasceremo soli, mai”.