Sono almeno 80mila i bambini in Romania costretti a crescere lontano da almeno uno dei genitori. A mancare, il più delle volte sono le mamme, impiegate come badanti nelle famiglie di Paesi europei più ricchi, Italia in testa, meta prediletta dell’emigrazione romena. Fanno un lavoro per cui è complicato allontanarsi dagli assistiti, così passano anni prima che riescano a rivedere i loro figli. Li chiamano “orfani bianchi“, bambini spesso inseriti in comunità come se fossero privi dei genitori. Ai piccoli piacerebbe trascorrere la festa della donna insieme alle mamme, ma al momento è solo un miraggio: “La sfida per l’Unione sarebbe creare un sistema transnazionale che si adatti alle esigenze delle famiglie”, spiega Andrea Rampini, ricercatore dell’agenzia Codici e direttore della onlus Bambini in Romania. Eppure la chiamano Unione.
“Dentro la categoria ‘orfani bianchi’ ci sono molte sfumature possibili: chi non ha un genitore (il 60%), chi non li ha entrambi, chi resta loro lontano per un periodo limitato, chi può comunque affidarsi ad una rete familiare e chi (almeno 3 mila) resta completamente solo”, continua Rampini. Il ricercatore si occupa da anni dell’abbandono dei minori nelle aree rurali della Romania, un fenomeno preesistente rispetto all’entrata del Paese in Europa (nel 2007) che poi si è andato aggravando. “Alla vulnerabilità di partenza, si è aggiunta negli anni la condizione di emigranti”, aggiunge Rampini. Il tipo di lavoro per cui vengono chiamate le donne nelle zone più ricche dell’Europa rende loro quasi impossibile spostarsi. E non potrebbero svolgerlo nel loro Paese: “In Romania non è riconosciuto, non è nemmeno pagato”, commenta Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione donne romene in Italia.
Il tema a Bucarest resta sommerso: se ne occupano soprattutto associazioni del privato sociale o ecclesiastiche. I media tacciono, sia l’abbandono dei bambini che quello degli anziani non autosufficienti, l’altro lato di questo dramma. “Esistono solo dei servizi leggeri, come centri diurni per giovani, ma non esiste nulla per cercare di prevenire il fenomeno”, precisa Rampini. Sono i soldi che mancano. Alcuni progetti hanno cercato di mettere in contatto mamme e figli via Skype. Lo ha fatto anche Dumitrache ma oggi il progetto Te iubeste mama (La mamma ti vuole bene) è sospeso per mancanza di fondi.
Mihaela Croitorou ha raccolto decine di storie di donne romene che hanno vissuto il dramma di dover abbandonare la famiglia. Anche lei ha dovuto farlo. Ora il suo nuovo compagno, dopo che quello romeno l’ha lasciata, la porterà in un altro Paese per ricominciare. Così si sente in debito verso tutte le connazionali che si sono sfogate con lei, senza avere la stessa fortuna. Vorrebbe farne un libro. Su Elena, Irina, Maria, Eugenia e le altre.
Maria per esempio, dieci anni trascorsi in Italia, passando da una famiglia all’altra, ad assistere anziani. “È partita quando il piccolo aveva 6 anni e il grande 13. È tornata che uno era diplomato e l’altro laureato. Si è persa tutto: non li ha visti crescere”, racconta Mihaela. I soldi che Maria ha spedito a casa sono tutti andati per l’educazione dei figli: ora non le è rimasto più nulla. Né uno straccio di pensione per il lavoro svolto in Italia. Maria da un paio d’anni è tornata in Romania: non ha denaro per mantenersi. Come Mihaela è stata abbandonata dal marito quando era in Italia a lavorare. “Mi ha detto di non riuscire più a ricominciare, a sentirsi utile di nuovo”. A Bucarest la chiamano “Sindrome dell’Italia“: le donne rientrate si sentono utili solo a ripetere le azioni che hanno compiuto per anni lontano dal loro Paese d’origine. Sono rimaste senza radici.
