La notizia dell’acquisizione di Whatsapp di Jan Koum da parte di Facebook per la cifra record di 19 miliardi ha scosso la Silicon Valley e ha concentrato l’attenzione sulle applicazioni per la messaggistica istantanea via Internet. Il volto nuovo in questo settore è Telegram, un’app per smartphone e tablet che in pochi giorni ha registrato più di 5 milioni di download e che tutte le carte in regola per poter insidiare il dominio di Whatsapp. Quali sono i punti di forza della nuova piattaforma? In primo luogo c’è il tema della privacy. Telegram è basato su un sistema cloud e utilizza una protezione crittografica per garantire la riservatezza dei messaggi. Il servizio include inoltre la modalità “secret chat”, che garantisce che il testo non sia memorizzato sui server del gestore, e un sistema di “autodistruzione” a tempo, simile a quello proposto da Snapchat.

In tempi in cui le intrusioni dell’NSA hanno acceso i riflettori sul tema dei dati personali, si tratta di un vantaggio notevole, che può fare breccia in un pubblico sensibile alla riservatezza. In secondo luogo, Telegram è gratuito e si ispira espressamente alla filosofia del “software libero”. Il programma non è completamente Open Source, ma gli sviluppatori hanno reso disponibili tutti gli strumenti (le cosiddette API) per utilizzare i protocolli di Telegram consentendo, così, il rilascio di versioni “unofficial” per Windows, MacOSX e Linux. Il risultato è che la piattaforma consente di comunicare tra computer e smartphone, andando a riempire così uno dei vuoti più evidenti lasciati scoperti da Whatsapp. Quest’ultima, infatti, è un’applicazione pensata esclusivamente per gli smartphone e non prevede la possibilità di essere utilizzata attraverso altri dispositivi.

Una politica che Koum e soci spiegano con la volontà di offrire un servizio quanto più semplice ed efficace possibile, ma che alla lunga potrebbe tradursi in un handicap che il concorrente potrebbe sfruttare per garantirsi un vantaggio a livello di diffusione. Anche perché Telegram usa un sistema “ibrido” che anche su pc fa riferimento al numero di cellulare. In questo modo Telegram evita di ricorrere allo scomodo sistema basato su username e password (usato per esempio da Skype) e permette di rintracciare i contatti direttamente dalla rubrica del telefono, esattamente come succede con Whatsapp.

I dubbi maggiori sul nuovo arrivato Telegram vertono sulla sua affidabilità nel medio e lungo periodo. Se il programma è gratuito e non è previsto l’invio di pubblicità o la raccolta di dati degli utenti, infatti, la prima domanda è: da dove arrivano i soldi? Stando a quanto riportato sul sito dell’applicazione, il finanziamento del servizio per il momento è garantito da una “donazione” offerta da Pavel Durov, il trentenne imprenditore russo che ha fondato il social network VKontakte e che viene considerato lo “Zuckerberg russo”. Durov ha trascorso buona parte della sua infanzia in Italia e il suo sito (oltre 200 milioni di utenti) può vantare il primato di essere il più popolare di tutta la CSI, la Comunità degli Stati indipendenti che riunisce buona parte dei paesi ex-sovietici. Il coinvolgimento del magnate russo nel progetto Telegram, quindi, potrebbe rappresentare qualcosa di simile a alla partnership tra Whatsapp e Facebook, soprattutto se si considera che l’applicazione per Google Chrome di Telegram sfoggia un logo molto simile a quello del social network russo.

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