La tortura è reato. Il Senato ha dato il via libera, quasi all’unanimità, all’inserimento nell’ordinamento italiano. Ma nel ddl Manconi, così come modificato dalla commissione Giustizia, il reato sarà comune. Il fatto che sia commesso da un pubblico ufficiale sarà solo un aggravante. Il disegno di legge è passato a Palazzo Madama con 231 sì e tre astenuti. Il provvedimento deve ora passare alla Camera.
Ma è già polemica. “Anche se votiamo a favore del provvedimento che introduce il reato di tortura, che rappresenta comunque un passo avanti, riteniamo che questa legge costituisca un’occasione perduta” dice il senatore di Sel Peppe De Cristofaro. “Sarebbe stato necessario – prosegue il senatore – fare della tortura un reato proprio e collegarlo all’abuso di potere, giacché la tortura attiene precisamente agli arbitri del potere, come quelli che si verificarono a Genova nel luglio del 2001 o come quelli che sono costati la vita a Stefano Cucchi e Federico Aldovrandi“. “Per questo – conclude De Cristofaro – consideriamo questa norma non un punto di arrivo ma una tappa intermedia. Riprenderemo immediatamente la nostra battaglia perché la tortura diventi a tutti gli effetti un reato proprio”.
Soddisfatto il senatore del Pd Felice Casson: “Il divieto di tortura entrafinalmente tra i reati previsti in Italia. L’uso della tortura e ogni trattamento umiliante e degradante rappresentano la negazione di tutti i diritti umani. Il divieto di tortura è un principio che appartiene al nucleo fondamentale del diritto internazionale dei diritti dell’uomo come espressione diretta del valore della dignità umana, consacra un valore fondamentale nella società democratica e costituisce il contenuto di una norma imperativa del diritto internazionale generale”.
“Il testo – ha spiegato – punisce con la reclusione da tre a dieci anni chiunque infligge acute sofferenze psichiche o fisiche, mediante violenza o minaccia di comportamenti disumani o degradanti la dignità umana, ad una persona che non sia in grado di ricevere aiuto. Sono previste specifiche aggravanti nel caso che la condotta sia posta in essere da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle funzioni ipotesi per la quale la reclusione è aumentata, da quattro a dodici anni. Infine, in caso di morte del torturato, è prevista la reclusione di trenta anni se trattasi di conseguenza non voluta dal reo, e dell’ergastolo se la morte è cagionata dal torturante. Poi – ha aggiunto – si chiarisce che le dichiarazioni ottenute mediante tortura possono essere utilizzate solo contro le persone accusate di tale delitto al fine di provarne la responsabilità e di stabilire che le dichiarazioni stesse sono state rese in conseguenza della tortura. Si stabilisce inoltre – ha concluso Casson – l’impossibilità di respingere, espellere o estradare una persona verso uno Stato nel quale si ritiene che rischi di essere sottoposta a tortura, si esclude l’applicabilità dell’immunità diplomatica per i cittadini stranieri condannati o processati per tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale e viene istituito un fondo a favore delle vittime della tortura”.