Alan Friedman ha pubblicato uno scoop sul Corriere della Sera. Le confidenze ricevute da Carlo De Benedetti, Mario Monti e Romano Prodi disegnano con maggiore nitidezza il ruolo del presidente della Repubblica nella gestazione del governo Monti nel 2011. Il fatto che Giorgio Napolitano, già da giugno del 2011, lavorasse all’exit strategy in caso di collasso del governo Berlusconi, è una notizia. Alan Friedman, 57 anni, nato negli Stati Uniti, è stato corrispondente a Milano per il Financial Times dal 1983 al 1989, poi dal 1990 a New York, insignito per ben quattro volte del British Press Award, ha firmato inchieste sullo scandalo Iraq-gate e libri importanti come Tutto in famiglia, del 1988 sulla famiglia Agnelli. Dopo queste doverose premesse e dopo due giorni di ospitate televisive con lezioni di giornalismo e diritto costituzionale made in Usa è il caso di raccontare meglio l’americano a Roma che ha firmato sul Financial Times il racconto dell’Italian Job. Friedman era il direttore e il dominus di una società che produceva servizi televisivi che violavano le regole editoriali della Bbc, la tv pubblica britannica, sul conflitto di interessi. Lo si legge su un report del comitato etico della Bbc.
La società del giornalista prendeva soldi per promuovere la Malesia mentre, con un’altra divisione della medesima società, produceva documentari televisivi sulla Malesia, le sue industrie e le politiche del suo governo. La storia è ricostruita nel report del Comitato sugli Standard Editoriali della Bbc, pubblicato a novembre del 2011 e aggiornato a febbraio del 2012. FBC UK Ltd controlla anche una società italiana che nel suo momento d’oro fatturava 9,6 milioni di euro. Quando i suoi ricavi nelle produzioni televisive per Sky e La7 scendono a 800 mila euro, nel 2008, la società italiana di Friedman decide di puntare sui settori Media Services e Strategic Communication.
Nella relazione del bilancio 2008 si legge che queste attività, dai margini più alti, svolte nei confronti di clienti come Altagamma, Brioni Style, l’Ice, la Regione Toscana, portano alla Fact Based Communications Tv Srl il triplo delle produzioni: 2,1 milioni di euro. Il fatturato si dimezza nel 2009 rispetto al 2007 e scende a 2,2 milioni di euro. Ma il presidente della società, Massimiliano Lanaro, sostiene nell’assemblea dei soci che si intravede la luce grazie alla “Comunicazione Strategica”. Poi aggiunge: “Non va dimenticato che la FBC TV offre il proprio supporto alle società inglesi nell’ambito del contratto pluriennale già sottoscritto con il governo della Malesia”.
Nel bilancio 2012 la musica è diversa. Nella relazione l’amministratore, il solito Lanaro, descrive una situazione tragica: la capogruppo inglese è in “administration” perché non è riuscita a pagare i creditori, tra cui c’è anche la controllata italiana. Colpa proprio dell’Asia. “Come sappiamo nel mese di agosto 2011 il nostro Socio unico FBC Group Ltd., a causa della perdita di importanti clienti nel mercato asiatico (la Malesia? ndr) che ha condotto al crollo del fatturato, ha riportato severi problemi di liquidità e si è trovata nell’impossibilità di adempiere ordinariamente alle obbligazioni assunte nei confronti di fornitori e/o clienti”. Così la controllata italiana realizza perdite per 3,2 milioni su 3 milioni di fatturato.
Cosa è successo tra il boom e il flop di FBC? Il 17 agosto 2011 esce sul quotidiano britannico The Independent un articolo dal titolo: “Why was a TV company that took millions from the Malaysian Government making documentaries for the Bbc… about Malaysia? ” (perché un’azienda che prende milioni dalla Malesia produce documentari per la Bbc sulla Malesia?). La domanda riguarda proprio la FBC UK Ltd che nel 2009 fatturava 19,6 milioni di sterline per un profitto di 1,3 milioni e che era diretta da Friedman. Dopo l’articolo la Bbc mette al lavoro il suo BBC Trust’s Editorial Standards Committee, il comitato etico che deve tutelare la fiducia dei telespettatori nella rete pubblica. Nelle conclusioni del report si legge che 8 documentari su 20 prodotti da FBC e trasmessi dalla Bbc World dal 14 febbraio del 2009 al 2 luglio del 2011 “non soddisfano le linee guida editoriali in materia di conflitto di interessi. FBC Media (Uk) Ltd ha prodotto – prosegue il report – venti programmi per Bbc World. E 8 di questi programmi contenevano sezioni che riguardavano la Malesia, le politiche del governo malese e le sue industrie (specialmente l’industria dell’olio di palma). La società capogruppo FBC Group Ltd ha confermato che il governo Malese era un cliente. La società ha affermato che questo accadeva attraverso la sua divisione corporate” (…) nel momento in cui sono stati trasmessi i documentari, i dirigenti della BBC non erano consapevoli di questo rapporto apparente. Sulla base degli elementi proposti al Comitato sulla relazione apparente tra FBC Media UK Ltd e Governo Malese, il Comitato ha concluso che FBC Media Uk non era un produttore appropriato per questi particolari programmi, a proposito della Malesia, delle sue industrie e delle politiche del suo governo. Il Comitato ha ritenuto che non può essere adeguatamente fiducioso che una relazione tra FBC Media UK e il governo malese e/o altri interessi malesi non abbia influito sul contenuto del prodotto della Bbc”.
Se però c’è stata una violazione delle linee guida in materia di conflitto di interessi, la società di Friedman non ha violato le regole di imparzialità. “Complessivamente il comitato ha considerato che a conti fatti nessun programma, se preso in sé, ha infranto i requisiti di imparzialità”, si legge nella relazione del comitato. Alan Friedman spiega al Fatto Quotidiano che “quella vicenda si è conclusa in un nulla di fatto. Non ho violato le regole di imparzialità come la Bbc ha riconosciuto in una lettera ai miei legali”. L’avvocato di FBC e di Friedman, Carter Ruck, nella sua risposta alla Bbc scrive: “Notiamo che siamo stati giudicati nel senso che non abbiamo violato nessuna regola in materia di sponsorizzazioni o pubblicità“. Inoltre si felicita perché tutti i 20 documentari sono stati riconosciuti in linea con le regole della Bbc in materia di imparzialità. Nessun riferimento alle “preoccupazioni sulla complessiva pesante focalizzazione sulla Malesia e sui temi malesi” espressa dal comitato. In fondo un giornalista è libero di occuparsi dei Paesi che vuole. Anche se pagano la sua società.
da Il Fatto Quotidiano del 12 febbraio 2014