Per mesi si è detto che sarebbero state abolite, ma oggi il rischio è che le province rinascano entro sei mesi dalle loro ceneri, più o meno come l’araba fenice. Una elaboratissima legge discussa per tre mesi, e annunciata con un anno d’anticipo, ha portato alla fine al voto favorevole di 62 deputati sui 90 che occupano uno scranno all’Assemblea Regionale Siciliana: da oggi in Sicilia non esistono più le province, cancellate in astratto con un rapido tratto di penna. Le nove province regionali vengono così sostituite da altrettanti Liberi consorzi dei comuni, con la possibilità di crearne di nuovi entro sei mesi, purché raggruppino almeno una popolazione di 180mila abitanti e quelli coincidenti con i comuni soppressi non abbiano una popolazione inferiore a 150 abitanti. L’elemento cardine è la soppressione del voto diretto: gli organismi saranno di secondo livello, eletti quindi, non dai cittadini, ma dalle assemblee dei consorzi. Altra novità è la creazione delle tre aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina, la cui elezione degli organismi, sempre di secondo livello, sarà disciplinata con una successiva legge in aula il prossimo autunno. Rinviati alla prossima legge anche i compiti e le funzioni dei Liberi Consorzi. E’ questa la riforma annunciata un anno fa in diretta televisiva dal governatore Rosario Crocetta, ospite di Massimo Giletti su Rai Uno, mentre il Movimento 5 stelle premeva sul governo per l’abolizione degli enti intermedi.
Il fantomatico Modello Sicilia però divenne presto un ricordo e un anno dopo la situazione politica è radicalmente cambiata: per portare a casa la riforma tanto decantata, Crocetta ha dovuto mediare tra neodemocristiani, democratici e gli stessi Cinque Stelle pur di approvare la legge intitolata al ras del Pd Antonello Cracolici. Che poco prima del voto a Sala D’Ercole ha definito la riforma che porta il suo nome con poche diplomatiche parole: “Questa legge non azzera le Province, ma le supera”. In pratica da oggi le province siciliane assumono la denominazione di Liberi Consorzi tra Comuni. Sembrerebbe una svolta, ma non lo è, dato che già lo Statuto autonomo siciliano, datato 1946, disciplinava all’articolo 15 che “l’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
Dopo aver recepito le province statali quindi la Sicilia fa un passo indietro: disciplina l’esistenza dei consorzi tra i comuni, senza dire che tipo di competenze debbano avere i nuovi enti di secondo livello. E soprattutto quanto debbano costare. “Dove sta il risparmio se tutto viene trasferito dalle province ai liberi consorzi, dal personale ai debiti? Come si fa a parlare di risparmio, dove sta la convenienza? Questo mostro giuridico è figlio di molti padri e di consulenti quaquaraqua del diritto. Dopo le tv locali Crocetta dirà le stesse cose nello studio romano di Giletti su Rai 1: questa non è una riforma per i cittadini ma per i giornali” ha attaccato, pur senza rinunciare all’ironia, il capogruppo dell’opposizione Nello Musumeci. Ed in effetti quella di Crocetta è una riforma a metà che per essere completata dovrà aspettare un altro passaggio parlamentare entro il prossimo autunno.
Più che una rivoluzione è quindi al momento un cortocircuito legislativo che porta lo stesso Calogero Firetto, deputato Udc e fedelissimo di Crocetta, ad ammettere in aula che “questa non è la riforma che io avrei voluto, ma è appunto il frutto di una sintesi vasta”. “Il rischio è che le mediazioni tra i partiti ritardino il completamento della riforma che senza di noi non sarebbe mai stata nemmeno approdata a questo punto d’inizio” avverte Francesco Cappello, capogruppo del Movimento 5 stelle, che ha votato a favore della legge dopo una consultazione on line tra gli attivisti. “Questa riforma non riesce a fornire un ridisegno integrato dell’architettura istituzionale dell’isola ma è funzionale solo alla necessità di Crocetta di apparire come rivoluzionario mentre si barcamena nella politica dell’Ars come l’erede della tradizione gattopardesca” protesta Sergio Lima di Sinistra Ecologia e Libertà. L’unica cosa certa al momento è che i commissari provinciali nominati da Crocetta un anno fa – e poi riconfermati a dicembre quando si rischiava di ritornare alle elezioni provinciali – rimarranno in carica fino a ottobre: per allora dovrebbe essere stata già approvata la seconda legge regionale per disciplinare le prerogative dei consorzi tra comuni, dove andranno a sedere i sindaci dei consorzi comunali, che non dovrebbero intascare alcun emolumento extra.
