“Un Oscar politico dell’America al miglior attore non protagonista”: così, con una vena di sarcasmo, l’assistente del presidente russo Vladimir Putin, Vladislav Surkov, ha commentato la presenza del suo nome nella lista dei funzionari russi e ucraini contro i quali la Casa Bianca ha attivato il 17 marzo le sanzioni per il loro ruolo “nel deterioramento della crisi in Ucraina”. Per il vicepremier Dmitry Rogozin, anche lui presente nella cosiddetta “lista della Crimea”, invece si tratta di “un riconoscimento mondiale” alla sua carriera sancito da Washington. Anche gli altri politici russi coinvolti hanno interpretato le sanzioni come una specie di conferma della loro lealtà a Putin, oltre che una vendetta degli Usa, i quali, secondo loro, sono andati oltre la situazione in Ucraina al fine di punirli per altre azioni considerate controverse dall’Occidente.
Sanzioni senza effetto: i funzionari russi non possono avere conti all’estero
Il peso reale delle sanzioni viene, poi, smorzato dal fatto che nel maggio del 2013 Putin aveva firmato una legge che vieta ai funzionari di avere conti bancari all’estero. Tappa cruciale, questa, nella cosiddetta “deoffshorizzazione” lanciata dal Cremlino, con l’occhio rivolto a un possibile isolamento sul piano internazionale che ora sembra di trasformarsi in realtà. I funzionari sanzionati dagli Usa con il divieto di ingresso e un eventuale congelamento degli asset, coincidono solo in minima parte con quelli inclusi nella “lista nera” dell’Ue emersa qualche ora dopo. Nel decreto di Obama che attiva le sanzioni in tutto ci sono 7 nomi di politici russi, tutti pezzi grossi dell’establishment putiniano: insieme a Surkov e Rogozin, ci sono la presidente del comitato per la Famiglia della Duma Elena Mizulina, il consigliere di Putin, Sergey Glazyev, il presidente della Camera alta Valentina Matviyenko, il deputato Leonid Slutsky, oltre che uno dei senatori più ricchi, Andrei Klishas.
Le sanzioni di Bruxelles si estendono invece a 13 politici e militari russi. Oltre ai già menzionati Slutsky e Klishas, gli altri nomi sono tutti diversi. L’Ue ha sanzionato il vicepresidente della Duma, Sergei Zheleznyak, il leader del partito la Russia giusta, Sergei Mironov e anche sei senatori. Nella lista ci sono inoltre tre ufficiali di altro grado: comandanti della flotta del Mar Nero, del distretto militare occidentale e di quello meridionale, quindi delle forze coinvolte in qualche modo nell’occupazione militare della Crimea.
Surkov, l’uomo ombra di Putin che fece anche da mediatore con Kiev
Che alcuni dei funzionari sanzionati dagli Usa non abbiano legami diretti con la crisi in Ucraina, può sembrare solo a prima vista. Così il più discusso è stato il nome di Vladislav Surkov, che a settembre del 2013 è stato nominato assistente di Putin per i rapporti con l’Ossezia del Sud e l’Abcasia, due territori separatisti usciti dalla Georgia dopo la guerra russo-georgiana del 2008. In realtà, subito dopo la nomina, i media russi hanno scritto che Surkov avrebbe svolto anche un ruolo di mediatore segreto tra la Russia e l’Ucraina quando la crisi causata dall’avvicinamento di Kiev all’Ue stava per scoppiare. Tra fine gennaio e metà febbraio, prima della sanguinosa fine dello scontro tra Maidan e le forze governative, Surkov, secondo il giornale online russo Gazeta.ru, è andato in Ucraina per incontrare ben due volte il presidente destituito Viktor Yanukovych. Surkov è stato licenziato da Putin dalla carica di vicepremier a maggio del 2013, per poi tornare in politica alcuni mesi dopo. Dai primi tempi dell’ascesa dell’attuale presidente russo, Surkov è sempre stato l’uomo ombra delle sue strategie politiche. Di origine cecene, mente colta e raffinata, è stato il padre dei principali progetti putiniani, come il partito la Russia Unita e il movimento giovanile Nashi, simile ai club Forza Silvio. Surkov è anche l’ideatore del termine “democrazia sovrana”, posto alla base del corso politico di Putin durante il suo secondo mandato presidenziale. Secondo questo concetto, l’unica fonte della sovranità e del potere della Russia è il popolo che determina la sua vita politica, mentre le istituzioni democratiche non vanno imposte dall’altro come vuole l’Occidente. Al centro del discorso di Putin alla Camera del 18 marzo, in cui ha annunciato l’annessione della Crimea, c’era proprio il popolo, inteso come lo vede Surkov.
