Non un fulmine a ciel sereno, ma un arresto che era nell’aria o quasi. Figlio di un senatore e nipote di un più volte ministro il deputato Pd Francantonio Genovese è politico da quasi 20mila preferenze. Già sindaco di Messina (2005) e contemporaneamente azionista e dirigente della società di traghetti “Caronte” che operava sullo Stretto, era già considerato in pieno conflitto di interessi. Il suo nome era finito anche nella liste degli impresentabili stilata giornali e siti stilate prima delle elezioni. Oggi il Gip di Messina ha accolto la richiesta di arresto dei proprio nell’ambito di quell’inchiesta. Il provvedimento, trattandosi di un parlamentare, è sospeso ed è stato inviato alla presidenza della Camera. Associazione per delinquere, riciclaggio, peculato e truffa i reati contestati.
“Per comprensibili ragioni di opportunità, non disgiunte dall’alto senso di rispetto che ho sempre avuto nei confronti delle istituzioni, dei colleghi dipartito e dei Parlamentari tutti, anticipo la mia determinazione ad autosospendermi dal Partito democratico e dal gruppo parlamentare”, ha annunciato Genovese.”Al momento, ho avuto contezza solo dei capi di imputazione e non delle ragioni a sostegno delle accuse mossemi”, continua. “Sono certo di poter fornire ogni chiarimento utile ad escludere la sussistenza degli addebiti che mi vengono contestati. Ciò farò, con serenità, in ogni sede, non esclusa quella Parlamentare”.
Sul caso Genovese “occorre lasciar fare la magistratura, non sta a me giudicare la situazione su cui i magistrati agiranno e lo stesso tipo di atteggiamento bisognerà averlo nei confronti della Giunta per le autorizzazioni a procedere che deve guardare le carte e su quelle valutare. Il Pd – dice a Radio Radicale il deputato siciliano e responsabile welfare del Pd Davide Faraone – credo debba avere un atteggiamento assolutamente laico: cioè se si verificherà dalle carte che la richiesta è legittima e concreta si voterà a favore senza alcuna titubanza, altrimenti si voterà contro. Il Pd si muoverà in maniera trasparente a prescindere se il voto sia palese o segreto – assicura Faraone – abbiamo dimostrato sul caso Berlusconi di essere tranquilli e sereni. Paradossalmente l’eventuale voto segreto può essere contro di noi perchè se non dovesse passare si dirà che i franchi tiratori sono dentro il Pd, per cui più trasparente è il voto meglio è per il Pd’’.
Su Geneovese aveva puntato il dito Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle all’allora segretario Pierluigi Bersani – l’8 gennaio 2013 – facendo un lungo elenco di impresentabili del “Pdlmenoelle” aveva fatto anche il nome proprio di Genovese. La cui posizione era stata già vagliata dal comitato dei Garanti del Partito democratico, anche se probabilmente era già finito nel mirino della Procura per alcune società di formazione-lavoro finanziate dalla regione. Nel giugno 2013 – infatti – gli era stato notificata un provvedimento di proroga indagini, che per legge viene notificato all’indagato quando la Procura chiede una proroga perché ha già svolto per sei mesi accertamenti.
È la prima volta, in questa legislatura, che è richiesto l’arresto di un parlamentare. Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, che ipotizza il reato di associazione per delinquere, riciclaggio, peculato e truffa, dispone il carcere, ma sarà l’Aula di Montecitorio a dove dare il via libera. L’atto è stato già notificato da Guardia di finanza e da agenti della Squadra mobile della Questura di Messina alla presidenza della Camera, che darà il via all’iter per la richiesta di autorizzazione.
Il gip ha disposto gli arresti domiciliati per altre quattro persone. Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di progetti formativi tenuti da numerosi centri di formazione professionale.Oltre ai già noti Lumen, Aram, Ancol sono finiti sotto inchiesta anche gli enti Enfap, Enaip, Ial, Training service L&C Learning e consulting, Cesam, Ecap, Esofop, Apindustria e Reti.
Cuore dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto, Sebastiano Ardita, e dai sostituti, Camillo Falvo, Liliana Todaro, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, l’appropriazione dei fondi assegnati per lo svolgimento dei corsi di formazione attraverso gli Enti di formazione e società appositamente create, grazie a prezzi gonfiati per l’acquisto di beni e servizi o, addirittura, a prestazioni totalmente simulate. Nell’inchiesta la moglie Chiara Schirò era finita agli arresti domiciliari.
Il parlamentare, messinese, ha 43 anni, il 24 dicembre del 1968. Avvocato, alle ultime primarie si è schierato con la corrente che fa capo al segretario Partito democratico Matteo Renzi. È figlio del senatore Luigi Genovese e nipote del più volte ministro Nino Gullotti, entrambi esponenti dell’allora Democrazia cristiana. Nel 1998 è stato assessore all’agricoltura nella giunta provinciale di Messina. Nel 2001 è deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e nel 2005 è eletto sindaco di Messina. Nel 2007 è anche eletto segretario regionale del Partito Democratico in Sicilia, sostenendo la corrente di Veltroni. Alle elezioni politiche del 2008 eletto alla Camera dei deputati , è divenuto componente e segretario della commissione antimafia. Riconfermato alla Camera nella Legislatura del 2013 è componente della Commissione Bilancio.
Secondo gli inquirenti Genovese era “al centro di una fitta trama di società e di clienti. L’unico scopo era quello di drenare denaro pubblico. I corsi di formazione erano organizzati dalla Regione con finanziamenti europei. Venivano emesse fatture false o rifatte, attraverso società schermo tra Regione ed enti che erogavano formazione cui venivano chiesti servizi. I prezzi cui venivano noleggiati attrezzature informatiche e locali erano decisamente superiori a quelli di mercato. La differenza permetteva di lucrare”.
A giugno 2013 – a elezioni ampiamente archiviate – era emerso che l’intera famiglia del deputato era indagata nell’indagine per cui la Procura messinese ha chiesto il carcere. Oltre a Genovese nel registro degli indagati erano iscritti Franco Rinaldi, deputato-questore del Pd all’Assemblea siciliana e le rispettive mogli, le sorelle Chiara e Giovanna Schiro’. Un avviso di garanzia era stato emesso anche per la sorella di Genovese, Rosalia, e per il nipote del parlamentare, Marco Lampuri. ”Ho assoluta fiducia nell’operato della magistratura – aveva detto Genovese – certo di potere dimostrare la correttezza della mia posizione. Con serenità affronto quindi questo momento, con la consapevolezza che le tutele garantite dal nostro ordinamento giudiziario a chi è indagato mi consentiranno di chiarire ogni aspetto della vicenda”.