“Ad oggi abbiamo abolito i privilegi politici”, esulta il democratico Pippo Di Giacomo. Ma l’abolizione di presidenti, giunte e consigli provinciali dovrà essere contenuta nella seconda legge che entro ottobre dovrà essere approvata per delineare le prerogative dei consorzi comunali. Enti che non dovranno ricalcare obbligatoriamente le nove province già esistenti. Il Parlamento regionale ha infatti approvato l’emendamento che fissa in 180 mila il limite minimo di abitanti per costituire i Liberi Consorzi tra Comuni: tenendo fuori le tre nuove città metropolitane di Palermo, Catania e Messina (un milione e duecentomila abitanti in totale), in Sicilia potrebbero nascere quindi fino a venti nuovi consorzi tra comuni. Più del doppio rispetto alle attuali nove province. Che invece di sparire perderebbero le cariche politiche elettive, mantenendo oneri, debiti e dipendenti, mutando però soltanto denominazione. L’epilogo più scontato nell’isola abituata a cambiare tutto per non cambiare niente.
Twitter: @pipitone87
Politica
Sicilia, Assemblea “abolisce” le Province. Ma la Casta le trasforma in 9 Consorzi
Gli enti verranno sostituiti da altrettanti organi, con la possibilità di crearne di nuovi entro sei mesi, purché raggruppino almeno una popolazione di 180mila abitanti. Elemento cardine della legge è l'abolizione del voto diretto. Crocetta aveva annunciato la riforma su Rai1 un anno fa. Oggi si salva con il soccorso dei 5 stelle
Per mesi si è detto che sarebbero state abolite, ma oggi il rischio è che le province rinascano entro sei mesi dalle loro ceneri, più o meno come l’araba fenice. Una elaboratissima legge discussa per tre mesi, e annunciata con un anno d’anticipo, ha portato alla fine al voto favorevole di 62 deputati sui 90 che occupano uno scranno all’Assemblea Regionale Siciliana: da oggi in Sicilia non esistono più le province, cancellate in astratto con un rapido tratto di penna. Le nove province regionali vengono così sostituite da altrettanti Liberi consorzi dei comuni, con la possibilità di crearne di nuovi entro sei mesi, purché raggruppino almeno una popolazione di 180mila abitanti e quelli coincidenti con i comuni soppressi non abbiano una popolazione inferiore a 150 abitanti. L’elemento cardine è la soppressione del voto diretto: gli organismi saranno di secondo livello, eletti quindi, non dai cittadini, ma dalle assemblee dei consorzi. Altra novità è la creazione delle tre aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina, la cui elezione degli organismi, sempre di secondo livello, sarà disciplinata con una successiva legge in aula il prossimo autunno. Rinviati alla prossima legge anche i compiti e le funzioni dei Liberi Consorzi. E’ questa la riforma annunciata un anno fa in diretta televisiva dal governatore Rosario Crocetta, ospite di Massimo Giletti su Rai Uno, mentre il Movimento 5 stelle premeva sul governo per l’abolizione degli enti intermedi.
