Nuovo governo e vecchio debito. Come tutti i suoi predecessori anche Matteo Renzi si trova a dover fare i conti con un debito pubblico che viaggia ormai oltre i 2mila miliardi di euro e che nel 2013 ha raggiunto il 132,6% del Pil, il livello più alto dal 1990. Di questi 1.700 miliardi sono rappresentati da titoli di Stato (prevalentemente Btp) in mano soprattutto a banche e istituzioni finanziarie italiane ed estere e, in misura minore, a piccoli risparmiatori (circa il 10% del totale).
Oggi i titoli di Stato italiani si trovano in larga parte dentro i confini nazionali. Le istituzioni ne possiedono infatti complessivamente non più del 30 per cento. Solo i due big Intesa Sanpaolo e Unicredit ne hanno in portafoglio rispettivamente 97 e 45 miliardi. Titoli per altri 22 miliardi sono conservati nelle casseforti di Mps e 14 miliardi in quelle del Banco Popolare. Le sole esposizioni di Intesa e Unicredit valgono più di quelle di Francia e Germania messe insieme. Secondo gli ultimi dati della Banca dei regolamenti internazionali (la banca centrale delle banche centrali) riferiti a fine 2013 le banche estere dei Paesi membri detengono infatti nel complesso Btp, Bot e Ctz per 215 miliardi di dollari (156 miliardi di euro).
Le più esposte sono le francesi (in tutto 90 miliardi di dollari, 65 miliardi di euro). Un valore più basso rispetto ai 100 miliardi di dollari del 2011 ma in ripresa nelle ultime rilevazioni. Non sempre è possibile conoscere la situazione dei singoli istituti che a volte comunicano unicamente dati aggregati o la sola esposizione netta dopo le coperture sui titoli (se ho titoli per 10 miliardi ma mi assicuro con derivati per 5 miliardi la mia esposizione netta al rischio si riduce a 5 miliardi senza che vengano effettivamente venduti Btp e Bot). Tuttavia alcune indicazioni si possono dare. Il colosso Crédit Agricole ha ad esempio in cassaforte circa 5 miliardi di euro in titoli italiani. Il colosso transalpino del credito che ha chiuso il 2013 con 612 milioni di utili, un po’ sotto le attese, ha dunque in cassaforte un gruzzolo di titoli italiani non molto diverso da quello degli anni passati.
Più dubbia la situazione dell’altro big del credito transalpino Bnp paribas che nell’ultimo bilancio non rende noto il dato scorporato per singoli Paesi ma che a partire dal 2011 ha progressivamente ridotto la sua esposizione verso l’Italia. Il portafoglio francese più gonfio di Bot e Btp è quello del gigante assicurativo Axa (4,4 miliardi di utile nel 2013, in aumento del 10%) che possiede titoli per circa 18 miliardi di euro, una quota che negli ultimi anni appare in costante crescita.
Spostandosi in Germania le banche tengono in cassaforte titoli italiani per 40 miliardi di dollari (29 miliardi di euro). Deutsche Bank ha oggi “in pancia” 6 miliardi tra Bot e Btp, lo stesso livello evidenziato negli stress test relativi ai bilanci 2010. A volte scambiata dai meno accorti per la Banca centrale tedesca (Bundesbank), e forse anche per questo finita nel 2012 al centro di “un caso” politico finanziario per una supposta azione orchestrata ai danni del nostro Paese, la banca tedesca non ha in realtà mai venduto sul mercato grandi quantità di titoli italiani. Dopo le tensioni di fine 2011 si limitò ad aumentare il livello di copertura e dunque a ridurre l’esposizione netta al rischio. Il colosso tedesco attraversa un periodo complicato alle prese con i continui accantonamenti di risorse per far fronte alle multe per irregolarità (vedi vicenda Libor) e vari contenziosi legali e così ha visto i profitti ridursi all’osso.
Un debole per i titoli italiani sembra averlo Commerzbank che negli ultimi 3 anni ha triplicato la sua esposizione sull’Italia portandola da 3 a 9 miliardi di euro. La seconda banca tedesca sembra intravedere la fine del tunnel dopo un faticoso processo di ristrutturazione aiutato anche da un forte sostegno pubblico che ne ha scongiurato la bancarotta dopo le forti perdite accusate in conseguenza della crisi del 2008. L’ultimo trimestre del 2013 ha segnato per la banca il ritorno all’utile, seppur modesto (64 milioni di euro). Così come in Francia anche in Germania la maggiore concentrazione di “rischio Italia” fa però capo a un colosso assicurativo: Allianz possiede infatti titoli italiani per 27 miliardi di euro (26 miliardi a fine 2011). Primo gruppo assicurativo europeo, Allianz gode di ottima salute dopo un 2013 che si è chiuso con utili in crescita del 14% a oltre 6 miliardi e ricavi record a quota 110 miliardi.
L’Italia piace meno alle banche inglesi che nel loro insieme non vanno oltre i 5,6 miliardi di dollari (4 miliardi di euro). Da solo il gigante Barclays (5,2 miliardi di sterline di utile nel 2013 ma in calo del 26% e sotto le attese) possiede titoli italiani per circa 2 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2011. In Spagna si trovano Bot e Btp per 7 miliardi di euro ma senza significative concentrazioni in capo ad una sola banca, neppure nel caso dei due big Santander e BBVA.
Titoli per altri 4 miliardi di euro sono detenuti in Svizzera principalmente da Credit Suisse (3 miliardi di euro contro i 3,5 di fine 2011) ma con un’esposizione netta di appena mezzo miliardo di euro (la banca ha cioè sottoscritto molti derivati che la proteggono dai rischi legati agli investimenti in titoli italiani). Multata dalla Sec americana per 196 milioni di dollari il gruppo svizzero sta accantonando molte risorse per far fronte alle sanzioni e ad altri contenziosi legali negli Usa. Nonostante questo e la performance sotto le attese della divisione investment banking la banca ha chiuso il 2013 con utili sopra i 3 miliardi di franchi (2,4 miliardi di euro), il doppio rispetto all’anno prima. L’altro colosso elvetico, Ubs ha progressivamente “alleggerito” la sua posizione dai 3 miliardi di euro di fine 2011 agli attuali 721 milioni. Fuori dall’Europa i dati più significativi sono ovviamente quello degli Stati Uniti (19 miliardi di dollari ossia 14 miliardi di euro) ma soprattutto quello del Giappone (nel complesso 23 miliardi di dollari, 17 miliardi di euro).