Senza Vatileaks non si sarebbe scoperto che il presepe di piazza San Pietro costava ogni anno 500mila euro. Per abolire questa spesa scandalosa sono state necessarie le lettere a Benedetto XVI e al suo segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dell’ex segretario del Governatorato vaticano, Carlo Maria Viganò, spedito da Ratzinger, per ordine del porporato salesiano, nella Nunziatura di Washington. Al primo capitolo delle riforme messe in campo oggi da Papa Francesco si legge “semplificazione e razionalizzazione degli organismi esistenti e più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le amministrazioni vaticane”. Ovvero proprio quella “santa spending review” che aveva animato il lavoro di Viganò al Governatorato. Tema che sarà all’ordine del giorno dei lavori della terza riunione degli otto “saggi” porporati chiamati da Bergoglio a consigliarlo nel governo della Chiesa universale e a elaborare la riforma della Curia romana. Dal 17 al 19 febbraio, infatti, gli otto cardinali ascolteranno i risultati dei lavori delle due commissioni finanziarie nominate ad hoc da Bergoglio.
La prima, quella sullo Ior, presieduta dal cardinale Raffaele Farina, ha concluso il suo lavoro, sollecitata anche a dare un risposta al Papa dopo gli scandali che hanno visto come protagonista l’ex capocontabile dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Nunzio Scarano. La trasformazione dello Ior in banca etica appare ormai scontata. Non ci sarà nessuna chiusura, né nessun cambio di nome dell’Istituto per le opere di religione e il presidente, Ernst von Freyberg, rimarrà al suo posto. Ci sarà, invece, l’attuazione di una seria politica all’insegna “della trasparenza” e dell’onestà”, come spiegato da Papa Francesco, affinché il Torrione Niccolò V non sia più una “lavatrice di denaro sporco”. Una riforma, quella dello Ior, che è ormai pronta per il battesimo del fuoco dopo che Bergoglio ha rinnovato la Commissione cardinalizia di vigilanza sulla banca vaticana esautorando definitivamente dalla cabina di comando il cardinale Bertone e i suoi fedelissimi. “Trasparenza e conformità alla normativa internazionale – ha spiegato il segretario di Stato Pietro Parolin – devono guidare l’individuazione del profilo Ior. Molto è stato fatto in questo senso, secondo le indicazioni di Papa Francesco, e si continuerà nella stessa direzione affinché la gestione del denaro e le attività di natura economica e finanziaria finalizzate alle necessità della vita e della missione della Chiesa siano permeate dai principi del Vangelo”.
Ancora in alto mare, invece, i lavori della seconda commissione voluta da Bergoglio, quella che si occupa di tutta la finanza vaticana, presieduta dall’economista maltese Joseph F. X. Zahra. La politica principale di questo secondo organismo è stata quella di affidare sei appalti esterni ad altrettante società internazionali (Pwc, Deloitte, McKinsey, KPMG, Ernst & Young e Promontory) per avere un quadro complessivo dei dati finanziari di tutti gli enti che fanno capo alla Santa Sede, tra questi anche due ospedali: il Bambino Gesù di Roma e Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Proprio la politica sanitaria vaticana, sotto il pontificato di Benedetto XVI, aveva visto Bertone in prima linea con il tentativo fallito di mettere le mani sul San Raffaele di don Luigi Verzè. Lo stesso porporato, ai microfoni di Fabio Marchese Ragona per il programma “Stanze vaticane” di TgCom24, ha affermato che “può darsi che ci siano ancora dei documenti di Vatileaks che sono lì in riserva per esser buttati fuori”. Immediata la replica del suo successore Parolin: “Quella è stata una stagione dolorosissima, che mi auguro e spero con tutto il cuore sia definitivamente tramontata”.