Il fantomatico Modello Sicilia però divenne presto un ricordo e un anno dopo la situazione politica è radicalmente cambiata: per portare a casa la riforma tanto decantata, Crocetta ha dovuto mediare tra neodemocristiani, democratici e gli stessi Cinque Stelle pur di approvare la legge intitolata al ras del Pd Antonello Cracolici. Che poco prima del voto a Sala D’Ercole ha definito la riforma che porta il suo nome con poche diplomatiche parole: “Questa legge non azzera le Province, ma le supera”. In pratica da oggi le province siciliane assumono la denominazione di Liberi Consorzi tra Comuni. Sembrerebbe una svolta, ma non lo è, dato che già lo Statuto autonomo siciliano, datato 1946, disciplinava all’articolo 15 che “l’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
Dopo aver recepito le province statali quindi la Sicilia fa un passo indietro: disciplina l’esistenza dei consorzi tra i comuni, senza dire che tipo di competenze debbano avere i nuovi enti di secondo livello. E soprattutto quanto debbano costare. “Dove sta il risparmio se tutto viene trasferito dalle province ai liberi consorzi, dal personale ai debiti? Come si fa a parlare di risparmio, dove sta la convenienza? Questo mostro giuridico è figlio di molti padri e di consulenti quaquaraqua del diritto. Dopo le tv locali Crocetta dirà le stesse cose nello studio romano di Giletti su Rai 1: questa non è una riforma per i cittadini ma per i giornali” ha attaccato, pur senza rinunciare all’ironia, il capogruppo dell’opposizione Nello Musumeci. Ed in effetti quella di Crocetta è una riforma a metà che per essere completata dovrà aspettare un altro passaggio parlamentare entro il prossimo autunno.
Più che una rivoluzione è quindi al momento un cortocircuito legislativo che porta lo stesso Calogero Firetto, deputato Udc e fedelissimo di Crocetta, ad ammettere in aula che “questa non è la riforma che io avrei voluto, ma è appunto il frutto di una sintesi vasta”. “Il rischio è che le mediazioni tra i partiti ritardino il completamento della riforma che senza di noi non sarebbe mai stata nemmeno approdata a questo punto d’inizio” avverte Francesco Cappello, capogruppo del Movimento 5 stelle, che ha votato a favore della legge dopo una consultazione on line tra gli attivisti. “Questa riforma non riesce a fornire un ridisegno integrato dell’architettura istituzionale dell’isola ma è funzionale solo alla necessità di Crocetta di apparire come rivoluzionario mentre si barcamena nella politica dell’Ars come l’erede della tradizione gattopardesca” protesta Sergio Lima di Sinistra Ecologia e Libertà. L’unica cosa certa al momento è che i commissari provinciali nominati da Crocetta un anno fa – e poi riconfermati a dicembre quando si rischiava di ritornare alle elezioni provinciali – rimarranno in carica fino a ottobre: per allora dovrebbe essere stata già approvata la seconda legge regionale per disciplinare le prerogative dei consorzi tra comuni, dove andranno a sedere i sindaci dei consorzi comunali, che non dovrebbero intascare alcun emolumento extra.
“Ad oggi abbiamo abolito i privilegi politici”, esulta il democratico Pippo Di Giacomo. Ma l’abolizione di presidenti, giunte e consigli provinciali dovrà essere contenuta nella seconda legge che entro ottobre dovrà essere approvata per delineare le prerogative dei consorzi comunali. Enti che non dovranno ricalcare obbligatoriamente le nove province già esistenti. Il Parlamento regionale ha infatti approvato l’emendamento che fissa in 180 mila il limite minimo di abitanti per costituire i Liberi Consorzi tra Comuni: tenendo fuori le tre nuove città metropolitane di Palermo, Catania e Messina (un milione e duecentomila abitanti in totale), in Sicilia potrebbero nascere quindi fino a venti nuovi consorzi tra comuni. Più del doppio rispetto alle attuali nove province. Che invece di sparire perderebbero le cariche politiche elettive, mantenendo oneri, debiti e dipendenti, mutando però soltanto denominazione. L’epilogo più scontato nell’isola abituata a cambiare tutto per non cambiare niente.
