Dopo nove trimestri di segno meno o di mancata crescita, l’economia italiana torna a crescere. Secondo le stime preliminari Istat il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, nel quarto trimestre del 2013 è aumentato dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti, interrompendo una contrazione cominciata nel 2011.
Resta comunque negativo il saldo del 2013 che indica una contrazione dell’1,9% seguita a quella del 2,5% del 2012 nel 2012. “Il lieve incremento congiunturale – spiega l’istituto statistico – è la sintesi di un andamento positivo del valore aggiunto nei settori dell’agricoltura e dell’industria e di una variazione nulla del valore aggiunto nel comparto dei servizi. Il quarto trimestre del 2013 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al quarto trimestre del 2012″.
“E’ evidente che il Paese ha bisogno di rimettersi in moto. Lo dimostrano anche i dati Istat di oggi, quando ci si vanta di una ripresa dello 0, 1% stiamo facendo divertire i matematici”, ha commentato il renziano Carlo De Benedetti. Tanto più che a conti fatti in due anni il Pil italiano è sceso di 63 miliardi, passando dai 1.425,5 miliardi del 2011 ai 1.362,5 dello scorso anno. Rispetto al 2012 il calo è di 26,5 miliardi. Il Pil 2013 non è ancora riuscito a recuperare i livelli quando si attestò a 1.393,5 miliardi di euro.
“E’ deludente: prima di conoscere il dato dell’industria si sperava in qualcosa di più. Almeno trova conferma, dopo nove trimestri, l’aspettativa di un ritorno dell’attività economica in territorio marginalmente positivo – commenta dal canto Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, il centro studi fondato da Romano Prodi nel 1981 – Anche la flessione annua per l’intero 2013, pari a -1,9% corretta per gli effetti del calendario, è peggiore di un decimo di punto dei preconsuntivi. Sommando questa riduzione a quella del 2012, si arriva a una caduta di Pil 2012-13 di circa il 4,5%: è la seconda recessione, da cui ci si deve risollevare”. Quanto al presente: “L’entrata nel 2014 è, però, priva di spinta. La crescita “di consenso” di un pur modesto +0,7% per quest’anno è tutta da guadagnare. Sulla base delle tendenze si è più vicini a uno 0,5% che a uno 0,7%: occorre accelerare”, conclude De Nardis.
Intanto dai dati Bankitalia emerge come a fine dicembre il debito pubblico italiano sia calato di 36,552 miliardi rispetto al mese precedente, attestandosi a 2.067,49 miliardi di euro. A novembre il debito aveva raggiunto la cifra record di 2.104,042 miliardi di euro. Tuttavia, se confrontato con il dato di fine dicembre 2012, l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche risulta in aumento di 78,021 miliardi. L’aumento del debito registrato nel corso del 2013, sottolinea via Nazionale, ha riflesso il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (75,2 miliardi) e l’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (3,3 miliardi, a 37,7); gli scarti/premi di emissione hanno contribuito a contenere il debito per 0,5 miliardi.
Sul fabbisogno hanno influito gli effetti del provvedimento riguardante il pagamento dei debiti commerciali scaduti delle amministrazioni pubbliche (21,6 miliardi secondo l’ultima rilevazione del ministero dell’Economia) e il sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro (13 miliardi). In senso opposto hanno operato gli incassi da dismissioni mobiliari (1,9 miliardi). Bankitalia evidenzia che nel complesso del quadriennio 2010-13 il contributo italiano al sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro è stato di 55,6 miliardi: sono stati concessi prestiti bilaterali alla Grecia per 10 miliardi nell’ambito del primo programma di aiuti; il contributo al capitale dello European Stability Mechanism (Esm) è stato pari a 11,5 miliardi (5,7 nel 2013); la quota di pertinenza dell’Italia degli aiuti erogati dallo European Financial Stability Facility (Efsf) è stata pari a 34,1 miliardi (7,2 nel 2013). Di questi ultimi, 25,6 miliardi sono stati concessi alla Grecia nell’ambito del secondo programma, 5,0 al Portogallo e 3,5 all’Irlanda. Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito consolidato delle amministrazioni centrali è cresciuto di 85,7 miliardi, a 1.959,7, mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 7,7 miliardi, a 107,6; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.