Giorgio Napolitano prepara un nuovo colpo di mano a difesa degli F35, rischiando di scatenare un grave scontro istituzionale con il Parlamento. Dopo le insistenti voci circolate nei giorni scorsi sul possibile taglio all’acquisito dei cacciabombardieri americani per recuperare risorse finanziarie da destinare al “Piano Renzi” (voci che hanno fatto molto innervosire i nostri generali e gli americani), il presidente della Repubblica ha convocato per mercoledì prossimo il Consiglio supremo di difesa mettendo all’ordine del giorno le “criticità relative all’attuazione della Legge 244”. Tradotto: non è il caso che il Parlamento, come previsto da quella legge approvata nel 2012, abbia potere di controllo sulle spese della Difesa.
Questo diktat presidenziale era già calato lo scorso luglio, all’indomani dell’approvazione delle mozioni parlamentari che, proprio in virtù dell’articolo 4 della legge 244, istituivano un’indagine conoscitiva sulle spese militari in generale e sugli F35 in particolare. Allora i parlamentari reagirono con fermezza, in particolare il capogruppo Pd in commissione Difesa, Giampiero Scanu, che parlò di un intervento fuori luogo, non essendo competenza del Consiglio supremo di difesa sollevare obiezioni su una legge del Parlamento, controfirmata tra l’altro dal presidente della Repubblica.
Stavolta si profila un vero e proprio scontro istituzionale, poiché l’indagine conoscitiva della commissione parlamentare è in fase conclusiva e sulla scrivania di Matteo Renzi c’è già la relazione finale targata Pd che chiede il dimezzamento del programma F35 a vantaggio del programma alternativo Eurofighter. Proprio ieri, mentre Napolitano preparava la sua mossa, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, pur non citando gli F35, dichiarava alla stampa che “il governo è pronto a rivedere, ridurre o ripensare anche grandi progetti avviati o ipotizzati, qualora mutati scenari internazionali o economici lo indicheranno come opportuno, nel rispetto del ruolo del Parlamento e delle sue prerogative, così come previsto anche nella stessa legge delega 244”. Tra pochi giorni si capirà se sarà così.
Se Napolitano e Renzi sceglieranno di cedere al pressing di Washington e dei nostri generali decidendo di confermare l’intero programma F35, la loro scelta rischia tra l’altro di costarci ancor più cara del previsto poiché la conseguente cancellazione definitiva della Tranche 3B di Eurofighter (25 aerei per circa due miliardi) comporterebbe il pagamento di una salatissima penale, come dimostra il caso tedesco (richiesto quasi un miliardo di penale su un ordine annullato di tre miliardi) e come confermano fonti industriali.
Se invece l’Italia scegliesse di puntare ancora sugli Eurofighter, che tutti gli esperti considerano nettamente superiori agli F35 (e con ricadute tecnologiche e occupazionali nemmeno paragonabili), il numero di questi nuovi aerei multi-ruolo in dotazione all’Aeronautica salirebbe a 93: con i sei F35 che la Difesa ha ormai già acquistato in modo irreversibile, si avrebbe una flotta aerea più che sufficiente a rimpiazzare il centinaio di Tornado e Amx che andranno in pensione a metà del prossimo decennio, senza dover spendere altre decine di miliardi in F35. Rimarrebbe aperta solo la questione dei quindici F35 a decollo verticale destinati alla Marina in sostituzione degli Harrier imbarcati sulla portaerei Cavour: quella che in cinque anni di servizio è stata usata solo per due missioni “commercial-umanitarie” sponsorizzate da privati perché la Difesa non ha i soldi per pagare il gasolio. Il primo capitolo del Libro Bianco della Difesa di cui tanto si parla dovrebbe intitolarsi “Spese inutili che non ci possiamo permettere”.