Solo qualche mese fa, prese carta e penna e scrisse a Romano Prodi per convincerlo a rinnovare la tessera, nonostante il tradimento dei 101 e lo stop della sua corsa al Colle. Il professore, alla fine, alla sede dei democratici si presentò parecchio tempo dopo, a dicembre, per votare alla primarie, ma sull’iscrizione glissò con un ironico “non esageriamo”. Oggi invece è lei a trovarsi dall’altra parte, nel drappello dei delusi. E così, questa volta, la lettera non le serve per dissuadere qualche militante fuggito, ma per annunciare il suo addio. Lei si chiama Cecilia Alessandrini, e non è una militante come altri ma è la coordinatrice del circolo Pd Joyce Lussu di via Orfeo, a Bologna, lo stesso dove era iscritto l’ex premier. A due giorni dal voto di fiducia della Camera al governo Renzi, Alessadrini ha deciso di inviare una email per “comunicare la decisione irrevocabile” di dimettersi dal ruolo di segreteria del circolo, ma anche “da membro della Direzione provinciale del Pd di Bologna e da membro dell’esecutivo della conferenza delle donne del Pd di Bologna”. E l’intenzione di “lasciare il partito e non militare più in esso”.
Trentaquattro anni, insegnante precaria, marchigiana di nascita ma bolognese d’adozione, negli ultimi tempi si era schierata accanto a Pippo Civati. Ora però in quasi due pagine di lettera, spiega i motivi che l’hanno spinta a chiudere per sempre l’esperienza nel partito. Una decisione sofferta, ammette. “È maturata dopo le ultime vicende che hanno portato, con la complicità del nostro partito, alla nomina da parte del presidente della Repubblica del terzo ( Monti, Letta, Renzi) presidente del Consiglio il cui progetto politico non è stato votato alle elezioni”. E non solo. La parola fine è arrivata anche dopo aver visto altri colleghi, tutti del circolo Galvani di via Orfeo, lasciare la militanza. “In questi giorni” racconta “ho ricevuto le dimissioni di quattro membri del direttivo del circolo, di cui tre membri anche della segreteria”. Li chiama per nome, Mario, Elisa, Umberto e Fabrizio: “Sono tutte persone con un’età compresa tra i 18 ai 36 anni, che non hanno cariche o ruoli da difendere nel partito e quindi sono sicura che il loro disagio è sincero”.
E se l’estate scorsa era stata lei stessa a tentare di riportare Prodi nella casa del Pd e a provare a convincere i tanti iscritti delusi che tempestavano il circolo di mail amare, oggi sembra che qualcosa si sia rotto definitivamente. L’analisi dello stato di salute del Pd è impietosa. “È un partito che di progressista non ha più nulla e non certo perché Renzi ne è il segretario. Il Pd è un partito che non è più progressista da tempo. I suoi dirigenti, sui diversi livelli, e anche parte della sua base mostrano una totale subalternità di idee e di azione al pensiero dominante”. E ancora: “Nessuna idea di rottura, nessun coraggio, nessuna capacità di prospettiva, nessuna volontà di buttare il cuore oltre l’ostacolo solo un dimenarsi infinito tra le idee preconfezionate e imposte attraverso i grandi media dall’establishment italiano sia esso universitario, imprenditoriale, politico”.
Nel testo anche un riferimento alla scelta dei civatiani di votare la fiducia, sotto la minaccia dell’espulsione dal partito. “Me ne vado oggi, perché nel Pd immaginare di costruire un mondo nuovo non è neanche possibile, solo a professare questa volontà si è malvisti”. Le conclusioni, quindi, sono durissime. “Credo che il Pd continuando a scegliere, ormai da anni, il male minore si dimentichi di scegliere comunque un male e stia facendo oggettivamente un danno all’Italia privandola in un momento storico, in cui crescono le disuguaglianze sociali, di un partito strutturato che difenda davvero gli interessi dei deboli, degli sfruttati. Poiché sono sicura che la storia non ci assolverà preferisco andarmene prima di iniziare a sentirmi troppo complice”.
Pubblicato anche su Facebook, l’intervento è stato commentato tra gli altri dal senatore bolognese Sergio Lo Giudice, esponente Pd sostenitore di Civati e indeciso fino all’ultimo sul sostegno al governo Renzi. “Provo rabbia per il fatto che il Pd che abbiamo costruito non sia più considerato la propria casa politica da una come te” le scrive. “Allora ti dico: non perdiamoci di vista. Facciamo in modo che le relazioni umane e politiche fra chi, dentro e fuori il Pd, ha lo stesso desiderio di rinnovamento e di buona politica aiutino a navigare nella stessa direzione e a dare un contributo di valori e di pratiche per rifondare il centrosinistra”.