Una piramide di nove uomini. Generali, comandandi e ministri. E’ il direttivo governativo che dopo oltre tre anni di guerra civile, almeno 150 mila morti e circa 4,5 milioni di rifugiati, continua a spalleggiare Bashar Al Assad nella sua lunga battaglia contro le forze di opposizione. Sono lo zoccolo duro dell’area lealista, le teste pensanti di un conflitto che ha smantellato un Paese e vanificato la sua storia.
Il primo nome è Maher al-Assad: fratello-soldato del Presidente, per la comunità internazionale è il primo imputato dell’uso di armi chimiche in Siria. L’intelligence americana lo ritiene il principale responsabile degli orrori della guerra e l’artefice di numerosi attacchi di violenza ingiustificata contro manifestazioni pacifiche. E’ nato nel 1968, e chi lo conosce lo descrive come un uomo irrequieto dal carattere forte. Tant’è che in un primo momento la guida del Paese sembrava essere destinata a lui. Poi, dopo la morte del padre Hafez, la famiglia Assad ha preferito puntare su Bashar: più cauto, più diplomatico, all’epoca oftalmologo a Londra e senza alcuna ambizione politica.
Oggi Maher è il leader della Guardia Repubblicana, la forza d’élite che protegge il regime dalle minacce interne, ed è capo della Quarta Divisione dell’Esercito siriano. Fa anche parte del comitato centrale del Partito Baath. In molti lo considerando il secondo uomo più potente del Paese. Leggenda vuole che abbia risolto una discussione con il cognato Asef Shawkat, ex ministro della Difesa oggi defunto, sparandogli a una gamba. Altri dicono allo stomaco. Viene considerato il fautore della strage di Ghouta, il primo attacco chimico di massa perpetrato nel Paese. Il punto di non ritorno. Anche se sul fatto sono numerose le testimonianze che attribuiscono ai ribelli la responsabilità del massacro.
Il secondo nome è Fahd Jassem al-Freij, attuale responsabile alla Difesa entrato in carica il 18 luglio 2012. Freij è nato ad Hama da una famiglia sunnita il 1 gennaio 1950. Si è unito all’esercito arabo siriano all’età di 19 anni frequentando l’accademia militare. Così si è laureato con il massimo dei voti come tenente nel 1971. Ha svolto per diversi anni il ruolo di Capo di Stato Maggiore durante la guerra civile. Prima di allora – secondo quanto riferito da alcuni militari disertori – Freij era stato alla guida delle Forze Speciali dell’Esercito nelle regioni di Daraa, Idlib e Hama durante le prime rivolte. C’è chi lo descrive come un tipo schivo, di basso profilo, che non ama molto la notorietà.
Il terzo nome è Ali Abdullah Ayyoub, attuale Capo di Stato Maggiore entrato in carica proprio a seguito della promozione di Freij. Prima era solo un vice e manteneva la responsabilità del coordinamento e dei movimenti delle unità dell’esercito siriano. Diversi analisti internazionali lo hanno descritto come una pedina centrale nel quadro logistico delineato da Assad nel reprimere le proteste. Oggi Ayyoub è coinvolto in prima persona negli sforzi del governo diretti a riprendere e riaffermare il controllo nelle zone controllate dai ribelli a Damasco e Aleppo.
Dopo di lui vengono Issam Hallaq e Ghassan Jaoudat Ismail: il primo è il comandante dell’Aeronautica Militare; il secondo il suo braccio destro. Per intenderci, Hallaq è l’omino che dà il via a gran parte dei bombardamenti quotidiani, ha seminato macerie ovunque, spezzato migliaia di vite. Ismail è un semplice generale ma non ha motivo di invidiarlo. Detiene il comando del servizio di intelligence della forza aerea e viene considerato uno dei leader militari più spietati di Damasco.
