“La nostra classe politica, che in tempi lontani annoverava ottimi parlatori e oratori, tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso ponendosi a un livello meno elevato. E’ la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perchè, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile”. E’ uno dei giudizi fulminanti di Cesare Segre, teorico della semiologia, filologo e saggista tra i più importanti a livello internazionale, nonché firma del Corriere della Sera, morto ieri a Milano.
Classe 1928, era originario di Verzuolo (Cuneo). Di famiglia israelitica, Segre è vissuto e ha studiato a Torino, dove si è laureato nel 1950, allievo di Benvenuto Terracini e dello zio Santorre Debenedetti. Libero docente di filologia romanza dal 1954, ha poi insegnato presso le Università di Trieste e di Pavia, dove, negli anni Sessanta, è divenuto ordinario della materia. Accademico della Crusca, è inoltre stato visiting professor alle università di Manchester, Rio de Janeiro, Harvard, Princeton, Berkeley.
Ha collaborato a numerose riviste: fra le altre, Studi di filologia italiana, Cultura neolatina, L’Approdo letterario; è stato redattore di Paragone; direttore, con Maria Corti, D’Arco Silvio Avalle e Dante Isella, di Strumenti critici, rivista che ha contribuito a ridisegnare il panorama della critica italiana; condirettore di Medioevo romanzo e della collana Critica e filologia dell’editore Feltrinelli, oltre ad aver fatto parte del consiglio direttivo di Esperienze Letterarie. Ha collaborato con Carlo Ossola alla stesura di un’antologia della poesia italiana presso l’editore Einaudi e con Clelia Martignoni a un’ampia antologia scolastica per Bruno Mondadori.
Dedicatosi inizialmente alla critica stilistica sulla scia di Benvenuto Terracini (importanti i saggi raccolti nel 1963 in Lingua stile e società), si è poi imposto come uno dei più autorevoli esponenti italiani del metodo strutturalistico. La sua intensa attività di studio è testimoniata da una amplissima produzione, tra cui (quasi tutti titoli nel catalogo Einaudi) I segni e la critica (1969 e 2008), Le strutture e il tempo (1974), Semiotica filologica. Testo e modelli culturali (1979), Avviamento all’analisi del testo letterario (1985), Fuori del mondo. I modelli nella follia e nelle immagini dell’aldilà (1990), Intrecci di voci. La polifonia nella letteratura del Novecento (1991), Notizie dalla crisi. Dove va la critica letteraria? (1993), Per curiosità. Una specie di autobiografia (1999), Ritorno alla critica (2001), La pelle di San Bartolomeo. Discorso e tempo dell’arte (2003), Tempo di bilanci. La fine del Novecento (2005), Dieci prove di fantasia (2010) e Critica e critici (2012). Poche settimane fa Mondadori gli aveva dedicato un Meridiano, dal titolo Opera critica, in cui è stata raccolta una scelta della sua produzione. Da ricordare anche le sue fondamentali edizioni critiche delle Satire di Ludovico Ariosto, della Chanson de Roland, del Libro dei vizi e delle virtù di Bono Giamboni e, in collaborazione con Santorre Debenedetti, dell’Orlando Furioso; ha scritto inoltre molte prefazioni a testi di linguisti e autori classici della letteratura non solo italiana. Qualche anno fa Segre ha raccontato il suo percorso intellettuale in Per curiosità. Una specie di autobiografia (Einaudi, 1999). Segre lascia la moglie Maria Luisa Meneghetti, anch’essa docente di filologia romanza presso l’Università degli Studi di Milano.