L’Europa è in difficoltà, bisogna darle una strada diversa e quindi c’è il rischio di un’affermazione dei partiti populisti. Ricomincia da qui il presidente del Consiglio Matteo Renzi che è intervenuto alla Camera in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo, oltre che sullo stato dell’economia e della finanza pubblica. Il capo del governo ha parlato tra i ministri degli Esteri e della Difesa, Federica Mogherini e Roberta Pinotti. Al completo i banchi del Partito Democratico, mentre vistosi buchi si notano in quelli di Forza Italia. In Aula è tornato – dopo tempo – l’ex presidente Enrico Letta: “Sono venuto ad ascoltare il discorso sull’Europa”, ha detto ai giornalisti in Transatlantico. “Guardiamo avanti”, ha aggiunto. Letta, come già accaduto durante il voto di fiducia al governo, ha preso posto esattamente di fronte a Renzi, al banco normalmente occupato dai componenti di commissione, e non al suo banco tra i deputati del Pd. E anche oggi il presidente del Consiglio ha voluto riservargli un saluto: Letta, ha detto Renzi, ha dato “un importante stimolo” in vista del semestre europeo dell’Italia.
Dunque l’obiettivo fissato da Renzi è mettere al centro del discorso la lotta contro le tecnocrazie e le burocrazie guardando agli ideali dei padri fondatori. “Il rischio di una deriva tecnocratica e burocratica” dell’Europa – ha affermato – è un rischio al quale “oggi dobbiamo dare risposta a maggior ragione perché nei prossimi 8 mesi non ci sono solo le europee ma avremo il cambiamento delle istituzioni Ue” e il semestre di presidenza italiana. Ma lo spartito è lo stesso di questi giorni, una sorta di orgoglio italiano per abbattere quella che lui aveva definito sudditanza psicologica nei confronti delle istituzioni europee. “E’ fondamentale – ha detto Renzi – che si esca dalla visione per cui l’Ue ci controlla i compiti o ci fa le pulci. L’Ue non è altro rispetto a noi. E se non saremo in grado di affermare che l’Italia e l’Europa – a dispetto di certa propaganda – non sono controparti ma sono sulla stessa barca, non ci sarà spazio per la politica”. Per dirla più chiara “in questi anni abbiamo fatto i compiti, i governo precedenti non si sono girati i pollici: ci sono i numeri dell’avanzo primario, abbiamo rispettato i vincoli e siamo secondi per export. Serve orgoglio e serve un racconto diverso anche di se stessi”. Intorno all’Italia, all’estero, si è creato – continua – “un clima di terrore, un clima di rassegnazione, un clima per il quale è arrivata l’impressione che l’Italia fosse finita. In questo scenario” occorre procedere con le misure disegnate dal governo per far cambiare la visione che gli altri “hanno di noi”. E le misure sono l’aumento delle buste paga per i redditi più bassi, il taglio del cuneo fiscale e l’intervento sul costo dell’energia per le Pmi.
Renzi in Aula sottolinea come tra motivi del peggioramento del rapporto tra debito e Pil vi è anche il contributo dell’Italia al Fondo Salva Stati europeo: “Non dimentichiamoci mai che l’Italia dà all’Ue più di quello che economicamente riceve, siamo un contributore attivo”. Il capo del governo rilancia: “Abbiamo offerto un pacchetto di riforme che parte da quella costituzionale a quella istituzionale che più hanno colpito i nostri partner europei perché è il segno che l’Italia è pronta a fare la propria parte” assicura il presidente del Consiglio. “Come possiamo essere credibili e chiedere un’altra Europa se la discussione sul bicameralismo da 30 anni è sempre quella. Chiedere stabilità se il nostro sistema elettorale non è in grado di garantirla. Come chiedere di superare l’euroburocrazia – ha proseguito il premier – se noi continuiamo a dire che abbiamo un problema nella pubblica amministrazione e non lo riusciamo a affrontare”. O, ancora, come chiedere di “cambiare le regole del gioco sull’occupazione giovanile se noi abbiamo dei numeri che gridano vendetta”, ha aggiunto il premier ribadendo che con il pacchetto di riforme in programma l’Italia è pronta a fare la “propria parte”.
Per contro, però, “non possiamo pensare che l’Ue sia il nostro alibi, i dati offerti dall’Ue non sono dati della strega brutta e cattiva ma sono dati della nostra debolezza” e per questo “risolvere il problema della giustizia civile è una priorità del nostro Paese”. Per l’Italia, aggiunge, “sarà importante usare il semestre Ue anche con sfide innovative” e “a ottobre organizzeremo un importante appuntamento sull’agenda digitale immaginando di arrivarci con un lavoro ancora più approfondito dal nostro governo, perché gran parte della competitività del sistema deriva anche da questo”. “Noi parteciperemo ai lavori del Consiglio Europeo incentrando l’attenzione sulla competitività industriale” che è un tema “da inserire in una cornice che ha bisogno di un Europa che torni a fare il suo mestiere” anche nei confronti dei cosiddetti paesi emergenti. Renzi ha spiegato che questo tema “sarà inserito in un progetto sul rinascimento industriale che impone un’innovazione di metodo che metta insieme clima, energia, occupazione e competitività insieme. Ed è – conclude – la prima volta che accade”.
La riforma del lavoro è necessaria, spiega Renzi, “non è un argomento a piacere che possiamo affrontare o no”. E non è una cosa che “ci chiede l’Europa”, spiega, bensì “il 42% di giovani disoccupati” e non dall’Europa. Quanto al taglio sul cuneo fiscale da 10 miliardi “deriva da un margine ampio” di copertura che proviene da un intervento sulla spending che presenteremo in Parlamento. “Si è pensato di creare lavoro per decreto e si è fallito. Si è pensato di dare garanzie ai giovani moltiplicando norme e si è nuovamente fallito e ora la disoccupazione giovanile è a livelli atroci”. “Questo spinga il parlamento” ad affrontare la questione anche con temi innovativi.
Il taglio dell’Irpef nelle buste pagadi chi guadagna fino a 1.500 euro al mese è solo un primo passo per rivitalizzare il mercato interno ora bloccato. Lo afferma Matteo Renzi parlando a Montecitorio chiarendo che altri passi si faranno con gli obiettivi del sostegno all’economia e della giustizia sociale per ridare speranza e fiducia. Al di là della spending review”abbiamo margini” anche “nei conti pubblici e dentro la finanza che illustreremo con il Def”, ha spiegato Renzi riferendosi alle coperture per le misure del suo piano.
A un certo punto – mentre Renzi prosegue nella sua liste delle cose da fare – si registra anche uno scambio di battute tra il presidente del Consiglio e il deputato M5s Manlio Di Stefano. Mentre il capo del governo rivendica l’annunciato intervento per l’aumento in busta paga, il deputato Cinque Stelle dice: “Con ottanta euro al mese che cosa risolvi?”. Renzi lo sente e ribatte al volo: “Non è difficile capire, basta impegnarsi… Se vuoi ti faccio uno schemino”. E riprende il suo discorso.