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Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Se dovessimo tutti attenerci a quelle che sono le regole del Coni, per quanto riguarda il calcio, il 90% degli impianti li dovremmo chiudere. Dobbiamo trovare la via di mezzo e quelle che possono essere le modalità migliori per dare la sicurezza dell'omologazione dell'impianto di gioco e dare, senza dover strozzare le società, quelle che possono gli adempimenti per mettere il più possibile in sicurezza le strutture". Lo sostiene Giacomo Pompili, di Lnd Impianti e Federcalcio servizi, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto durante la prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde. Un incontro che si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il variegato palinsesto della manifestazione, a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025.
L'attività di controllo sull’impiantistica è nata nel 2020 sulla base della raccomandazione del Coni, diffusa con una circolare, di omologare gli impianti sportivi. "Oggi credo che ogni federazione si stia muovendo con un suo regolamento, che però non è esattamente preso da quello che il Coni ci chiede -spiega Pompili-. E' importante confrontarsi anche con gli amici delle altre Federazioni sulle problematiche da affrontare", dice.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Se dovessimo tutti attenerci a quelle che sono le regole del Coni, per quanto riguarda il calcio, il 90% degli impianti li dovremmo chiudere. Dobbiamo trovare la via di mezzo e quelle che possono essere le modalità migliori per dare la sicurezza dell'omologazione dell'impianto di gioco e dare, senza dover strozzare le società, quelle che possono gli adempimenti per mettere il più possibile in sicurezza le strutture". Lo sostiene Giacomo Pompili, di Lnd Impianti e Federcalcio servizi, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto durante la prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde. Un incontro che si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il variegato palinsesto della manifestazione, a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025.
L'attività di controllo sull’impiantistica è nata nel 2020 sulla base della raccomandazione del Coni, diffusa con una circolare, di omologare gli impianti sportivi. "Oggi credo che ogni federazione si stia muovendo con un suo regolamento, che però non è esattamente preso da quello che il Coni ci chiede -spiega Pompili-. E' importante confrontarsi anche con gli amici delle altre Federazioni sulle problematiche da affrontare", dice.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Come Federazione italiana tennis, padel, pickleball, che comprende gli sport di racchetta come tennis, padel beach, tennis beach e tennis in carrozzina, abbiamo adattato le nostre carte federali ai regolamenti dell'impiantistica e alle procedure per l'omologazione degli impianti. Sul territorio abbiamo messo in piedi una rete di tecnici, sotto un coordinamento di 21 comitati regionali, che procede alla verifica delle migliaia di impianti federali presenti. Circa 100 tecnici vanno giornalmente presso tutti gli impianti a verificarne l’omologazione. Questo è un modo anche per avere un censimento di quelli che sono gli impianti sul territorio". Sono le dichiarazioni di Silvia Torrani componente della Fitp, la Federazione italiana tennis, padel, pickleball, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto nell’ambito della prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, presso la Sala Verde sportivo allestita nel padiglione 20 della fiera.
L’incontro si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il ricco palinsesto della manifestazione che si svolge a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025. "Tutta l'attività sull’impiantistica -riprende Torrani- è nata in pieno Covid, quando il Coni ha mandato una circolare a tutte le federazioni sportive nazionali raccomandando l’omologazione degli impianti. Omologare un impianto vuol dire attestare in unità lo svolgimento delle competizioni o l'esercizio della pratica sportiva -spiega-. Gli impianti vengono omologati per tipologia, quindi se abbiamo un circolo che ha campi da tennis, campi da padel o campi da beach, abbiamo tre diverse omologazioni per il tennis, per il padel e per il beach. Siamo nel vivo di questa attività, ma c’è ancora tantissimo da fare", conclude.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Come Federazione italiana tennis, padel, pickleball, che comprende gli sport di racchetta come tennis, padel beach, tennis beach e tennis in carrozzina, abbiamo adattato le nostre carte federali ai regolamenti dell'impiantistica e alle procedure per l'omologazione degli impianti. Sul territorio abbiamo messo in piedi una rete di tecnici, sotto un coordinamento di 21 comitati regionali, che procede alla verifica delle migliaia di impianti federali presenti. Circa 100 tecnici vanno giornalmente presso tutti gli impianti a verificarne l’omologazione. Questo è un modo anche per avere un censimento di quelli che sono gli impianti sul territorio". Sono le dichiarazioni di Silvia Torrani componente della Fitp, la Federazione italiana tennis, padel, pickleball, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto nell’ambito della prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, presso la Sala Verde sportivo allestita nel padiglione 20 della fiera.
