Redde rationem in via Solferino: gli stracci volano da mesi – si vedano le “carezze” scambiate a mezzo stampa tra i due azionisti John Elkann e Diego Della Valle – e lunedì il consiglio d’amministrazione, convocato per l’approvazione del bilancio 2013, potrebbe decadere. L’ipotesi è confermata da fonti vicinissime al consiglio: il presidente di Rcs Angelo Provasoli rimetterà il mandato e almeno altri tre lo seguiranno. Un paio di settimane fa si era dimesso Carlo Pesenti.
Lunedì basteranno le dimissioni di altri quattro consiglieri per ridurre l’organo da nove a quattro membri, e quando viene a mancare oltre la metà del consiglio la decadenza è automatica. In questo modo verrà messo fuori gioco l’amministratore delegato, Pietro Scott Jovane, messo sotto accusa in primo luogo dal secondo azionista, Della Valle, ma ormai da tempo bersaglio di azionisti e consiglieri “malpancisti”, critici con la linea imposta dal primo azionista, la Fiat di Elkann, che ha assunto il comando con il 20 per cento delle azioni.
Pesenti si era dimesso dopo una discussa operazione portata a termine a fine gennaio da Jovane, senza informare il consiglio d’amministrazione. E cioè l’acquisto di un sito di prenotazioni alberghiere, Hotelyo, tra i cui azionisti c’è la finanziaria torinese Lamse che fa capo ai fratelli Andrea e Anna Agnelli, cugini di Elkann e soprattutto azionisti indiretti di Fiat.
Lunedì i consiglieri dovranno motivare le loro dimissioni, anche perché Rcs è quotata in Borsa e il tutto deve essere fatto in assoluta trasparenza, senza che sorgano sospetti di una forzatura da parte di qualche socio influente. Dopo la decadenza dell’attuale cda sarà l’assemblea dei soci, già convocata per il 29 aprile per il bilancio, a nominare il nuovo vertice.
È dunque Jovane a fare le spese dello scontro tra gli azionisti. Anche se ultimamente risulta raffreddata la stima dello stesso Elkann nei suoi confronti, Jovane paga soprattutto le accuse di Della Valle, in buona parte condivise nella sostanza, se non nei toni, da altri azionisti e dallo stesso direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli. Non ha aiutato la serenità dei rapporti la franchezza con cui de Bortoli lo scorso novembre, in occasione di una riunione del cda, ha detto a chiare lettere in una lettera che il piano di ristrutturazione del gruppo era “sbagliato”, a cominciare dalla vendita della sede di via Solferino fino all’aumento del prezzo del quotidiano.
Quando si è tenuta la convention tra le concessionarie pubblicitarie di Repubblica e Corriere a dare manforte a Ezio Mauro, in prima fila c’erano Carlo e Rodolfo De Benedetti e l’amministratore delegato Monica Mondar-dini; l’altro relatore era de Bortoli, ma il suo ad Jovane si aggirava al fondo della sala in un’appariscente solitudine. L’idea, insopportabile per la direzione, è che il quotidiano, ancora sostanzialmente sano, paghi la crisi del gruppo. Due settimane fa de Bortoli, in una lunga intervista con il Foglio aveva tirato le orecchie agli azionisti: “Diciamo che il Corriere ha molti azionisti, ma non ha un editore. Se gli azionisti litigassero meno sarebbe meglio. Rcs non è un terreno di battaglia, è un’azienda importante. E il Corriere è un grande giornale in salute, malgrado l’abbiano gravato di debiti non suoi”. Una frase spiega lo stato d’animo del direttore: “Sono a fine carriera e degli azionisti posso anche fregarmene”.
L’intervista ha ovviamente infastidito molti azionisti, non solo Fiat (tra Elkann e de Bortoli i rapporti da freddi che erano sono peggiorati). Così come la pubblicazione sul Corriere di una parte del libro di Alan Friedman sulle manovre politiche che hanno portato alla fine dell’ultimo governo Berlusconi ha causato malumore da parte di Intesa Sanpaolo (quarto azionista), che l’ha considerata un’operazione irrispettosa del presidente Giorgio Napolitano.
Nel caos riprendono vigore la voci su una successione alla direzione del Corriere . Ma non sarà facile trovare un nome sufficientemente prestigioso e in grado di mettere d’accordo azionisti litigiosissimi. Si è a lungo parlato del direttore della Stampa, Mario Calabresi. Ma se, come sembra, l’idea di fondere la Stampa e il Corriere (ipotesi che consoliderebbe ulteriormente la posizione di Fiat in via Solferino), è difficilmente realizzabile ora, Calabresi dovrà aspettare un turno. Così il nome più gettonato al momento è quello di Antonio Polito, editorialista del Corriere e fresco direttore del Corriere del Mezzogiorno, meno interessato di de Bortoli all’economia, per la gioia di molti azionisti.
Di Giorgio Meletti e Silvia Truzzi
da Il Fatto Quotidiano del 7 marzo 2014