Mohammad Ibrahim al-Shaar è il sesto nome, veste il ruolo di ministro degli Interni. Nato nel 1950 nel governatorato di Latakia, proviene da una famiglia sunnita. Oggi è sposato e ha cinque figli. In passato ha occupato una serie di incarichi nell’ambito della sicurezza, tra cui capo della polizia militare di Aleppo e direttore del carcere di Sednaya. E’ stato tra i primi ad essere stato sanzionato dall’Unione europea con l’accusa di aver dato sfogo a maltrattamenti nei confronti dei manifestanti. Il 18 luglio 2012 la Cnn – citando la tv di stato siriana – ne annunciò la morte, poi immediatamente rettificata dagli organi governativi. Nell’attentato che colpì la sede della Sicurezza Nazionale Shaar riportò infatti solo qualche lesione.
Qasem Soleimani è il settimo personaggio dell’entourage di Assad. Non uno qualcunque. Generale iraniano, militare di brigata, dal 1998 a capo della ‘Niruye Qods’ (In lingua farsi: “Brigata Gerusalemme”), l’unità delle Guardie Rivoluzionarie responsabile per la diffusione dell’ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamica. Lui stesso ha sostenuto di aver iniziato la sua attività rivoluzionaria nel 1976, grazie agli infiammanti sermoni del Hojjat al-Eslam Rezal Kamyab. Si ritiene che Suleimani sia entrato nelle Guardie Rivoluzionarie (IRGC) immediatamente dopo la Rivoluzione del 1978. Privo di una esperienza militare, secondo quanto dichiarato da Asghar Mohammad Hosseini – veterano dei Pasdaran nella Provincia di Kerman – Qassem venne addestrato per 45 giorni. Conclusa la formazione prese servizio presso Mahabad, nella provincia denominata “Azerbaijan Occidentale”, contribuinedo attivamente alla repressione dell’insurrezione curda tra il 1979 e il 1980.
La scelta di Qassem Suleimani come comandante della Quds Force avviene tra il 1997 e il 1998; nomina motivata dalla sua profonda conoscenza delle aree tribali al confine con l’Afghanistan. Il 24 luglio del 2011 è stato inserito dall’Ue nella lista delle persone soggette a sanzioni per il loro coinvolgimento nel “fornire equipaggiamento e supporto al regime siriano nella repressione delle proteste”. Sempre nel 2011 gli Stati Uniti hanno puntato l’indice contro la Quds Force per il tentativo, fallito, di uccidere l’ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Usa.
Hassan Nasrallah è invece un politico libanese, segretario del partito e gruppo militare sciita Hezbollah, vicino alla famiglia alawita Assad. Spesso viene etichettato con il titolo onorifico di “Sayyid“, il che denota il suo essere un discendente del profeta islamico Maometto. E’ il nono di dieci figli, nato nel 1960, si è unito ad Hezbollah dopo l’invasione israeliana del Libano nel 1982. Si è reso famoso per i suoi sermoni infuocati, i quali hanno contagiato la fede di centinaia di giovani musulmani. Sotto la guida di Nasrallah, Hezbollah è diventato un pericoloso avversario delle forze armate israeliane nel Libano del Sud ed è riuscito ad aumentare la sua capacità militare. In sostanza, ogni singolo militante del Partito di Dio spedito in Siria per combattere al fianco dei lealisti ha ricevuto il via libera di Hassan.
Ahmed Jibril è l’ultimo della serie. Nato nel 1938, è il fondatore e il capo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale (FPLP-CG), parte dell’ala sinistra del movimento secolare nazionale palestinese di liberazione. Venuto alla luce nella città di Yazur, vicino a Giaffa, Jibril è ritenuto il primo combattente della vecchia guardia ad aver abbracciato l’aiuto della Repubblica Islamica d’Iran, di Hezbollah e della Jihad islamica. Dai primi anni novanta, con la crescita dei consensi di Hamas nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, Jibril ha visto declinare la propria posizione di nemico-chiave dello Stato di Israele. In Siria la sua formazione continua a sostenere l’esercito governativo nei pressi del campo profughi di Yarmouk, anche se alcuni membri del FPLP si sono opposti all’alleanza con Damasco e hanno rassegnato le proprie dimissioni. Diversi funzionari del movimento hanno dichiarato che Jibril “non appartiene alla sinistra palestinese, ma è più vicino alla destra estremista che ai rivoluzionari socialisti”.