Diritti
Romania, 80mila “orfani bianchi”: le loro madri assistono noi e lasciano soli loro
Chi emigra per fare la badante, per lo più in Italia, spesso non vede i figli per anni. Ne nasce un problema sociale del quale a Bucarest nessuna autorità si occupa. L'Associazione delle donne romene in Italia lancia un progetto con Skype ma mancano i fondi. La storia di Maria, partita quando i figli erano piccoli e tornata quando erano diplomati e laureati
Sono almeno 80mila i bambini in Romania costretti a crescere lontano da almeno uno dei genitori. A mancare, il più delle volte sono le mamme, impiegate come badanti nelle famiglie di Paesi europei più ricchi, Italia in testa, meta prediletta dell’emigrazione romena. Fanno un lavoro per cui è complicato allontanarsi dagli assistiti, così passano anni prima che riescano a rivedere i loro figli. Li chiamano “orfani bianchi“, bambini spesso inseriti in comunità come se fossero privi dei genitori. Ai piccoli piacerebbe trascorrere la festa della donna insieme alle mamme, ma al momento è solo un miraggio: “La sfida per l’Unione sarebbe creare un sistema transnazionale che si adatti alle esigenze delle famiglie”, spiega Andrea Rampini, ricercatore dell’agenzia Codici e direttore della onlus Bambini in Romania. Eppure la chiamano Unione.
“Dentro la categoria ‘orfani bianchi’ ci sono molte sfumature possibili: chi non ha un genitore (il 60%), chi non li ha entrambi, chi resta loro lontano per un periodo limitato, chi può comunque affidarsi ad una rete familiare e chi (almeno 3 mila) resta completamente solo”, continua Rampini. Il ricercatore si occupa da anni dell’abbandono dei minori nelle aree rurali della Romania, un fenomeno preesistente rispetto all’entrata del Paese in Europa (nel 2007) che poi si è andato aggravando. “Alla vulnerabilità di partenza, si è aggiunta negli anni la condizione di emigranti”, aggiunge Rampini. Il tipo di lavoro per cui vengono chiamate le donne nelle zone più ricche dell’Europa rende loro quasi impossibile spostarsi. E non potrebbero svolgerlo nel loro Paese: “In Romania non è riconosciuto, non è nemmeno pagato”, commenta Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione donne romene in Italia.
Il tema a Bucarest resta sommerso: se ne occupano soprattutto associazioni del privato sociale o ecclesiastiche. I media tacciono, sia l’abbandono dei bambini che quello degli anziani non autosufficienti, l’altro lato di questo dramma. “Esistono solo dei servizi leggeri, come centri diurni per giovani, ma non esiste nulla per cercare di prevenire il fenomeno”, precisa Rampini. Sono i soldi che mancano. Alcuni progetti hanno cercato di mettere in contatto mamme e figli via Skype. Lo ha fatto anche Dumitrache ma oggi il progetto Te iubeste mama (La mamma ti vuole bene) è sospeso per mancanza di fondi.
Mihaela Croitorou ha raccolto decine di storie di donne romene che hanno vissuto il dramma di dover abbandonare la famiglia. Anche lei ha dovuto farlo. Ora il suo nuovo compagno, dopo che quello romeno l’ha lasciata, la porterà in un altro Paese per ricominciare. Così si sente in debito verso tutte le connazionali che si sono sfogate con lei, senza avere la stessa fortuna. Vorrebbe farne un libro. Su Elena, Irina, Maria, Eugenia e le altre.
Maria per esempio, dieci anni trascorsi in Italia, passando da una famiglia all’altra, ad assistere anziani. “È partita quando il piccolo aveva 6 anni e il grande 13. È tornata che uno era diplomato e l’altro laureato. Si è persa tutto: non li ha visti crescere”, racconta Mihaela. I soldi che Maria ha spedito a casa sono tutti andati per l’educazione dei figli: ora non le è rimasto più nulla. Né uno straccio di pensione per il lavoro svolto in Italia. Maria da un paio d’anni è tornata in Romania: non ha denaro per mantenersi. Come Mihaela è stata abbandonata dal marito quando era in Italia a lavorare. “Mi ha detto di non riuscire più a ricominciare, a sentirsi utile di nuovo”. A Bucarest la chiamano “Sindrome dell’Italia“: le donne rientrate si sentono utili solo a ripetere le azioni che hanno compiuto per anni lontano dal loro Paese d’origine. Sono rimaste senza radici.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".