L’incontro si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il ricco palinsesto della manifestazione che si svolge a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025. "Tutta l'attività sull’impiantistica -riprende Torrani- è nata in pieno Covid, quando il Coni ha mandato una circolare a tutte le federazioni sportive nazionali raccomandando l’omologazione degli impianti. Omologare un impianto vuol dire attestare in unità lo svolgimento delle competizioni o l'esercizio della pratica sportiva -spiega-. Gli impianti vengono omologati per tipologia, quindi se abbiamo un circolo che ha campi da tennis, campi da padel o campi da beach, abbiamo tre diverse omologazioni per il tennis, per il padel e per il beach. Siamo nel vivo di questa attività, ma c’è ancora tantissimo da fare", conclude.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tra il 2018 e il 2024, si sono verificate complessivamente 394 segnalazioni di aggressioni agli operatori Cri. Attacchi verbali e fisici che, nella maggior parte dei casi, vedono come autori gli stessi beneficiari del soccorso. Stando ai dati in nostro possesso, dal 2023 al 2024 le aggressioni sono passate da 63 a 68. Un aumento di circa l’8% in appena un anno. Un trend preoccupante che racconta un fenomeno che non sembra accennare ad arrestarsi". E' l’allarme lanciato dal presidente della Croce Rossa Italiana, Rosario Valastro, in occasione della Giornata Nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato.
“Ogni atto di violenza a danno degli operatori sanitari compromette, oltre che la loro sicurezza, quella dei pazienti. Questi episodi ostacolano l’operato del personale sanitario a supporto di chi ha bisogno di assistenza e cure - aggiunge - È già grave che ciò accada in contesti ordinari, in ospedale, in ambulanza, mentre si interviene per soccorrere qualcuno, lo è ancora di più in quei contesti emergenziali dove l’aiuto di un sanitario può fare la differenza tra vivere e morire”, ha detto facendo riferimento ai 32 operatori umanitari del Movimento internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa morti nel 2024 mentre prestavano servizio di assistenza alla popolazione in zone di conflitto.
Roma, 20 feb. (Adnkronos Salute) - "La pandemia ha segnato profondamente la vita di tutti noi e del Servizio sanitario nazionale. Dalla lezione della pandemia dobbiamo capire cosa non ha funzionato ed è, penso, in primis, la medicina territoriale. Stiamo lavorando per far sì che ci sia una sanità più moderna è vicina ai cittadini. Dalla pandemia abbiamo imparato quanto siano importanti gli operatori sanitari che sono al centro della nostra attenzione". Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a Roma a margine dell'evento per la Giornata nazionale del personale sanitario, che si celebra oggi “La sanità è cambiata e ci vogliono anche nuove competenze per vincere le sfide che ci aspettano. Dalla medicina digitale alla telemedicina”.
Roma, 20 feb. (Adnkronos Salute) - "La legge che è stata approvata sull'arresto in flagranza di reato anche in differita" per le aggressioni ai sanitari, “mi viene segnalato da uno dei miei Ordini, ha già dato i primi risultati. Di fronte all'ennesima violenza, mai giustificabile, il pubblico ministero ha chiesto 1 anno e il giudice ha portato la condanna a 2 anni. Grazie, perché questo è un segno concreto e tangibile dello sforzo che è stato fatto e di cui vi ringraziamo". Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi, Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche, questa mattina a Roma si è rivolta al ministro della Salute, Orazio Schillaci, partecipando all'evento per la Giornata nazionale del personale sanitario.