Il menu di lato è fondamentale, consente di non perdere tempo nella scelta. Amatoriale, bionde, transessuali, mature, all’aperto, bisessuali. E ancora, e oltre, in alcuni casi con termini incomprensibili ai più. Tra questi però, ne manca uno: Manwin. Molto, o quasi, nasce da queste sei lettere, dietro di loro si cela una società informatica con 700 dipendenti, presente in tre diversi continenti e con un fatturato stimato intorno ai 150 milioni di dollari. Ma soprattutto, in grado di tracciare e indirizzare oltre 15 milioni di utenti al giorno. Un numero enorme, ma non difficile quando si parla di sesso. Manwin è infatti proprietaria dei siti YouPorn, Pornhub, Tube8, XTube, ExtremeTube, JuicyBoys, Wbcams, KeezMovies e SpankWire. Esattamente coloro i quali offrono tra i più ricchi menù hard presenti in Internet. Un’azienda che all’interno del suo sito ha addirittura un’area dedicata alla social responsability, con interventi a favore dell’ambiente e, ovviamente, della libertà d’espressione.
Chi c’è dietro la holding finanziaria
La struttura ricorda quella di una holding finanziaria, al punto che continua a crescere (a dispetto dei guai giudiziari del fondatore e proprietario, il 34enne Fabian Thylmann, accusato di evadere il fisco, e dei 25 licenziati in Germania) con continue acquisizioni e accordi di distribuzione, come quelli coi big del settore: da Digital Playground a Playboy e Brazzers. Il patto con Playboy è particolarmente strategico, perché come ha detto Thylman al Financial Times Deutschland, consente di virare sul “Glamcore”, crasi di glamour e hardcore. Tradotto: un porno patinato.
Due le vie per guadagnare euro o dollari: dagli abbonati (ad oggi la minor parte, ma sarà il futuro), poi dalla pubblicità. Per questo è decisivo capire a chi si parla, quanto tempo si ha a disposizione per far passare il proprio messaggio, in che luogo, con quali preferenze sessuali. In una parola: target. Così nei giorni scorsi Youporn ha pubblicato le classifiche aggiornate dei contatti registrati e sono spuntati gli zeri, quelli veri: 4.851.384.493 visite per il solo 2012 a livello mondiale, con l’Italia quarta classificata con 391.475.719 dietro Usa, Germania e Francia. Ma con due primati per il Belpaese: Milano e Roma rispettivamente medaglia d’oro e d’argento per numero di visite, seguite da Parigi e Londra. New York solo ottava.
Secondo i dati Alexa (il sistema di rilevazione più diffuso al mondo) Youporn è intorno alla 100esima posizione come volume di traffico, con un’età di fidelizzati molto giovane, una fascia compresa tra i 18 e i 24 anni. Non solo. Per capire il reale flusso, basta riprendere le statistiche pubblicate dal sito ExtremeTech: Xvideos risulta il più grande portale porno al mondo, con 4,4 miliardi di click al mese e 350 milioni di visitatori unici, superato solo da colossi come Google e Facebook. Ed è un dato stupefacente perché si deve tenere conto del fatto che in moltissimi uffici l’accesso ai siti a luci rosse è oscurato. Ma i numeri diventano ancor più importanti se si prende in considerazione la classifica di “permanenza”. Secondo Google DoubleClick Ad Planner (strumento di analisi del traffico internet di Google per pianificare la pubblicità sui siti) il tempo medio registrato su Youporn è di 15 minuti, contro i 4,8 dei siti di notizie.
Le clienti l’altra metà della mela
Eppoi, bando ai luoghi comuni, il frequentatore tipo non è solo l’uomo, adolescente o meno, che naviga di nascosto dalla madre, moglie o fidanzata, mentre cerca di soddisfare le proprie fantasie erotico-visive. Google Analytics racconta una realtà più “rosa”: il 35 per cento degli utenti sono donne, con un trend in costante ascesa.
Torniamo ai soldi. Il bacino di mercato, stimato da Fortune, racconta di 21 miliardi di dollari solo per gli Usa, mentre in Italia, secondo la relazione tecnica allegata all’introduzione della Porno Tax in Parlamento, è attorno ai 1.5 miliardi di euro. E in crescita. Così come nel resto del pianeta. Sempre da Fortune, il “porno-business” globale è passato dai 97 miliardi di dollari del 2006 ai 145 del 2010. Anche in questo campo i paesi emergenti hanno il loro peso: a novembre scorso, Hsbc ha dato alla Cina la stelletta di primo mercato mondiale, con un fatturato hard di 48 miliardi di dollari, altra storia rispetto ai “soli” 27 del 2006. Mentre tra il 2008 e il 2011 gli abbonamenti ai siti pornografici provenienti dai Bric (Brasile, Russia, India e Cina) sono cresciuti del 120%.
In Italia e in Europa, al contrario, la crisi si fa sentire, il segno percentuale segna il meno. In questo caso non parliamo di internet, ma di un mondo “antico”, composto dalla Vhs, poi Dvd e affini. Chi lo fotografa è il documento 2012 di Univideo, dove il noleggio arriva a sviluppare nel 2011 un giro d’affari pari a 75 milioni di euro in flessione del -16,5 per cento, contrazione allineata a quella delle altre aree di business collegate. Nel corso degli ultimi 5 anni il noleggio di materiale audiovisivo ha visto ridurre la propria incidenza sull’intero giro d’affari, passando da un 22,5 per cento del 2007 al 15,4 del 2011. Vuol dire, basta produzioni, via gli attori, taglio all’indotto. O più semplicemente: chiudono i distributori, negozi e spazi espositivi come il cinema. Perché tutto torna alle mura casalinghe, a portata di mouse.
di Alessandro Ferrucci e Rodrigo Biondi
La striscia di Natangelo
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 4 febbraio 2013