Un traffico di droga internazionale. Un’alleanza tra ‘ndrangheta ed esponenti di una delle storiche cinque famiglie mafiose di New York: i Gambino. Un ponte criminale che collega la Calabria agli Stati Uniti. E’ questo lo spaccato emerso dall’operazione condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, dal Servizio centrale operativo e dall’Fbi che ha portato a 26 provvedimenti restrittivi (18 in Italia e 8 negli Usa) e 40 indagati. L’obiettivo dell’organizzazione, ragionano gli investigatori, era quello di creare un nuovo canale tra le due sponde dell’Oceano e riempire il vuoto di potere lasciato da Cosa nostra siciliana nel traffico di stupefacenti. Il blitz delle forze dell’ordine ha coinvolto le province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Torino, Benevento, Catanzaro e a New York.
L’inchiesta New Bridge, nata due anni fa e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, avrebbe consentito di scoprire e disarticolare un’organizzazione che fa capo alle ‘ndrine della Ionica calabrese e che operava fra Italia, Stati Uniti, Canada, Centro e Sud America, in stretto contatto con famiglie mafiose americane e narcos sudamericani. Le accuse, ipotizzate a vario titolo nei confronti dei presunti appartenenti all’organizzazione, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, dallo spaccio al riciclaggio e altri reati.
Fra gli arrestati ci sarebbero soggetti legati alla famiglie Ursino e Simonetta, capi di una potente ‘ndrina dell’area ionica calabrese e personaggi stranieri ed italo-americani. In particolare, a New York sono stati arrestati Franco Lupoi e Raffaele Valente, considerati elementi centrali dell’inchiesta e punto di raccordo tra le cosche calabresi e gli esponenti della famiglia Gambino. In Italia è invece stato fermato Nick Tamburello, soggetto con diversi precedenti penali e ritenuto contiguo alla storica famiglia di New York Gambino, espulso dagli Stati Uniti nella primavera del 2013. Secondo quanto accertato, la rete di contatti, trattative e collegamenti tra esponenti della famiglia Gambino, del clan Ursino e dei cartelli dei narcos del centro e del sud America era fitta e ben collaudata.
L’operazione nasce due anni fa grazie alla collaborazione tra la polizia italiana e le autorità americane, resa possibile dal protocollo tra Italia e Stati Uniti in base al quale è previsto lo scambio di investigatori esperti nella lotta alle organizzazioni mafiose. L’inchiesta – sotto il coordinamento del procuratore di Reggio Federico Cafiero De Raho, dall’aggiunto Nicola Gratteri e del pm Paolo Sirleo per l’Italia, e dell’Eastern District di New York per gli Usa – ha visto l’impiego di agenti sotto copertura dello Sco e dell’Fbi. La cocaina proveniente dal Sud America sarebbe dovuta arrivare al porto di Gioia Tauro. La spedizione, secondo quanto è stato ricostruito, avrebbe dovuto avvenire dalla Guyana: la cocaina, in forma liquida, avrebbe dovuto essere nascosta all’interno di barattoli di ananas o cocco e così spedita in Calabria. Lo stratagemma è stato scoperto a novembre scorso quando un carico di oltre 70 chili di cocaina, nascosti in forma liquida proprio in scatole di ananas prodotte da una società della Guyana, è stato sequestrato a bordo di un mercantile in Malesia. La droga, secondo quanto accertato dalle indagini, era riconducibile allo stesso cartello sudamericano che avrebbe dovuto spedire 6-700 kg di cocaina in Calabria e che stava già trattando con alcuni degli arrestati nel blitz.