La deputata che ha inventato la legge anti-gay
Un altro nome della “lista nera” degli Usa che può stupire è quello di Elena Mizulina, presidente del comitato della Duma per le questioni della Famiglia, delle donne e dei bambini, che è rimasta “basita” dalla decisione di Washington. Ma Obama aveva delle motivazioni per sanzionarla, sia in relazione con la situazione in Ucraina, sia per l’attività legislativa della deputata, diventata negli ultimi anni una delle promotrici delle leggi che hanno destato più scalpore al livello internazionale. Era, infatti, tra gli autori della legge che vieta “la propaganda dei rapporti sessuali non tradizionali”, approvata dalla Duma l’11 giugno del 2013 e diventata nota in tutto il mondo come la legge anti- gay. Mizulina è anche uno degli esponenti politici più odiati dalla Rete e spesso derisa sui social, perché ha promosso, tra l’altro, varie leggi che censurano Internet. Per esempio, ha partecipato alla redazione della legge del 28 giugno 2012 che ha introdotto una “lista nera” dei siti proibiti che vengono oscurati. La deputata, che si scaglia contro l’aborto e insiste che l’importanza della fede cristiana ortodossa sia sancita dalla Costituzione, è nota anche per il suo appoggio nel dicembre del 2012, pur se con qualche titubanza, della legge che ha vietato l’adozione dei bambini russi da parte dei cittadini americani. Anche riguardo alla situazione in Crimea, Mizulina ha dimostrato la sua lealtà al corso di Putin, presentando, insieme al leader del suo partito Russia Giusta, Sergei Mironov (anche lui sanzionato, dall’Ue) una bozza di legge che modifica la procedura di ingresso di nuovi soggetti nella Russia, fatta su misura per la Crimea.
La presidente del Senato e l’uomo “anti Nato”
Tra le altre personalità più importanti della nomenclatura putiniana che sono state riguardate dalle sanzioni c’è la prima presidente donna del Senato, Valentina Matviyenko, che è anche l’unico membro femminile del Consiglio della sicurezza russo. La Matviyenko ha presieduto la seduta straordinaria del 1 marzo durante la quale la Camera alta ha approvato la richiesta di Putin di usare l’esercito in Ucraina. L’ex governatrice di San Pietroburgo, la città di Vladimir Putin, sui social è stata molto discussa per la gestione della città, caratterizzata da una cementificazione incontrollata e cattivi servizi municipali di pulizia, che d’inverno hanno causato la morte di alcune persone. Mentre il consigliere di Putin, Sergey Glazyev, anche lui sulla “lista nera” degli Usa, è considerato tra i principali responsabili della crisi in Ucraina iniziata nell’autunno scorso. Ha minacciato Kiev con le sanzioni economiche di Mosca, nel caso firmasse l’accordo dell’associazione con l’Ue. Infine, il vicepremier Dmitry Rogozin, è conosciuto per i suoi attacchi contro la Nato, che secondo Putin voleva minacciare il Sud della Russia cercando di spingersi fino all’Ucraina. Rogozin, poi, è l’uomo chiave per la situazione in un altro territorio separatista dell’Europa dell’Est. Nella sua veste di inviato speciale di Putin in Transnistria, territorio moldavo con il 30 per cento della popolazione russa, Rogozin ha più volte minacciato la secessione, nel caso Moldavia firmasse l’accordo di associazione con Bruxelles. E a Chisinau, infatti, ora temono di essere coinvolti nell’effetto domino.