Due esempi in cui il medico rischia ed il paziente subisce:
- Il decreto legislativo 187 del 2000 all’articolo 3 e 5 chiarisce che il medico propone una indagine radiologica, ma il radiologo può scegliere autonomamente in modo da ridurre il paziente ad esposizioni o non esporlo assolutamente con metodiche diagnostiche quali ecografie o risonanza magnetica nucleare. All’articolo 14 dello stesso decreto legislativo, mai divenuto attuativo, sono dettagliate le sanzioni in caso di non rispetto.
I danni possono verificarsi sul paziente esposto (danni somatici) o sulla progenie (danni genetici) e possono essere direttamente proporzionali alla dose espositiva (danni deterministici) o indipendenti dalla dose (danni non deterministici o stocastici). Questi ultimi possono causare leucemie e tumori solidi. Più sensibili sono organi quali midollo (soprattutto dei piccoli pazienti), cristallino e tiroide (questi ultimi due costantemente esposti nelle Tac del cranio, dispensate come cachet nei pazienti con cefalea che inconsapevolmente, si “beccano” una dose equivalente a circa 300-400 radiografie in una sola esposizione). La norma è quindi a tutela del paziente. La non osservanza di tale procedura è sempre più spesso causa di danni a pazienti e sanitari. Si possono effettuare esposizioni inutili (che provocano un danno biologico al paziente e un danno economico allo stato), prestazioni improprie (che provocano un danno al paziente poiché non svelano la patologia e contestualmente un danno al medico che “sbaglia” la diagnosi visionando un esame che non è in grado di “svelare” la patologia stessa). La non osservanza di tale procedura, oltre a creare di fatto un potenziale incremento di neoplasie radio-indotte (ulteriore spesa sanitaria futura), genera l’incremento del numero di prestazioni (e della spesa sanitaria) con conseguente “intasamento” delle liste d’attesa che “legittima” la necessità del ricorso a prestazioni effettuate in regime privato convenzionato/non convenzionato.
- La Comunità europea è pronta a sanzionare l’Italia per l’orario incontrollato di lavoro dei medici con riduzione delle ore di riposo ed aumento del rischio di errori.
In tutto ciò se un medico si “lamenta” rischia procedimenti disciplinari da parte dell’azienda ospedaliera per danno all’immagine fino al licenziamento. Caso emblematico quello della dott.ssa Grazia Mennella che ha lamentato in diverse occasioni il non rispetto di queste norme per il bene del cittadino-paziente.
In sanità viene sempre rispettata la salute del paziente? Siamo sicuri che le aziende sanitarie siano controllate? Ministro Lorenzin, cosa ne pensa?